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Kae Tempest con The Line Is a Curve è l’artista della settimana di Radio Popolare

kae tempest the line is a curve

Kae Tempest – The Line Is a Curve: il nuovo disco dell’artista britannicə Kae Tempest (sito ufficiale) è un piccolo gioiello musicale e lirico.

Si tratta del quarto disco di una persona che, ad agosto del 2020, con un post su Instagram, ha annunciato il suo desiderio di cambiare il proprio nome da Kate in Kae, dichiarandosi non binariə e chiedendo di non essere più identificatə con il femminile. In inglese, come potete vedere dagli articoli dedicati alla sua persona, si utilizza il pronome they/them, declinando al plurale i verbi: in italiano è un esercizio più complicato (o forse, semplicemente, non siamo ancora abituati a essere più elastici nell’uso della lingua). Spero che l’uso del neutro risulti chiaro a chi leggerà questo piccolo articolo.

Dicevamo dunque che The Line is a Curve è il quarto disco di Kae Tempest: la sua carriera è ormai avviata da diversi anni, una carriera divisa tra libri di poesie (e non solo, ha recentemente scritto anche un testo teatrale intitolato Paradise) e album in cui l’uso della spoken word si intreccia con basi musicali legate all’estetica hip hop, elettronica, a volte rock. L’esordio discografico risale al 2011, con l’album Balance, ma sono i successivi Everybody Down (2014) e Let Them Eat Chaos (2016), entrambi nominati per il Mercury Prize (il più prestigioso riconoscimento musicale in Gran Bretagna) a rendere Tempest conosciutə in tutto il mondo.

Il disco successivo, The Book of Traps and Lessons, in buona parte dedicato ai temi della Brexit e della disgregazione sociale in Gran Bretagna, è stato quasi unanimemente considerato uno degli album migliori del 2019. The Line is a Curve sembra avviato ad avere lo stesso destino.

E’ certamente l’album più completo e accessibile di questə artista, pur restando un lavoro fieramente di spoken word, e dunque non adatto a chi desideri in ogni caso trovare una voce melodica in una canzone. Se nei dischi precedenti però le basi musicali sembravano quasi sempre mettersi in secondo piano rispetto al ritmo e agli accenti del testo, in brani come No Prizes, Don’t You Ever o Salt Coast (forse il pezzo più potente della raccolta) si ha la sensazione, entusiasmante, di un dialogo continuo. A volte sono le parole a chiamare i crescendo, a volte sono le note a spingere o rallentare la voce.

E se l’album precedente di Tempest appariva come un riuscito commento, articolato e sfaccettato, della società britannica e non solo, molti episodi di The Line is a Curve si presentano come esercizi di introspezione, alla ricerca di un nuovo equilibrio, di una ritrovata pace interiore. In questo senso, lo straordinario primo singolo More Pressure è un esempio perfetto.

Parte di questo percorso, crediamo di poter dire, è rappresentato anche dal desiderio di Tempest di aprirsi alle collaborazioni con diversi artisti: troviamo la voce melodica di Lianne La Havas, il recitato del cantante dei Fontaines DC Grian Chatten in I Saw Light (altro punto di forza del disco), e poi ancora ássia, Confucius MC, Kevin Abstract.

Pur mantenendo un approccio minimalista, questo nuovo album di Kae Tempest suona più ricco che mai: sono le stratificazioni e i piccoli dettagli a garantire che sarà un disco che continuerà a crescere, ascolto dopo ascolto, rivelando nuovi lati di sé. Anche per la necessaria attenzione da dare ai testi: anch’essi apparentemente lineari, scarni, ma altrettanto pieni di sfumature di significato.

Come sempre accade per l’artista della settimana, dedicheremo a Kae Tempest sette giorni di programmazione musicale, per poi trasmettere, domenica 17 aprile, dalle 18.30 alle 19, uno speciale in cui raccontare la sua storia e proporre la sua musica.

Qui sotto, il video di I Saw Light feat. Grian Chatten

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  • Autore articolo
    Niccolò Vecchia
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Presto Presto – Interviste e analisi - 03-12-2025

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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