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Urlando furiosa

Oh issa!

Oh ha di per sé il suono di un richiamo… Issa non sa di solitudine”
Scrivo grazie ad un incipit di Emilio Grollero, uno scrittore conosciuto a Laigueglia, che ci aspettava sulla spiaggia con il suo cappello da pescatore blu e una folta barba bianca che lasciava scorgere il suo sorriso pungente e i suoi occhi che cercavano autenticità nel nostro sguardo.
Con il silenzio saggio di chi il mare lo conosce ci ha donato uno scritto e come un amabile Tritone ci ha salutato pieno di sabbia e sillabe.
E’ passato tempo da quell’ondata di parole che ci ha colto di sorpresa come fa il mare quando meno te l’aspetti.
In questo tempo abbiamo sfilato in corteo per le strade, presidiato i teatri, partecipato alle assemblee nei parchi, ci siamo arrabbiati e sviliti sotto il Palazzo della Regione che si può vantare della sua architettura ma si deve vergognare della sua politica, abbiamo sfrecciato in bicicletta toccando tutti quei luoghi culturali che sono sacri quanto le chiese.
Culto etimologicamente deriva da Cultura e non il contrario.
Una sottigliezza che meriterebbe precedenza.
Stamattina dentro il Piccolo Teatro Aperto di Milano ho riletto quel libro.
Nel chiostro c’erano i resti di una barca riprodotti dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti durante il corso condotto da Maria Spazi e prestati al Coordinamento per l’occasione.
Gli studenti provavano i movimenti per l’azione d’arte partecipata remando in simultanea e sollevando gli elementi scenografici.
Noi gli adulti calamitati a guardarli.
Come in un porto.
Un porto prima occupato e poi concesso che noi adesso abitiamo avendone cura, portandogli rispetto.
Siamo attraccati qui da pochi giorni e stiamo aspettando risposte mai avute.
Qui dentro il tempo si è fermato, e le ore sono diverse da quelle oltre il portone.
Studiamo strategie, riforme, leggi, il fatidico codice dello spettacolo monco dei suoi decreti attuativi, con la stessa dovizia con cui si studiano le mappe.
Anche i tempi verbali sono incerti, alcuni riescono a parlare al presente e rivendicano con forza il loro lavoro e la dignità, altri usano il passato perchè hanno perso vigore, sono sfiancati dal disagio economico, dall’incertezza e dalla solitudine.
Ma gli studenti declinano al futuro con audace fiducia, di chi sta per salpare.
Oh issa” è l’incitazione dei mainai per remare in simultanea.
Issa è l’idea che si fa sostanza. L’ora o mai più” chiude lo scritto di Emilio.
Qualcuno dice che a Milano manca solo il mare.
Invece c’è.
E loro oggi lo hanno solcato.

 

 

 

 

  • Rita Pelusio

    Attrice e regista, nei suoi lavori con la drammaturgia di Domenico Ferrari utilizzano il linguaggio dell’arte comica per affrontare tematiche sociali e civili. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche. E’ amica di Radiopopolare con la quale si sveglia ogni mattina.

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Piovono Rane

Fontana e Moratti, strategia alla Putin

Ieri mattina Fontana, Moratti e Bertolaso hanno tenuto una conferenza stampa per esporre il loro nuovo, ennesimo piano vaccinale.

Radio Popolare è andata, con il nostro collaboratore Luca Parena e un telefonino nel quale era registrato un breve montaggio delle telefonate che abbiamo ricevuto oggi e ieri dai nostri ascoltatori, durante i microfoni aperti.

Dozzine di telefonate che testimoniavano come Fontana, Moratti e Bertolaso avevano detto il falso quando avevano assicurato che tutti gli over 80 prima entro martedì poi entro mercoledì in Lombardia avevano ricevuto l’sms di convocazione per il vaccino.

Non era vero, non è vero: in poco più di due ore di microfono aperto, tra mercoledì sera e giovedì, abbiamo ascoltato le voci vive degli over 80 e spesso anche over 90 che non avevano ricevuto un bel niente.

Avremmo voluto far ascoltare quel file audio a Fontana e Moratti, perché rendessero conto del loro impegno disatteso, ma non ci è stato possibile.

Le conferenze stampa dei vertici della regione Lombardia sono sempre di più spettacolini a beneficio delle telecamere, in cui non sono ammesse le domande, tanto meno quelle scomode: al massimo si da molto brevemente la parola solo a un paio di cronisti di testate che si sanno amiche.

Questo comportamento non è un modello di società aperta e trasparente. Perfino Donald Trump rispondeva alle domande dei giornalisti, ed è buona norma che in tutte le democrazie chi è ha un potere risponda e renda conto. Fontana e Moratti invece nascondono i loro fallimenti evitando le domande.

Si dicono liberali, invece somigliano a Vladimir Putin.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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Mia cara Olympe

Lettera dalla pandemia

Beh, mia cara Olympe, basta dire che scrivo dal bel mezzo di una pandemia. Dunque, saltiamo i convenevoli ché non son questi tempi da troppe cerimonie.
La pandemia, dunque. Picchia su tutti, è una livella come Totò diceva della morte? Assolutamente no. Dipende da chi sei, da dove nasci, e da dove e come vivi. E se sei donna, picchia più duro, ci sono tonnellate di studi nazionali e internazionali a dircelo. C’è persino una parola, Shecession, per indicare la recessione che ora colpisce le donne: il lavoro perso, e già era più discontinuo e meno pagato dei colleghi, quello che non si trova, e poi quell’altro – quello di cura, figli a casa, anziani cui badare, – quello gratuito che non viene pesato nei bilanci pubblici e che invece tiene in piedi adesso più che mai l’architettura delle vite e che è aumentato a dismisura. Più difficile tutto: persino gli stage, peraltro diminuiti, adesso li danno più spesso ai giovani uomini (46,4%, donne, 53,6% uomini). Avrà ragione Eleonora Voltolina di repubblicadeglistagisti.it a dire di stare allerta, che se il lavoro delle donne comincia (ma comincia adesso o continua?) a pesare meno di quello degli uomini non è un bel segnale? Come quando si usciva dalla guerra e le donne che avevano condotto i tram e tenuti aperti gli uffici dovevano tornare a casa? Qui la guerra, se così vogliamo chiamarla e non mi piace, non finisce e le donne sono già a casa: se si deve scegliere, se non si può fare a meno, se ‘conviene’, il lavoro ad essere sacrificato è spesso il loro. Freno a mano tirato sulla propria vita e sulla propria autonomia. Prima della pandemia per arrivare alla parità di genere globale, il World economic Forum calcolava ci volessero 99,5 anni, ora siamo a 135,6. In un anno di Covid ci siamo ‘bevuti’ una generazione insomma. Da queste parti si confessa una certa stanchezza, ma ci si vergogna a dirlo, proprio ad una come te.

Ps. Dici che forse chi legge non sa bene chi sei? Corriamo ai ripari: ti chiamavi, in effetti, Marie Gouze, nata nel 1748 e morta sulla ghigliottina di Robespierre nel 1793, seconda donna, dopo Maria Antonietta, a salirci. Ma la tua storia è stata molto diversa: sei stata femminista e antischiavista, hai scritto a favore delle donne e dei più poveri, tappezzato Parigi con i tuoi manifesti e polemizzato con il tribunale della Rivoluzione, rivendicato eguali diritti per te e le altre. “Uomo, sei capace d’essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi: chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso?” hai messo nero su bianco nella Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina che ti è valsa la condanna ‘per aver dimenticato le virtù che convengono al tuo sesso’. C’è un bel romanzo che parla dei tuoi giorni ultimi e della Parigi delle donne durante il Terrore, ‘La donna che visse per un sogno’ e l’ha scritto con sapienza Maria Rosa Cutrufelli. C’è, qui, una voce dell’Enciclopedia delle donne a te dedicata.
Sotto la parrucca d’ordinanza, nel ritratto a pastello di Alexander Kucharsky, i tuoi occhi scuri appaiono straordinariamente vivi.

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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In alto a sinistra

A destra e a manca

L’operazione è chiara e a dire il vero nemmeno tanto nuova: l’autorevole giornale della borghesia tradizionalista (non si offenda nessuno se lo definisco “la voce del padrone”), attraverso un suo autorevole commentatore dà consigli “spassionati” a chi potrebbe essere un soggetto di riferimento per il suo pubblico; il destinatario di questi consigli risponde garbatamente ringraziando ma sottolineando che molte delle cose che gli si chiede di fare de facto le ha già fatte; lettori e lettrici (pur con autonomo spirito critico) fanno due più due e si convincono degli enunciati esposti, sia dal primo sia dal secondo soggetto.

Protagonisti: il Corriere della Sera, col suo editorialista Ernesto Galli della Loggia e Fratelli d’Italia, con la sua presidente Giorgia Meloni.

I fatti: lunedì 29 marzo, prima pagina del Corriere. Ernesto Galli della Loggia firma un articolo dal titolo Quella destra moderna che serve al paese. Svolgimento: FdI è forza politica “accreditata da tempo di una futura avanzata elettorale che potrebbe tradursi in un importante ruolo di governo”. Deve quindi darsi “una veste ben più convincente di quella sommaria e prevedibile, sempre tentata da toni di opposizione a prescindere e talora schiettamente reazionari”. Fratelli d’Italia, è sempre Ernesto Galli della Loggia a parlare, “non si può più considerare un partito neofascista, pur se esso viene da territori della storia che portano quel nome” (sic!). Bene (si fa per dire): vada l’autorevole commentatore a rivedersi parole e fatti di quell’universo neofascista interno o contiguo a FdI, pieno di attività negazioniste, antisemitismo diffuso, parole d’ordine anticostituzionali e eventi di violenza squadrista, da cui FdI (e la sua leader) mai hanno preso le distanze, ma di cui anzi hanno provato a essere collettore elettorale (con alterne fortune). Di più, continua l’autorevole commentatore, “al massimo la sua lontana origine si manifesta oggi in una postura difensiva contro le smargiassate dell’antifascismo di professione” (ri-sic!). Mi si permetta di sottolineare che quelle “smargiassate dell’antifascismo di professione” altro non sono che doverose difese dei nostri valori costituzionali, e che anzi bisognerebbe rinvigorire con una ripresa della pratica dell’antifascismo militante. Che dire sulle prese di posizione riguardanti la nostra Costituzione poi? Come si può disgiungere “il pervasivo afflato progressista” (che FdI non condivide, dice Ernesto Galli della Loggia) della nostra Carta fondativa dal senso generale e profondo che gli appartiene? Sorvoliamo sulle parole d’ordine che questa destra moderna dovrebbe portare avanti, e arriviamo al finale: l’autorevole commentatore dice che per realizzare questa destra serve “un altissimo livello di immaginazione e anche di ottimismo”).

Seconda puntata, martedì 30 marzo, prima pagina del Corriere della Sera. Lettera a firma di Giorgia Meloni che (in estrema sintesi) dice: “la destra moderna che serve e che in parte tratteggia Galli della Loggia non abita i non-luoghi dell’utopia o lo spazio dell’immaginazione. È già una realtà”. E, guarda caso, si chiama Fratelli d’Italia.

Benissimo, due brevi considerazioni: si sente davvero il bisogno di questa destra? Personalmente non sento il bisogno (e neppure la mancanza) di una destra (moderna o antica che sia) che davvero non abbia troncato nettamente i suoi legami con un passato fatto di violenza e sopraffazione. Così come da tempo non sento il bisogno dei consigli di Galli della Loggia e del Corriere della Sera (che giustamente non si rivolgono a me ma a chi può essere strumentale a un disegno conservatore che porti avanti le idee del padrone). Piuttosto sì sento la mancanza (e il bisogno) di una sinistra moderna, ma che sappia mantenere radici ben salde nel passato. Un progetto con uno sguardo al futuro (ma che guardi anche al presente) rivolto “in alto, a sinistra”.

  • Alessandro Braga

    Classe 1975. Giornalista professionista, prima di approdare a Radio Popolare ha collaborato per anni col Manifesto. Appassionato di politica, prova anche (compatibilmente col tempo a disposizione) a farla

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Il puntaspilli

La dura legge delle multinazionali del farmaco

Il dato più significativo della vicenda Covid in Europa è il riproporsi di un braccio di ferro tra l’Ue e l’Uk, a Brexit avvenuta. Quando l’Uk risponde a Ursula von der Leyen che nessun contratto di Bruxelles con la sua big Pharma Astrazeneca ha più valore della domanda inglese di salute, non sta mentendo: sta semplicemente ribadendo che a prevalere su tutto è la dura legge di mercato.

Del resto, come ha ricordato la stessa von der Leyen, gli accordi tra Ue e Uk sono ‘liberisti’ fino all’ennesima potenza: nessuna restrizione all’export da e verso le due unioni politiche. In altri termini, nessuna regola se non quella dei contratti, che vengono onorati secondo la legge del più forte. Il punto allora è questo: chi è il più forte? Chi lo fa il mercato? I governi dei paesi esportatori o di quelli importatori? Chi definisce i tempi, i modi, i costi di un prodotto di necessità vitale per tutta l’umanità? Le case farmaceutiche, ovvio, secondo la loro insondabile, oscura volontà.

Ad oggi i blocchi ed i ricorsi dei governi europei (più minacciati che messi in atto) sono stati cosa ridicola rispetto alle imponderabili decisioni delle multinazionali del farmaco (su tutte Astrazeneca). La linearità di comportamento non alligna presso i vertici di questi giganti che contano, ormai, più dei governi. L’Ue, dal canto suo, invece di approfittare di questo momento storico per imporre, nell’eterno contenzioso tra Stato e Mercato, la supremazia dello Stato, si è inchinata davanti ai titani del farmaco. Draghi, per esempio, ha fatto intendere di non aver impugnato le decisioni di Astrazeneca per non stare ai tempi della magistratura: cioè per non sottostare ai tempi dello Stato. In parole povere, i governi sono soggiogati dall’astratta volontà del mercato. Un’astrazione che ha effetti tragici, concreti e reali, sulla vita di centinaia di milioni di europei. Aggravata, questa sottomissione degli Stati, dalla vecchiaia della popolazione europea. E quindi il dato vero sta nella sostanziale nullità delle politiche sanitarie comunitarie di fronte alla terrificante robustezza politica delle multinazionali del farmaco.

Per ribaltare questa condizione di fatto è necessario rendere pubblici i brevetti e favorire la produzione statale. Questo per almeno un paio di motivi: 1) ovunque, anche in Uk e Usa, i vaccini sono esito di un lavoro di ricerca finanziato prevalentemente dai governi con fondi direttamente od indirettamente (vista la bassa tassazione sulle fondazioni sanitarie e farmacologiche) pubblici; 2) rischiamo di uscire dal Covid con gli Stati indebitati fino all’osso e le multinazionali ingrossate fino al collo. Sono due validi motivi per cominciare a riequilibrare il rapporto tra pubblico e privato, tra politica ed economia. A vantaggio dello Stato.

  • Leonardo Palmisano

    Bari 1974, autore e presidente della cooperativa di LegaCoop Radici Future Produzioni. Colomba d'oro per la Pace e premio Livatino contro le mafie. Per Fandango Libri ha pubblicato la trilogia dello sfruttamento (Ghetto Italia, Mafia caporale e Ascia nera), e ha iniziato la serie di gialli dedicata al bandito Mazzacani (Tutto torna, Nessuno uccide la morte, Chi troppo vuole). Dirige il festival antimafia LegalItria. Editorialista per il Corriere del Mezzogiorno e altre testate.

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    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    Poveri ma belli di giovedì 13/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 13-11-2025

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    Il ricordo del Bataclan, dieci anni dopo la strage: “C’era bisogno di tornare a vivere”

    Sono passati dieci anni da quella notte del 13 novembre 2015, in cui durante il concerto degli Eagles Of Death Metal centotrenta persone persero la vita nell’attacco terroristico che colpì il Bataclan di Parigi. Costruito nel 1864 e dal 1991 dichiarato monumento storico, negli anni il locale ha portato sul palco della capitale innumerevoli artisti internazionali diventando un vero e proprio ”tempio della musica” francese. Oggi a Volume, il ricordo della “generazione Bataclan” e del concerto inaugurale tenuto da Sting un anno dopo la strage, in occasione della riapertura del locale. Ascolta lo speciale sul Bataclan.

    Clip - 13-11-2025

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    Sulle tracce di Rumi con Kader Abdolah

    “Quello che cerchi sta cercando te” (Iperborea) è uno dei più recenti titoli di Kader Abdolah, celebre scrittore iraniano da tempo emigrato in Olanda, in seguito a persecuzioni politiche. Il libro ripercorre le vicende e analizza le opere del famoso poeta persiano Rumi, vissuto nel 1200 e a sua volta esule dopo l’invasione mongola in Persia, e divenuto celebre in tutto il mondo proprio in seguito al forzato espatrio. A Bookcity Milano per presentare il libro, Kader Abdolah è stato ospite a Cult, intervistato da Ira Rubini.

    Clip - 13-11-2025

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    Vieni con me di giovedì 13/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Volume di giovedì 13/11/2025

    Dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 16.00, Elisa Graci e Dario Grande vi accompagnano alla scoperta del suono di oggi: notizie, tendenze e storie di musica accompagnate dalle uscite discografiche più imperdibili, interviste con artisti affermati e nuove voci, mini live in studio e approfondimenti su cinema, serie TV e sottoculture emergenti. Il tutto a ritmo di giochi, curiosità e tanta interazione con il pubblico. Non fartelo raccontare, alza il Volume!

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    Musica leggerissima di giovedì 13/11/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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