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Liberi tutti

Salvini non porta sfiga

Sulla mia bacheca di facebook, ho commentato la sconfitta del nostro enfant prodige tennistico Jannik Sinner nella finale del torneo ATP di Miami.

L’ho fatto condividendo il tweet d’incoraggiamento di Matteo Salvini che come è noto spesso dedica attenzione alle sue passioni sportive con risultati modesti.

Volevo percularlo? Ovviamente si.

Credo davvero che Salvini porti sfiga? Ovviamente no.

Anzi la scrivo meglio. Credo che nessun’essere umano porti sfortuna e lo stigma dell’essere considerati degli “iettatori” ha fatto e fa danni enormi. Ci può stare dentro contesti amicali dove c’è un tacito consenso fra “vittime” e “carnefici”, prende tutto un altro connotato quando diventa la calunnia che bullizza, che emargina, che ti crea il vuoto intorno.

Il caso della cantante Mia Martini è sicuramente il più eclatante e famoso , ma quanto è diffuso questo fenomeno? Quante persone che non vivono sotto i riflettori della notorietà, sono “bollate” al punto di vedere la propria vita sociale compromessa, “perché se inviti lei o lui, allora io non vengo”, se passa lei o lui toccano ferro o i coglioni?

Quanta sofferenza provoca vedere come ti guardano gli altri, che distanza prendono da te per il terribile passaparola che porti sfortuna?

No, Salvini non porta sfiga. Salvini è un politico che ha idee repellenti, una visione della società che mi fa paura, e un linguaggio triviale e discriminatorio, ma non porta sfortuna.

Il mio post su facebook ha preso tanti like e moltissimi commenti d’approvazione, ma dobbiamo tutti starci attenti a questo tema. Sapere sempre il peso che hanno le parole che maneggiamo, valutare sempre a chi le stiamo dicendo.

No, Salvini non porta sfiga, è solo un essere umano con idee orrende, che è decisamente molto peggio.

  • Luca Paladini

    Nato a Milano 51 anni. Unito civilmente con un altro Luca. Fondatore e Portavoce del Movimento de I Sentinelli di Milano. Movimento che si batte contro ogni forma di discriminazione. Collabora con il quotidiano online TPI

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I giorni dell'Ira

Un nuovo giorno dell’Ira: Life’s a Journey

Poco prima di pubblicare questo post, è giunta la notizia della scomparsa di Maurizio Principato. Sapevo che aveva avuto un gravissimo incidente. Eppure, non molto razionalmente, speravo che il Principe sarebbe tornato a introdurre dal suo balcone le Risonanze che per tanti anni hanno reso prezioso il mercoledì di Cult, il quotidiano culturale di Radio Popolare.

Ma ho capito che questo tempo impensabile e sospeso genera miraggi. E dunque eccomi qui, come tutti noi, che lo conoscevamo, a non sapere, per una volta, dove trovare le parole. Non c’è niente da dire, in verità. Tutto suonerebbe scontato, per uno come lui. Allora, meglio tacere. Meglio usare le parole di chi sa dire.

“Our battered suitcases were piled on the sidewalk again; we had longer ways to go. But no matter, the road is life.” – Jack Kerouac, On the Road 

Visto che Maurizio ci ricordava sempre che Life’s a Journey, che la vita è un viaggio, ho pensato che le parole di Kerouac fossero migliori delle mie.

E ora vorrei parlare di chi il viaggio lo ha iniziato da poco, ma sta già facendo la differenza.

Esterno, giorno. Il cortile del vecchio Chiostro del Piccolo Teatro Grassi di Milano. Palazzo Carmagnola ha cambiato destinazione tante volte. Durante il Ventennio era una delle sedi del controspionaggio fascista e in tempo di guerra la Legione Muti vi torturava i partigiani. La leggenda vuole che, nel 1947, i giovani Giorgio Strehler e Paolo Grassi ne abbiano buttato giù la porta con un calcio, per dare il via a una delle più entusiasmanti avventure culturali d’Europa: il Piccolo Teatro della Città di Milano, un Teatro d’Arte per tutti.

Ed è qui che incontro Alessandro, 18 anni, ultimo anno di liceo al Parini. Da qualche giorno il Chiostro del Piccolo è stato pacificamente occupato dal Coordinamento Spettacolo della Lombardia, che ci ha istallato il Parlamento Culturale Permanente, ricevendo dalla Direzione del Teatro una accoglienza lungimirante. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo sono fermi da quasi un anno. Chiedono un reddito di sussistenza, una revisione radicale delle regole del sistema, una nuova legge sullo spettacolo dal vivo. Nel corso della giornata si susseguono assemblee, incontri con i direttori dei teatri, con le compagnie, con esponenti delle istituzioni e della società civile. Sono molti gli studenti che, attraverso le varie reti di partecipazione, sono venuti a dare una mano e a partecipare all’occupazione. Seguono le lezioni in DAD dal Chiostro ma, al tempo stesso, partecipano ai coordinamenti e alle attività quotidiane.

Alessandro è uno di loro. Ha gli occhi azzurri, i capelli biondi e un leggero accento siciliano. Ci racconterà che la sua famiglia è originaria di Palermo, anche se lui è milanese d’adozione. Ai nostri microfoni interviene con voce tranquilla e con grande cognizione di causa. Parla con Sandro Gilioli, il direttore di Radio Popolare, e con me con tono pacato, senza toni tribunizi, prendendosi il tempo di ascoltare. A un certo punto, quando si parla di giovani, aspetta il suo turno per rispondere e ci fa notare che i giovani sono tutti diversi, portatori di opinioni spesso distanti. Insomma, ci ricorda che la categoria giovani va declinata in tutte le sfumature possibili. Proprio come si deve fare con gli adulti. Con gli anziani. O con i bambini. Una lezione per noi. Un invito a non ragionare per macrocategorie, a valorizzare le differenze. E poi, quando gli viene detto che la sua generazione sta facendo un regalo a chi è più vecchio, sacrificando la propria libertà durante la pandemia, scuote la testa e spiega che no, non è un regalo, solo un comportamento responsabile verso altri esseri umani.

Beatrice, invece, studia biologia all’università. Tuttavia, ci racconta che ha fatto un corso di teatro a scuola che ha cambiato il suo modo di vedere il mondo. Ci spiega che le sembra giusto essere lì, a difendere il lavoro, a occuparsi di chi spesso è invisibile, intermittente, interrotto. Che le sembra giusto, anche in vista del suo futuro e di quelli della sua età, fare qualcosa fin d’ora. Anche lei ci sembra calma, competente, consapevole. Ma come ha fatto a diventare così, se tanti dicono che la Generazione Z è inerte, priva di autonomia, magari a causa di genitori mai cresciuti e contraddittori, che invecchierà prima di diventare adulta?

Non lo so e, forse, non mi interessa nemmeno. Quello che ho visto mi è piaciuto e, dopo un anno di fantascientifico terrore globale, mi stupisco di sentirmi più sicura del futuro. I giovani, con tutte le differenze del caso, non abbandoneranno il mondo. E nemmeno noi.

 

 

 

  • Ira Rubini

    Nata in Belgio, vive a Milano. Studia insieme legge e teatro. A 20 anni inizia a scrivere per la TV e firma oltre 40 trasmissioni, come la diretta della notte degli Oscar in cui vinse Benigni. Come antidoto, scrive teatro (anche con Franca Valeri) e gira il mondo per fare documentari. Insegna teatrologia alla Paolo Grassi e coordina il corso di Sceneggiatura alla Luchino Visconti. La radio è il primo amore: esordisce a Radio Popolare a 14 anni, poi ci torna a condurre il quotidiano culturale. Lavora a RadioRAI e alla Radio Svizzera Italiana. A volte, le piace tornare in scena con l'ensemble Ottavo Richter.

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Il tè nel deserto

Il tempo delle mele

Provate a fare un esperimento. Pensate esattamente a un anno fa a ritroso da oggi e cercate dei ricordi. Ricordi belli che vi emozionino, che avete voglia di rivivere, che vi riempiano di gioia o di allegria. Quanti sono? Temo pochi e comunque immagino che siano ricordi chiusi in casa, legati soprattutto a uno stato d’animo di angoscia, di paura, di insofferenza e di tristezza. Se  ne trovate, come spero, di positivi credo che siano legati ad alcuni momenti di guarigione, al risultato di un tampone negativo, allo scampato pericolo per i vostri cari. E forse poco più.

In questi giorni è uscito un film che ha molto a che vedere con la questione dei ricordi e che vi consiglio di cercare sulla piattaforma MioCinema. Si intitola Apples, è diretto dal regista greco Christos Nikou, uscito dalle fila dei collaboratori del più celebre Yorgos Lanthimos, noto per aver portato la cinematografia greca a livello internazionale, con storie distopiche, miste di fantascienza, thriller psicologici, costruzioni cerebrali e quadri immersi in un’estetica fredda e inquietante. Tra i suoi film più noti e premiati ci sono The lobster e La favorita.

Ma torniamo alle nostre mele, quelle che nel film il protagonista sbuccia meticolosamente come alla ricerca del suo passato svanito.
In questo film, pensato qualche anno fa, realizzato un bel po’ prima del 2020 e visto per la prima volta all’ultima Mostra del cinema di Venezia in apertura della sezione Orizzonti, siamo in mezzo a una pandemia mondiale che provoca un’improvvisa amnesia. Il protagonista Aris è in cura per ricostruirsi una nuova identità, fatta di nuovi ricordi e di un passato costruito attraverso a una serie di indicazioni registrate dai suoi medici curanti su audio cassette. A questi messaggi devono seguire testimonianze fotografiche scattate in diverse situazioni con una polaroid, che l’attore Aris Servetalis riproduce impassibile in questa strana vita smemorata e senza alcun appiglio, silenzioso e impermeabile quasi come Buster Keaton.

Nella nostra pandemia da coronavirus la memoria gioca un ruolo importante. Per gli adulti è più facile ma più struggente tornare con il pensiero a fatti accaduti prima del febbraio 2020, viaggi, nascite, amori, unioni, vacanze, amici, passeggiate, successi personali, etc. etc. e va detto che con l’aiuto dell’algoritmo dei social a volte certe fotografie riaffiorano all’improvviso irrompendo nella nostra quotidianità in lockdown ormai perenne. Ma i più giovani fino a dove arrivano con i loro ricordi?
E se l’anno appena trascorso in casa e in dad, gli avesse cancellato parte delle esperienze positive vissute precedentemente?

Il film Apples è una riflessione sul funzionamento della nostra memoria, sulla velocità con cui si dimenticano cose o persone anche importanti, su quanto le emozioni influenzino i nostri ricordi e come formino la nostra identità. Il regista Christos Nikou con questo film ha voluto raccontare una società di persone sole, in cui la malattia è un’espediente per parlare della condizione umana a livello individuale e ha utilizzato un’ironia sottile con qualche scena surreale, per non calcare la mano sulla visione deprimente che ne sarebbe uscita.
E che in questo momento storico non saremmo riusciti a perdonargli.

 

 

 

  • Barbara Sorrentini

    Laureata in filosofia, giornalista, conduttrice e autrice a Radio Popolare. Dal 2002 cura e conduce la trasmissione “Chassis” e per qualche anno ha realizzato “Vogliamo anche le rose”, dedicata ai documentari. Per Radio Popolare ha condotto i diversi contenitori culturali e tuttora realizza servizi e interviste per trasmissioni e Gr. Tra le ultime trasmissioni “A casa con voi” e “Fino alle 8” con la rassegna stampa del mattino. È stata direttrice artistica del Festival dei beni confiscati alle mafie. Ha collaborato con La Repubblica, E-Il Mensile, Pagina 99, blogger per MicroMega, Cineforum Web, Cinecittà News, 8 1/2. È tra i curatori del libro Entretiens- Nanni Moretti, edito dai Cahiers du Cinéma, ed è tra gli autori della Guida ai film per ragazzi (Il Castoro). È stata consulente dell’Assessorato alla Cultura di Milano (2012-2013).

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Piovono Rane

Il Trio Arroganza ha alzato bandiera bianca

Ieri il premiato trio Fontana Moratti Bertolaso ha reso noto che dal 7 aprile tutti gli over 80 che non hanno ricevuto l’sms di convocazione in Lombardia potranno andare al più vicino hub vaccinale con la carta d’identità e avere la loro dose.

Martedì scorso lo stesso premiato trio aveva detto e ripetuto  che «tutti gli over 80 avevano già ricevuto l’sms di convocazione».

C’è una leggera contraddizione. Se tutti gli over 80 avessero ricevuto la convocazione, non ci sarebbe ora bisogno di dire che chi non l’ha ricevuta può andare e mettersi in coda senza convocazione. Insomma, i tre hanno mentito. O quanto meno hanno detto una cazzata.

Secondo voi i tre hanno ammesso l’errore, hanno chiesto scusa? Nada, nothing, niente.

***

Per due mesi, dall’inizio di febbraio, il premiato trio Fontana Moratti Bertolaso ha affidato il sistema di prenotazione per gli over 80 alla società Aria, pagandola 22 milioni e respingendo l’ipotesi di affidarlo invece – gratis – alle Poste.

Poi Aria ha vistosamente fallito, e due mesi dopo la Regione ha messo gli over 70 in mano a Poste, sempre gratis, e la cosa sta funzionando. Nel frattempo migliaia di anziani non erano stato vaccinati, non si sa quanti si siano ammalati né quanti siano morti.

Secondo voi i tre hanno ammesso l’errore, hanno chiesto scusa? Nada, nothing, niente.

***

Poco meno di un mese fa, il 7 marzo,  il premiato trio Fontana Moratti Bertolaso ha firmato un protocollo con Confindustria per far vaccinare in fretta nelle aziende “chi produce”, le famose attività produttive da proteggere perché fanno Pil, indipendentemente dall’età anagrafica.

Una settimana  dopo Draghi ha detto alle Camere: «Alcune Regioni trascurano i loro anziani in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale». Poi ha mandato Figliuolo a Milano a ripetere il concetto, e «il confronto è stato acceso ma la moral suasion alla fine ha funzionato» (intervista di Figliuolo oggi al Corriere).

Così, per fortuna, il protocollo è finito in un cassetto, se ne riparlerà dopo che saranno stati vaccinati gli anziani.

Secondo voi i tre hanno ammesso l’errore, hanno chiesto scusa? Nada, nothing, niente.

***

Ancora: il 23 marzo scorso Moratti ha detto che sì, qualche errore informatico forse c’era stato, ma quello della Lombardia «resta un modello che potrebbe essere esportato in altre regioni».

L’altro ieri e ieri, il modello in questione (manageriale, privatista e autonomista) ha alzato bandiera bianca e ha ceduto il passo per manifesta inferiorità allo Stato centrale, in due delle sue più plateali emanazioni: l’Esercito e le Poste. Tutto il contrario, insomma.

Secondo voi Moratti ha ammesso l’errore, ha chiesto scusa? Nada, nothing, niente.

***

Ecco, è tutto. Voltiamo pagina, andiamo avanti, proviamo a uscire dall’incubo di questa epidemia.

Ma forse sarà il caso, dopo, di non dimenticare chi per ideologia e insipienza ha sbagliato tutto – oh: tutto – e per arroganza non ha voluto nemmeno chiedere scusa.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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L'Ambrosiano

Milano povera, povera Milano!

La pandemia ha emesso il verdetto: il re è nudo. La Milano che correva su monorotaia dal post Expo verso le Olimpiadi era convinta che la spinta le venisse dall’essere smart e cool, da grattacieli di City Life ed ex Scali ferroviari, da happy hour e sfilate; invece carburante glielo davano decine di migliaia di invisibili: precari; dipendenti di cooperative; migranti; redditi di cittadinanza; sottoccupati; badanti; colf; cassintegrati; lavoratori in nero; rider. Che equivoco!

Oggi popolo riconosciuto sono gli indigenti (aumentati in doppia cifra) e i samaritani (spesso anziani o neolicenziati: non riescono a star con le mani in mano) che distribuiscono pacchi di cibo alle code del Pane Quotidiano, nelle San Vincenzo, nelle parrocchie di periferia, presso le associazioni di volontariato. Privato sociale, Caritas, Fondo San Giuseppe sono il polmone artificiale della città smarrita, ripiegata, assuefatta, ferita.

Il re è nudo: oltre che di beni, Milano è povera di idee, pensieri, visioni generali, sogni; povera di politica, socialità, agorà, luoghi dove far arte, drammaturgia, poesia, musica; povera d’anima; di eguaglianza, salute, prevenzione, di umanità nella medicina e nella cura sul territorio. «Dì una cosa di sinistra, di civiltà, dì una cosa, reagisci!»: molti invocano palazzo Marino; aspettano pazienti. L’opposizione non c’è; asserragliata al Pirellone, difende l’indifendibile giunta Fontana e la scellerata gestione della Sanità, dove el tacòn xe pezo del sbrego, a cominciare dai vaccini in base al Pil.

In realtà Milano è ricca: dell’ethos ambrosiano; dei suoi poveri; del blocco di sfratti e licenziamenti; dei bambini senza scuola ma pieni di giochi e fantasie; dei giovani privi di spazi ma vogliosi d’immaginazione; degli anziani prigionieri di algoritmi regionali ma saggi e sopportanti; delle donne licenziate eppure sempre equilibriste; dei preti coraggiosi che predicano il vangelo della Pasqua ora che sanno finalmente d’esser minoranza. Milano ha De Sica e Zavattini nel sangue. Le manca il Miracolo. Gli attrezzi per farlo li ha però: sono i suoi poveri che hanno fame e sete di giustizia. E l’avranno!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 13-11-2025

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    Il ricordo del Bataclan, dieci anni dopo la strage: “C’era bisogno di tornare a vivere”

    Sono passati dieci anni da quella notte del 13 novembre 2015, in cui durante il concerto degli Eagles Of Death Metal centotrenta persone persero la vita nell’attacco terroristico che colpì il Bataclan di Parigi. Costruito nel 1864 e dal 1991 dichiarato monumento storico, negli anni il locale ha portato sul palco della capitale innumerevoli artisti internazionali diventando un vero e proprio ”tempio della musica” francese. Oggi a Volume, il ricordo della “generazione Bataclan” e del concerto inaugurale tenuto da Sting un anno dopo la strage, in occasione della riapertura del locale. Ascolta lo speciale sul Bataclan.

    Clip - 13-11-2025

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    Sulle tracce di Rumi con Kader Abdolah

    “Quello che cerchi sta cercando te” (Iperborea) è uno dei più recenti titoli di Kader Abdolah, celebre scrittore iraniano da tempo emigrato in Olanda, in seguito a persecuzioni politiche. Il libro ripercorre le vicende e analizza le opere del famoso poeta persiano Rumi, vissuto nel 1200 e a sua volta esule dopo l’invasione mongola in Persia, e divenuto celebre in tutto il mondo proprio in seguito al forzato espatrio. A Bookcity Milano per presentare il libro, Kader Abdolah è stato ospite a Cult, intervistato da Ira Rubini.

    Clip - 13-11-2025

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    Vieni con me di giovedì 13/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Volume di giovedì 13/11/2025

    Dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 16.00, Elisa Graci e Dario Grande vi accompagnano alla scoperta del suono di oggi: notizie, tendenze e storie di musica accompagnate dalle uscite discografiche più imperdibili, interviste con artisti affermati e nuove voci, mini live in studio e approfondimenti su cinema, serie TV e sottoculture emergenti. Il tutto a ritmo di giochi, curiosità e tanta interazione con il pubblico. Non fartelo raccontare, alza il Volume!

    Volume - 13-11-2025

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    Musica leggerissima di giovedì 13/11/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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