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Mia cara Olympe

A Patrizia Cavalli, con gratitudine

Frequento Patrizia Cavalli dai primi anni ’80. La frequento con assiduità di seguace e non l’ho mai conosciuta: la volta che tentai, per andare a trovarla, la carta dell’intervista  – poi, certo, l’avrei scritta – mi rispose in una telefonata gentilissima che no, non se ne parlava proprio ed io non ebbi cuore di insistere e cercai di tenere a bada la mia straripante e desiderosa ammirazione.

Ieri la sua ‘luminosa scomparsa’ e mia figlia mi ha subito avvertito come ci si avverte di una perdita vicina. E succede qualcosa da quel momento, un rincorrersi di versi, di pensieri, commenti  in un rimbalzo tra i social, i media, le radio che mi sembra diverso dal consueto – anche commosso –  cordoglio in morte di qualcuno o qualcuna che abbia dalla sua fama o pubblico riconoscimento. È il coro della gratitudine, viene da dire. E mi sembra insolito e bello che sia così alto e forte, singolare e collettivo, per una poeta.

Forse lo so perché accade: in quante e quanti – ma soprattutto le donne –  abbiamo preso ieri dallo scaffale un suo libro e abbiamo letto e riletto ciò che a ciascuna ‘specialmente’ risuona.  Come fosse stato scritto per te, per la tua ferita, per il sentire del tuo corpo, per quel pomeriggio, per quell’amore e la sua prigione, per quel cielo – titolo di una sua raccolta – che trasportava nuvole e apriva squarci di una consapevolezza o di uno sperdimento.

In due delle sue raccolte che posseggo  –  ‘Le mie poesie non cambieranno il mondo’ e ‘Il cielo’ –  ci sono piccoli post it azzurri: so esattamente quando, come e perché  proprio quei versi –  piani, ironici, rivelatori e insieme sorprendenti – e mi ricordano a me stessa nello scorrere del tempo e delle storie. Questo credo stia accadendo a tanti: non avranno cambiato il mondo le sue parole, ma hanno fatto, in molte vite, differenza.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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La nave di Penelope

Pandemia e maturità, un ritorno alla semi-normalità?

Tornano gli scritti alla maturità. Dopo la solita altalena a cui ci ha abituati la pandemia si tornerà a vedere le penne che scorrono frenetiche sui fogli protocollo, mani che sfogliano nervose i dizionari e dita che saltellano sui tasti delle calcolatrici.

Il colpo di scena è arrivato qualche mese fa, tra docenti esasperati e studenti disperati. Un ritorno alla semi-normalità dopo la Dad che ha gettato nello sconforto dei ragazzi inconsapevoli di dover affrontare, come ormai non si fa da tre anni, la materia d’indirizzo. “Non sono pronti a tradurre, speriamo che ci sia margine per fargli fare un’analisi”, dicevano alcuni professori di lettere del liceo classico appena arrivato l’annuncio. “Va peggio ai ragazzi dello scientifico”, commentava qualche studente di scienze umane.

Alla fine, come sempre si fa in questi casi, dopo qualche giorno di lamentele, pianti e ansia, ci si è messi sotto.

Poi c’è stata la polemica “mascherina sì, mascherina no”. Navi intere cariche di parole vuote. “Niente maturità con le mascherine”, non si stancano di ripetere alcuni del mondo della scuola e non. Non si fanno attendere le risposte preoccupate dei virologi. Poi di nuovo politici che cavalcano la donchisciottesca battaglia del “facciamo fare gli esami senza la mascherina”, come se fosse di fondamentale importanza per i ragazzi negli ultimi tre giorni che si passano dentro le aule, dopo due anni a rispettare distanze tra le rime bucali, banchi a rotelle, gel igienizzante, scaglionamenti, mascherine chirurgiche e Ffp2.

E poi il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, trova la risposta tautologica: per gli scritti mascherina obbligatoria, agli orali “decidano i presidenti di commissione se ci saranno le condizioni per abbassarla”. E da lì la rivolta dei presidi: “Non possiamo decidere noi”. Del resto, come dargli torto, lo scaricabarile sembra lo sport nazionale pandemico. Alla fine il governo ha deciso: niente obblighi, mascherina solo raccomandata. E così il circo folkloristico di polemiche, cambi di direzione, botta e risposta, che più del Sars-Cov-2 si è attaccato al mondo della scuola durante gli anni della pandemia, non poteva mancare anche in questa occasione.

Ma, anche in mezzo a tutto questo, il gran giorno è arrivato, oggi inizia la maturità. Nonostante per il resto dell’anno sembrano essere sempre in secondo piano, i protagonisti, almeno per qualche giorno, restino i ragazzi. In bocca al lupo a tutti!

  • Claudia Zanella

    Sono nata a Milano nel 1987. Ma è più il tempo che ho passato in viaggio, che all’ombra della Madonnina. Sono laureata in Filosofia e ho sempre una citazione di Nietzsche nel taschino. Mi piacciono tante cose ma, se devo scegliere tra le mie passioni quali sono quelle che più parlano di me, direi: la Spagna, il rock e il giornalismo. Dopo averci vissuto, Madrid è la mia città d’elezione; il rock scandisce il mio ritmo di vita e venero le mie chitarre come oggetti magici; infine, fare la giornalista soddisfa il mio impulso alla Jessica Fletcher di voler sempre vedere chiaro e poi raccontare. Ho lavorato per cinque anni per La Repubblica, come cronista e responsabile del settore “Educazione e scuola” a Milano. Cofondatrice del progetto di storytelling su Milano ai tempi del coronavirus: “Orange is the new Milano”. Sono approdata a Radio Popolare nel 2019, occupandomi di un po’ di tutto, ma mantenendo sempre un occhio vigile sul mondo della scuola.

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Appunti sulla mondialità

La storica vittoria delle sinistre colombiane

Domenica 19 giugno 2022 è entrata nella storia della Colombia e del Sud America. La roccaforte dei conservatori, la portaerei degli Stati Uniti, il paese della guerra civile infinita, per la prima volta nella sua storia avrà un presidente di sinistra. Gustavo Petro e Francia Márquez hanno ottenuto 11.280.000 voti, 700.000 voti in più del rivale Rodolfo Hernández, l’ingegnere praticamente sconosciuto e dal programma ambiguo che era entrato a sorpresa al secondo turno superando il candidato delle destre storiche colombiane. Destre che sono state compensate in parte con l’aumento dell’affluenza che chiaramente ha favorito il candidato della sinistra. Il Pacto Histórico guidato da Gustavo Petro, formato da oltre 15 sigle, fa parte di quella nuova sinistra fortemente ambientalista e femminista che aveva già vinto in Cile con Gabriel Boric. Con solide radici nelle lotte per la difesa della terra e dei popoli indigeni e contro la corruzione e il narcotraffico. E’ la sinistra dei movimenti di base e contadini che in Colombia è stata sempre schiacciata dalla guerra civile tra l’esercito e le varie guerriglie pagando un prezzo altissimo in vite umane. Una sinistra che ha saputo conquistare lentamente la fiducia dei colombiani governando bene le città, soprattutto la capitale Bogotà, oggi una delle città più vivibili del continente.  Con Gustavo Petro si rinforza una nuova geografia politica del continente che vede i principali paesi governati da forze genericamente progressisti, in attesa della sfida di ottobre in Brasile dove si potrebbe chiudere il cerchio.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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Breaking Dad

La torrida estate del Rock (in viaggio con papà)

Buonasera e benvenuti a “La Natura e le sue sfighe”. Nella classifica dei luoghi più caldi della Terra viene subito dopo il deserto del Lut (Iran), la Death Valley (Usa) ed El Azizia (Libia). E’ una spianata brulla e torrida dove – pensate – nonostante il caldo folle pare si radunino decine di migliaia di persone per saltare e gridare sotto il sole, incuranti di una temperatura sopportabile solo nel caso siate degli scorpioni.

Questo luogo è collocato nell’Italia centrale, più precisamente nella città di Firenze, celebre nel mondo per essere stata culla del Rinascimento e per aver inventato il “bollino nero”, quello che sconsiglia di uscire di casa se non trasportati in un frigorifero. Tale bollino deve il proprio nome ai Guelfi Neri: ad essi si contrapponevano i Guelfi Bianchi più propensi, invece, ad aspettare che nevichi prima di avventurarsi nella landa di cui sopra. Cosa che non avviene mai.

“Senti, senti qua… senti la batteria… sentita? Senti adesso l’assolo…”

Sul piatto gira un vinile che ha in copertina dei fulmini su sfondo blu elettrico. I fulmini convergono su una sedia. In mezzo la scritta celeberrima. METALLICA. Francesco (Figlio 1) non sta più nella pelle. Il giorno sta per arrivare. Il biglietto per il Firenze Rock Festival lo abbiamo comperato mesi e mesi fa. Sembrava così lontano (faceva fresco, tra l’altro, era autunno…). Adesso ci siamo.

Franci è un ottimo chitarrista. Nonostante abbia solo 15 anni (quasi), suona – mi duole dirlo – meglio di me. Oddio: su Albachiara e Yesterday forse sono ancora in vantaggio, ma, ecco, se fossi uno che cerca un chitarrista prenderei lui. Ed è un chitarrista rock bello tosto. Quando suona, per dire, muove la testa avanti e indietro, scuotendo i capelli lunghi e scomposti. Fabrizio (Figlio 2) lo prende in giro e lo snobba, dall’alto dei suoi tagli scolpiti alla moda: “Sembri Gesù”, gli ha detto ieri.

Ma Franci non se ne cura e con la sua chitarra, la chioma roteante e le magliette delle band, studia i riff con pazienza ed entusiasmo. Naturalmente si muove a proprio agio tra i sotto generi del Metal: dallo speed metal, al thrash, dal death metal al gothic, eccetera, eccetera. Ecco: volete che uno così si perda il concerto dei Metallica? Parliamo di uno dei gruppi heavy metal più importanti di sempre, dei veri e propri mostri sacri, dei sacerdoti del culto metallaro.

“Oh, mi sa che c’hanno la tua età, papà!”

“Ma che cavolo dici! Io sono molto, ma molto più giovane!” In effetti è così, però mi viene in mente che è molto probabile che questi irriverenti sbarbati mi inseriscano (CI inseriscano, anche voi, cosa credete?) spontaneamente in un cassetto dove stanno: i Metallica, la Tv, la pizza quattro stagioni, le partite del campionato di calcio la domenica pomeriggio tutte insieme, e un mucchio di altre cose… diciamo… vintage. Non approfondisco.

Fatto sta che siamo quasi pronti: domenica mattina un treno ci aspetta in stazione centrale per portarci a Firenze. E poi, da Santa Maria Novella ci avvieremo verso la Death Valley. Abbiamo ricevuto – e continuiamo a ricevere – raccomandazioni allarmate di: mamme, nonne/i, amici e amiche, meteorologi, giornalisti del Tg 2 che danno consigli su come NON affrontare il grande caldo di questi giorni. Tipo: non correre in tangenziale alle due del pomeriggio subito dopo aver mangiato il cotechino. Oppure: non recarsi in aree surriscaldate dalla presenza di 85mila persone assatanate per un concerto rock. Ma noi non temiamo nulla, vero Franci?

“Ma no, dai! Siamo giovani!”. Ecco, appunto.

Ci saremo, in quella bolgia, tra le chitarre distorte e la voce di cartavetro di James Hetfield e salteremo, batteremo le mani, canteremo a squarciagola. Ci sarà la musica, ci sarà tanta gente, ci saremo noi due, in gita. E poi ce la ricorderemo quella giornata.

“E’ stato bello, ti ricordi?”. “Sì, molto bello”.

“Faceva anche un bel fresco, ti ricordi?”. “Non esageriamo”.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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Appunti sulla mondialità

La scacchiera del Pacifico

Le guerre, almeno dai tempi della Grecia classica in poi, si sono combattute anche sui mari. Non solo: nella lunga parentesi di storia dell’umanità in cui la navigazione è stata l’unica via di comunicazione intercontinentale, il controllo dei punti critici e di passaggio tra un mare e l’altro è stato sempre un obiettivo strategico primario. Per questo motivo le isole e gli stretti hanno sempre avuto un ruolo importantissimo nella geopolitica delle potenze. Alcune isole hanno svolto, nei secoli passati, una funzione in qualche modo simile a quella delle portaerei: fungevano da basi militari in mezzo alle acque, oltre che da punti di scalo imprescindibili per le comunicazioni e il rifornimento delle flotte. Malta, Cipro, Hispaniola, Azzorre, Falkland, Réunion, Sant’Elena, Zanzibar, Diego Garcia, Molucche sono sempre state terre poco popolate e lontane da tutto, ma vitali per garantire porti sicuri dove ancorare e rifornire le navi.

Storicamente, la potenza che meglio è riuscita a controllare i passaggi oceanici è stata l’Inghilterra vittoriana, e la posizione dominante inglese è in buona parte sopravvissuta al declino post-imperiale. Oggi, a livello mondiale, il fronte di conflitto più caldo è quello del mar della Cina e del Pacifico. È qui che si sta giocando una partita che sembra uscita dal passato, nella quale ci si sfida per garantirsi il controllo di una miriade di isole insignificanti dal punto di vista demografico ed economico, ma fondamentali nelle strategie militari della Cina e degli Stati Uniti. Molto rumore ha fatto la decisione delle Isole Salomone di sottoscrivere un trattato economico e di sicurezza con la Cina, aprendo un varco in una zona dell’Oceania considerata da sempre legata agli Stati Uniti, tramite l’Australia. Sono 18 le nazioni insulari che fanno parte del Forum delle Isole del Pacifico: di queste ormai 10 stanno con Pechino, mentre due hanno riconosciuto Taiwan e altre sei sono alleate occidentali. È una partita a scacchi quella tra Cina e la coppia Australia-Stati Uniti, Paesi che recentemente insieme al Regno Unito hanno dato vita a un’alleanza militare, l’Aukus, in chiave anticinese. Pechino sta lavorando da anni per ottenere in concessione basi navali che le consentano di estendere virtualmente le proprie frontiere in funzione difensiva, mentre gli alleati degli Stati Uniti vorrebbero schiacciarla entro i propri confini continentali, garantendo inoltre l’indipendenza di Taiwan.

Stiamo assistendo a una delle prime puntate di una nuova Guerra Fredda, che in Ucraina e in Africa è già diventata molto calda. C’è però una differenza abissale rispetto al passato, ed è che USA e Cina, le due potenze globali, sono sì antagoniste sul piano militare e politico, ma anche perfettamente integrate tra loro dal punto di vista economico. Questa contraddizione macroscopica, che ai tempi dell’URSS era inimmaginabile, fa sì che ci siano fortissimi rapporti di interdipendenza tra le potenze rivali. Legami vitali per entrambe le parti, che nessuno può davvero permettersi di recidere.

È dunque la globalizzazione a relativizzare gli effetti delle guerre. È una situazione che stiamo vivendo anche in Europa, con l’UE che è fortemente schierata a difesa, anche armata, dell’Ucraina, ma che in questi mesi di guerra ha versato a Mosca oltre 50 miliardi di euro per pagare l’energia importata. Le difficoltà dell’Europa, dipendente dal gas e dal petrolio russo, sono le stesse che gli Stati Uniti incontrerebbero nel caso dovessero arrivare a un conflitto aperto con la Cina. Le industrie e l’agricoltura statunitensi, e le tasche dei consumatori, non reggerebbero a un embargo sull’import cinese. E anche per la Cina sarebbe un disastro perdere il principale mercato di sbocco delle sue merci.

Tutta la complessità e tutta la nuova fragilità del mondo stanno qui. È una situazione inedita e ancora non compresa fino in fondo, che mette in crisi addirittura lo strumento più antico di risoluzione delle controversie: le guerre. Forse non lo hanno capito nemmeno gli stessi Paesi che ora sono impegnati a giocare la partita del Pacifico, contendendosi isole e punti chiave: agiscono per riflesso condizionato, perché si è fatto sempre così, ma le vere guerre oggi non si combattono con le navi, si vincono o si perdono sul tavolo dell’economia.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

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    Vade retro gay: l'offensiva dei conservatori in Vaticano

    Gli omosessuali? Sono in peccato mortale e la chiesa non deve benedire le coppie gay. Sono parole del cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito per la congregazione della dottrina della fede. Il porporato è uno dei punti di riferimento dell’ala più conservatrice in Vaticano, che osteggiò papa Francesco. Müller ha detto anche che aver fatto passare le associazioni cattoliche dalla Porta Santa di San Pietro in occasione del Giubileo è “solo propaganda”. A chi si rivolge il cardinale? Vuole provare a influenzare Papa Leone? Ne abbiamo parlato con il giornalista vaticanista e scrittore Marco Politi, autore di "La rivoluzione incompiuta, la Chiesa dopo Francesco". L'intervista di Alessandro Principe.

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    Esteri di mercoledì 17/09/2025

    Il giro del mondo in 24 ore. Ideato da Chawki Senouci e in onda dal 6 ottobre 2003. Ogni giorno alle 19 Chawki Senouci e Martina Stefanoni selezionano e raccontano fatti interessanti attraverso rubriche, reportage, interviste e approfondimenti. Il programma combina notizie e stacchi musicali, offrendo una panoramica variegata e coinvolgente degli eventi globali.

    Esteri - 17-09-2025

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    L'Orizzonte di mercoledì 17/09 18:33

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 17-09-2025

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    A Milano arriva il Godai Fest: Rodrigo D'Erasmo, tra gli ideatori, ce l'ha raccontato

    Sabato 20 e domenica 21 settembre al Paolo Pini di Milano si terrà la prima edizione del Godai Fest, il festival multidisciplinare che unisce la musica alle arti performative e visive nato da un’idea del musicista Rodrigo D’Erasmo, del produttore Daniele Tortora e dell’artista visivo Cristiano Carotti per abbattere i recinti di genere e di partecipazione, connettere le arti, sperimentare nuovi linguaggi, ampliare le visioni. L’arte, in tutte le sue declinazioni, sarà protagonista di un viaggio attraverso i 4 elementi della cultura umana (Fuoco, Terra, Acqua, Aria) ai quali si aggiunge, secondo la filosofia orientale, il principio del Vuoto. Ad ogni elemento corrisponde un curatore: Rodrigo D'Erasmo in questa intervista di Elisa Graci e Dario Grande a Volume ci ha presentato il concetto e il programma di questo festival.

    Volume - 17-09-2025

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    Poveri ma belli di mercoledì 17/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 17-09-2025

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    Vieni con me di mercoledì 17/09/2025

    Il primo Pride della Valtellina Chiavenna. L'emozione, ha fatto salir la fame! Per merenda: pane burro e acciughe con bollicina,. Poi via si torna a Milano, al Piccolo Salone del Libro Politico al Conchetta. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

    Clip - 17-09-2025

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    Volume di mercoledì 17/09/2025

    Oggi a Volume abbiamo iniziato parlando del Festival Suoni Delle Dolomiti giunto alla sua 30a edizione, ma anche del Godai Fest, evento che si terrà nel weekend al Parco Ex Paolo Pini di Milano e che ci racconta Rodrigo D'Erasmo in qualità di direttore artistico. A seguire segnaliamo il concerto-evento pro Palestina organizzato da Brian Eno che si terrà questa sera a Londra, e concludiamo con il quiz dedicato al cinema, oggi incentrato sul film Il Diavolo Veste Prada del 2006.

    Volume - 17-09-2025

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