Programmi

blog

Palazzeide

Rai, quando la censura diventa “adeguarsi al sistema”

Nel 1962 Dario Fo venne censurato dalla Rai, all’epoca il premio Nobel aveva preparato uno sketch per Canzonissima che aveva come protagonista un costruttore edile e come tema la sicurezza nei cantieri. Il testo venne censurato, con la motivazione che era in corso una vertenza sindacale che riguardava proprio i lavoratori edili. E’ solo uno degli episodi di censura che hanno riguardato Dario Fo.
Quando si tratta di censurare, la Tv pubblica ha sempre cercato motivazioni legali che impedissero accuse di censura tout court. Di casi ce ne sono stati a decine.
Sono passati sessant’anni, la censura non c’è più, ora si dice “adeguarsi al sistema”, oppure il più blando “è inopportuno”.
Una forma di pressione che va quasi sempre a buon fine con attori, scrittori e giornalisti che non hanno milioni di follower (se i follower fossero voti, Fedez ne avrebbe quanti ne hanno il Pd e la Lega insieme) e dipendono molto dai contratti con la Tv.
La telefonata partita dalla Rai a Fedez è stata un tentativo di bloccare in extremis la lettura di un testo dove c’erano nomi e cognomi, politici della Lega che hanno insultato e detto parole orribili nei confronti degli omosessuali.
Edulcorare, togliere potenza alle parole, evitare il più possibile problemi era questo l’obiettivo di quella telefonata, non volevano casini, non bisognava disturbare il manovratore, e cioè ‘mamma Rai’, che sopravvive con l’eterno alternarsi dei partiti che si spartiscono le reti, osservano, controllano e alzano il telefono quando c’è qualcosa che non va.
E siccome il fastidio di un politico diventa la paura di perdere il posto, ecco che il dirigente, il direttore, il vicedirettore diventa più realista del re per evitare guai.
Le battaglie civili, che siano la legge Zan, le unioni civili, il testamento biologico, devono rientrare nei 45 secondi del servizio in coda nel gr, con le voci ben calibrate di tutti i partiti, dieci secondi per uno, per un bel fritto misto dove tutti sono contenti, destra e sinistra, e così l’eterna lottizzazione della Rai può continuare. Oggi tocca a me e dopo le elezioni tocca a te.
La cosa che fa impressione è che il rapporto tra Fedez e Rai sembra quello tra la preistoria e il futuro, tra me che sono ferma a Facebook e mia figlia centro metri e social più avanti.
La telefonata della Rai per fare pressione si è rivelata un boomerang, non perché non si faccia tutti i giorni, ma perché Fedez, non avendo nessun timore reverenziale nei confronti della Rai, il suo successo è altrove, l’ha usata e resa pubblica.
Non è ingenuo e conosce meglio di mille dirigenti Rai come funziona l’informazione, soprattutto quella sui social, ma ha voluto fare la parte del bambino che punta il dito verso il re e grida “Il Re è nudo”.
Gli ipocriti sono stati tutti gli altri, a destra e sinistra, compreso Conte, il cui governo aveva fatto le nomine attuali in Rai, i politici che hanno fatto finta che fosse la prima volta di una telefonata dalla Rai per bloccare un testo, quando si sa che se c’è un servizio che non piace, tutti fanno in modo di farlo sapere alla struttura che l’ha commissionato.
Alla Rai non esiste la censura, ora si chiama “adeguarsi al sistema”.

  • Anna Bredice

    A Roma con il cuore, una figlia e la testa, a due passi dai tetti belli di Garbatella e dal Gazometro di Ostiense, atmosfere tra Ozpetek e il caffè sospeso di Casetta Rossa. A Milano con gli affetti, la famiglia e la radio della vita. Seguo la politica per Radio Popolare da tanti anni, con impegno, partecipazione, a volte rabbia e passione.

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

La scuola non serve a nulla

Come trasformare Pirandello in una fantastica attività creativa in classe

(New Educazione Civica, nun te temo!)

“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”, diceva Pirandello.

Certo, non aveva previsto che avremmo potuto incontrare pure tanti volti senza mascherina, riconoscibilissimi pirla negazionisti in cerca d’autore, e ben più di sei, di uno e di centomila (morti). Ma siccome in questa rubrica si prova, grazie al teatro, a maciullare la letteratura per renderla attività concretamente creativa in classe e in DAD, allora, a proposito di maschere, chi meglio di Pirandello può svelare i siparietti d’una questione cui gli adolescenti oggi sono attentissimi, cioè lo iato tra apparenza e realtà, tra come percepiscono sé stessi e come appaiono agli altri? E quindi, vai di Pirandello!

Chiedete a ogni alunno di mandarvi una propria piccola descrizione caratteriale, tre aggettivi sui pregi e tre sui difetti. Li raccogliete e poi con Wordcloud ci ricavate una nuvola di parole. Titolo: “Io mi vedo così”. Poi preparate su Google Moduli un quiz, con le stessa domande, ora però riferite ai tutti i compagni. Anche qui chiedete a ogni alunno di rispondere, indicando stavolta pregi e difetti di tutti gli altri, precisando – per i difetti -: “solo cose vere, costruttive e utili”. Per inciso, solo voi saprete chi dice cosa di chi. Raggruppate gli aggettivi e siamo al clou: proiettate sulla LIM tutti complimenti e le critiche di ciascuno, mantenendo rigoroso anonimato sui compilatori: brillante, opportunista, vero amico, manesco, simpaticissima, disponibile, vanitoso, si nota subito in classe i giorni in cui sei assente, quel tuo scherzo l’anno scorso m’ha fatto male e non mi hai chiesto scusa, ecc. Scontate le reazioni dell’alunno: “Ma io non sono proprio così!” e il commento divertito della classe “No, no: sei proprio così”. Se vi avanza tempo, caricate le parole su Wordcloud e ognuno avrà la sua nuvola di pregi e difetti (se vi va potete chiedere a Wordcloud di usare un volto, invece di una nuvola… diventerà davvero una “maschera di parole”): più spesso ricorre una parola riferita a un alunno, più grande comparirà nella nuvola (o nel volto stilizzato): Tutti gli altri ti vedono così”.

Eccolo, Pirandello: quanto è diversa questa maschera da come ognuno vede se stesso? Magari si può condire tutta l’attività con la lettura dei versi che il grande poeta Luciano Folgore (per me: il più grande del Novecento) scrisse per parodiarlo, Pirandello… e questo fatto che siamo una cosa diversa per ogni persona con cui entriamo in relazione, e sempre diversi da ciò che eravamo in passato e ciò che saremo in futuro… e bla bla bla:

“Se in virtù del mutamento
ogni donna interessante
è diversa ad ogni istante
piglia moglie, e n’avrai cento!
Onde il nodo coniugale,
pur restando sempre quello,
crea, mediante il Pirandello,
il poligamo legale.
Se t’accoppo va da sé
che non io vado in galera,
ci va l’IO che prima c’era,
e che adesso più non v’è.
Egualmente e con successo
posso dire agli strozzini:
– Se rivogliono i quattrini
ch’han prestato a quel me stesso
ch’esisteva il mese andato,
si rivolgano nel preterito
a quel “ME” che senza merito
fu da lor beneficato! –“

Io l’ho fatto. Loro alla fine hanno capito e si sono pure divertiti. Figata!

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

I giorni dell'Ira

Un nuovo giorno dell’Ira: cos’è, cos’è che fa andare la filanda?

Cos’è, cos’è
Che fa andare la filanda
È chiara la faccenda
Son quelle come me

Giorni abbastanza convulsi determinano riflessioni sovrapposte. All’accelerazione vaccinale un po’ confusa, contrassegnata dalla divisa eccessiva del generale Figliuolo, si alternano le immagini di un 25 aprile pieno di bambini che a Milano reggono la bandiera arcobaleno fra il Piccolo Teatro e via Dante, o quelle dei comici che risalgono emozionati su un palco, sia pure in streaming. Ai nuovi naufragi nel Mediterraneo, tomba liquida dalle proporzioni ormai degne del mito greco, si affiancano saltimbanchi e tecnici di scena che vogliono essere finalmente riconosciuti dalla società.

Ma le voci che in questo periodo di serrata cronaca in diretta mi colpiscono di più sono quelle femminili, che annunciano, senza troppe cerimonie, che qualcosa è cambiato. Ma non abbastanza.

Lo dicono le socie di A.M.L.E.T.A. (un collettivo femminista intersezionale nato durante il lockdown e formato soprattutto da attrici) che snocciolano in una interessante mappatura alcuni dati impressionanti: solo il 21,6% degli spettacoli teatrali prodotti in Italia è firmato da donne; nessun teatro nazionale è diretto da donne e sono poche anche quelle che dirigono altri grandi teatri (6 su 25); le drammaturghe superano di poco il 20% rispetto ai colleghi; così anche le responsabili degli adattamenti; un po’ meglio va alle attrici, che tuttavia sono comunque meno degli attori, soprattutto nelle sale principali; oltretutto, sono fra le lavoratrici dello spettacolo più soggette a molestie e ricatti di natura sessuale, quasi sempre taciuti. Che bel quadretto, eh? Fateci caso, la prossima volta che andate a teatro.

Anche le fondatrici di AWI – Art Workers Italia sembrano rappresentare, con la loro utilissima associazione nata da un anno appena e volta all’assistenza e alla tutela delle lavoratrici e dei lavoratori del campo delle arti visive, una realtà tuttora incontrovertibile: spesso sono le donne, in genere pagate meno e meno tutelate, a mettere il dito nella piaga, a individuare concretamente un problema. Possibile che in Italia, il paese con il più vasto patrimonio artistico al mondo, nessuno abbia mai realmente pensato di richiedere e stilare una regolamentazione per attività essenziali al settore come la curatela, la scrittura di testi, la conservazione dei beni artistici, l’allestimento di mostre e opere d’arte, l’attività trasversale degli artisti?

Intanto, a proposito di donne, muore la Rossa, come la chiamava Jannacci. Milva era intelligente e poliedrica, protagonista di una carriera straordinaria, che la porterà dalle balere del Delta del Po a ricevere la Legion d’Onore in Francia. La sua determinazione a imparare ed evolvere le farà vivere una grande avventura brechtiana con Giorgio Strehler e la renderà capace di cantare in tedesco per i tedeschi, in francese per i francesi, in giapponese per i giapponesi, mandando tutti in delirio. Ma la Rossa aveva le idee chiare anche in fatto di politica: le sue interpretazioni di musica popolare, la versione ormai leggendaria di Bella Ciao, le molte incursioni nel femminismo, come con La Filanda, cover di un celebre pezzo portoghese, le valsero il rispetto dei suoi contemporanei e di tutti noi. La camera ardente allestita al Piccolo Teatro Strehler e l’iscrizione nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano sono il giusto riconoscimento per un’artista e una donna eccezionale.

Osservo una sarta di scena che cuce insieme scampoli colorati per una installazione nel Chiostro del Piccolo Teatro Grassi, dove fra poco terminerà la lunga occupazione delle lavoratrici e lavoratori dello spettacolo. Capisco che anche per lei, come in tanti ci hanno raccontato in questi lunghi mesi di immobilità, il suo lavoro è il più bello del mondo. Fra poco, i teatri riapriranno, un po’ acciaccati e guardinghi. Forse, finalmente, anche lo spettacolo dal vivo avrà maggiore dignità istituzionale. Nell’attesa, buono spettacolo… a tutti e a tutte.

 

  • Ira Rubini

    Nata in Belgio, vive a Milano. Studia insieme legge e teatro. A 20 anni inizia a scrivere per la TV e firma oltre 40 trasmissioni, come la diretta della notte degli Oscar in cui vinse Benigni. Come antidoto, scrive teatro (anche con Franca Valeri) e gira il mondo per fare documentari. Insegna teatrologia alla Paolo Grassi e coordina il corso di Sceneggiatura alla Luchino Visconti. La radio è il primo amore: esordisce a Radio Popolare a 14 anni, poi ci torna a condurre il quotidiano culturale. Lavora a RadioRAI e alla Radio Svizzera Italiana. A volte, le piace tornare in scena con l'ensemble Ottavo Richter.

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Appunti sulla mondialità

Paesi emergenti: i colossi dai piedi di argilla

Anche per i Paesi emergenti è arrivato il momento di pagare tributo al Covid-19. Nella prima parte del 2020 gli Stati più popolosi di quello che una volta si chiamava “terzo mondo” erano rimasti spettatori silenti della drammatica esplosione della pandemia in Cina, Europa Occidentale e poi negli Stati Uniti. Poi il coronavirus ha cominciato a dilagare in Brasile, in Indonesia, in Bangladesh, per arrivare all’attuale situazione fuori controllo in India. Tutti questi Paesi, pur avendo avuto mesi e mesi per prepararsi osservando le esperienze cinese ed europea, non hanno fatto nulla di concreto. In alcuni casi, come in Brasile, il governo ha diffuso false notizie e si è preoccupato di sabotare chi voleva prevenire la tragedia. Il caso indiano è in realtà ancora più paradossale, perché in questo momento l’India è il vero “laboratorio mondiale” di AstraZeneca: la multinazionale farmaceutica produce il 38% dei suoi vaccini in tredici laboratori dislocati in tutto il Paese. Nel complesso la capacità produttiva indiana è gigantesca, viene valutata in 3,5 miliardi di dosi all’anno, seconda solo agli Stati Uniti. Lo stesso vale per il Brasile, che fabbrica a São Paulo il Sinovac su licenza cinese ma che ha iniziato la vaccinazione solo mesi dopo avere raggiunto la testa della classifica mondiale per numero di decessi giornalieri.

Sono questi i chiaroscuri dei Paesi emergenti, ai quali si può aggiungere la Russia che ha sviluppato un vaccino molto efficace, o almeno così pare, esportandolo in 38 Paesi, ma che i russi non vogliono (o non possono) farsi iniettare. Da un lato ci sono capacità scientifiche e produttive alla pari con quelle dei Paesi occidentali, dall’altro strutture sanitarie scadenti o inesistenti per i cittadini poveri, di buon livello solo per chi può pagarle. A tutto ciò si deve sommare l’impreparazione delle classi politiche, un dato se vogliamo universale ma che in alcuni di questi Stati rasenta la negligenza criminale, come nel Brasile di Bolsonaro o nell’India di Modi. Aggiungiamo ancora le condizioni precarie di vita, l’affollamento abitativo, la mancanza di acqua e di denaro per acquistare i dispositivi di prevenzione, e infine il disastro sociale che si crea quando la massa enorme dei lavoratori cosiddetti informali, cioè in nero, deve rimanere chiusa in casa per il lockdown. In Brasile ormai il tema è la fame, non più la pandemia che pure continua a dilagare. Il governo e le Ong devono dividere gli sforzi per sfamare milioni di persone e contemporaneamente procedere con la vaccinazione.

Ciò che sta accadendo ai “giganti emergenti” colpiti dalla pandemia mette a nudo le contraddizioni del processo di transizione sociale ed economica ancora in corso in molti di questi Stati, dove un imprevisto, anche meno drammatico della pandemia, o un governo maldestro possono fare rimpiombare milioni di persone addirittura nella fame. La situazione attuale racconta anche l’esiguità di ciò che la globalizzazione lascia in questi Paesi, dove sono stati delocalizzati servizi e industrie inseguendo esclusivamente il basso costo della manodopera. Per i cittadini non esiste quasi nessuna capacità di risparmio: si vive di precariato permanente e circa il 40% dei lavoratori è in nero o improvvisa attività informali di vendita ambulante. Per questo i Paesi emergenti rimangono colossi dai piedi di argilla, che possono alimentare ciclicamente le fiammate rialziste del mercato mondiale, ma si trascinano un’eredità di disuguaglianze e cattiva gestione che nei momenti di crisi vanifica ogni risultato raggiunto. Non è dato sapere quali saranno, alla fine, le lezioni apprese da questa pandemia: ma si può scommettere che poco o nulla cambierà non appena soffierà il vento della ripartenza economica e si saranno dimenticati i lutti. Fino alla prossima crisi

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Gli invisibili

Primo Maggio alla Henkel

La Henkel di Lomazzo diventa il simbolo della lotta delle lavoratrici e dei lavoratori lombardi.
Una battaglia contro le multinazionali, negli ultimi tempi tedesche, che decidono di ristrutturare, chiudere e abbandonare il territorio per delocalizzare la produzione in paesi dove costa meno senza che nessuno riesca a fermarle.
Questo nel momento buio e drammatico della pandemia.

Qui, in provincia di Como, circa 160 lavoratori diretti e dell’indotto rischiano di perdere il posto di lavoro perché l’azienda ha deciso di chiudere lo stabilimento entro giugno e spostare la produzione nel sito di Ferentino in provincia di Frosinone, gli ottimi risultati economici, cioè un aumento del fatturato fra il +4,5 e il 5,5%, non sono bastati.

Fermare l’esodo di queste grandi multinazionali si può in due modi: o con delle leggi che facciano pagare caro a queste aziende la chiusura dei siti produttivi o con la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori.

Lo testimonia quanto accaduto alla Voss Fluid di Osnago fabbrica nel Lecchese, anch’essa di proprietà tedesca, dopo mesi di scioperi e trattative, grazie al ricorso ad ammortizzatori sociali, incentivi all’esodo e ricollocamenti, si è giunti ad un accordo che ha scongiurato il licenziamento di 70 dipendenti
Per continuare a lottare e far sentire la propria voce, oggi numerosi lavoratori di diversi settori in grave crisi, insieme ai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil, si sono radunati davanti ai cancelli della Henkel per celebrare il Primo maggio.
Nemmeno la pioggia battente è riuscita a scoraggiarli.

Dal palco allestito per l’occasione si sono alternate le testimonianze di persone che oltre a dover affrontare quotidianamente il dramma della pandemia rischiano di trovarsi anche senza lavoro.
È quello che stanno vivendo i circa 500 dipendenti della multinazionale farmaceutica Teva intenzionata a chiudere i due stabilimenti lombardi di Bulciago e Nerviano.

“E’ necessario un intervento forte del Governo nelle trattive aperte con le multinazionali. A livello nazionale Ilva e Whirlpool sono due casi emblematici in questo senso”. Dice il Segretario Generale della Cgil Lombardia Alessandro Pagano secondo il quale gli obiettivi principali restano l’occupazione, reddito e prospettive per garantire ai lavoratori una vita dignitosa.
In Italia, secondo l’Istat, sono quasi 900 mila gli occupati persi dall’inizio della pandemia fino a marzo 2021, una situazione destinata ad aggravarsi drammaticamente in caso di mancato rinnovo del blocco dei licenziamenti da parte del Governo previsto per il 30 giugno.

In questo senso l’appello dei sindacati confederali per una proroga almeno fino a fine anno per scongiurare un vero e proprio dramma sociale.

  • Filippo Robbioni

    Nato a Milano l’11 maggio 1988, giornalista pubblicista laureato in Scienze politiche con una tesi sul saggio “Breve trattato sulla decrescita serena” di Serge Latouche. Da 3 anni e mezzo a Radio Popolare per “Metro Regione”, “Snooze”, “37e2” e “Prisma”. Grande appassionato di calcio, sport e cronaca, ama ascoltare le persone e raccontare le loro storie.

ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio mercoledì 12/11 19:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 12-11-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve mercoledì 12/11 18:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 12-11-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di mercoledì 12/11/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 12-11-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di mercoledì 12/11/2025 delle 19:48

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 12-11-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    The Box di mercoledì 12/11/2025

    la sigla del programma è opera di FIMIANI & STUMP VALLEY La sigla è un vero e proprio viaggio nel cuore pulsante della notte. Ispirata ai primordi del suono Italo, Stump Valley e Fimiani della scuderia Toy Tonics, label berlinese di riferimento per il suono italo, disco e house, ci riportano a un'epoca di neon e inseguimenti in puro stile Miami Vice, un viaggio nella notte americana alla guida di una Ferrari bianca. INSTAGRAM @tommasotoma

    The Box - 12-11-2025

  • PlayStop

    News della notte di mercoledì 12/11/2025

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 12-11-2025

  • PlayStop

    Doppio Click di mercoledì 12/11/2025

    Doppio Click è la trasmissione di Radio Popolare dedicata ai temi di attualità legati al mondo di Internet e delle nuove tecnologie. Ogni mercoledì approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. Ogni settimana approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. A cura di Marco Schiaffino.

    Doppio Click - 12-11-2025

  • PlayStop

    Il giusto clima di mercoledì 12/11/2025

    Ambiente, energia, clima, uso razionale delle risorse, mobilità sostenibile, transizione energetica. Il giusto clima è la trasmissione di Radio Popolare che racconta le sfide locali e globali per contrastare il cambiamento climatico e ridurre la nostra impronta sul Pianeta. Il giusto clima è realizzato in collaborazione con è nostra, la cooperativa che produce e vende energia elettrica rinnovabile, sostenibile, etica. In onda tutti i mercoledì, dalle 20.30 alle 21.30. In studio, Elena Mordiglia e Marianna Usuelli, in redazione Lorenzo Tecleme e Gianluca Ruggieri.

    Il giusto clima - 12-11-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte delle Venti di mercoledì 12/11/2025

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 12-11-2025

  • PlayStop

    Esteri di mercoledì 12/11/2025

    Il giro del mondo in 24 ore. Ideato da Chawki Senouci e in onda dal 6 ottobre 2003. Ogni giorno alle 19 Chawki Senouci e Martina Stefanoni selezionano e raccontano fatti interessanti attraverso rubriche, reportage, interviste e approfondimenti. Il programma combina notizie e stacchi musicali, offrendo una panoramica variegata e coinvolgente degli eventi globali.

    Esteri - 12-11-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte di mercoledì 12/11 18:35

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 12-11-2025

  • PlayStop

    Poveri ma belli di mercoledì 12/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 12-11-2025

  • PlayStop

    "L’identità e il suo significato" nel nuovo album di Billie Marten

    "È un disco che parla dell'identità e del suo significato. Di quando scopriamo la nostra vera identità e di come, in realtà, una vera identità non esista: siamo in continuo cambiamento", ha raccontato Billie Marten ai microfoni di Volume. Per questo lavoro Billie Marten si è trasferita per qualche mese a Brooklyn, avendo voglia di registrare con nuovi musicisti, scoprendo nuovi lati della sua musica. Tornata in America per il tour, è rimasta molto colpita: "È stato scioccante vedere quanto l'America sia cambiata in così poco tempo. Ho visto un arresto dell'ICE in un parcheggio proprio davanti a me. Posso garantire che nei prossimi anni usciranno un sacco di album su tutto questo". L'intervista di Niccolò Vecchia a Billie Marten.

    Clip - 12-11-2025

  • PlayStop

    Vieni con me di mercoledì 12/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 12-11-2025

  • PlayStop

    Volume di mercoledì 12/11/2025

    I brani più belli dell'ultima settimana e l'intervista a Billie Marten sul suo nuovo album, a cura di Niccolò Vecchia. Il concerto dei Massive Attack di domani a San Paolo, in contemporanea con il COP30, e il quiz cinematografico oggi sul film "Fuori Orario" di Martin Scorsese

    Volume - 12-11-2025

Adesso in diretta