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Stefano Bollani presenta Piano Variations on Jesus Christ Superstar

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Stefano Bollani

Stefano Bollani è tornato con un lavoro ambizioso e particolare: Piano Variations on Jesus Christ Superstar, una rivisitazione inedita e strumentale per pianoforte dell’iconica opera rock composta da Andrew Lloyd Webber con testi di Tim Rice cinquant’anni fa.

L’intervista di Ira Rubini a Stefano Bollani a Cult.

Jesus Christ Superstar ha sempre significato moltissimo per noi. E forse, a 50 anni di distanza, in questo momento ha un significato ancora più importante?

Jesus Christ Superstar è il racconto di un mito favoloso transreligiosa che riguarda tutti noi perché parla di noi stessi. Io in quella storia, che arriva principalmente dai vangeli apocrifi, vedo questo Gesù come una rappresentazione del mistero e un mistero è anche quello che stiamo affrontando noi in questo momento. Vedo Giuda che tradisce questo mistero, vedo Pilato ed Erode che schiacciano questo mistero per paura. Vedo gli apostoli che cercano di capirci qualcosa e ci mettono molta testa. E vedo Maria Maddalena che invece abbraccia e ama questa creatura senza neanche sapere perché. Capisce che è qualcosa di diverso da un amore terreno.
In questo momento penso che dovremmo essere tutti Maria Maddalena: dovremmo riuscire ad accogliere il mistero e non aver paura del futuro.

Questo Jesus Christ Superstar non è una trascrizione. Si tratta dell’approccio di Stefano Bollani con il corpus di Jesus Christ Superstar.

Sì, l’approccio è quello usuale per me. Forse per la prima volta, però, mi sono trovato in una struttura predefinita e anche un elemento narrativo importante. Ho tenuto la stessa scaletta, ma l’ho eseguito in studio tutto in colpo, andando poi a risistemare alcune canzoni che non mi avevano convinto.
L’effetto è quello del one-shot perché volevo mantenere un’attenzione narrativa e divertirmi a divagare e mettere l’accento su un accordo o un ritmo ed usarlo poi per andare da un’altra parte. Jesus Christ Superstar è farcito di informazioni che vengono dal jazz, dal rock, dall’opera e da Stravinskij.
Io, come un minatore, non ho fatto altro che andare a cercare e portare allo scoperto alcune pepite che mi piacevano.

So che hai usato un pianoforte particolare per questo lavoro.

Sì, un pianoforte accordato con il La a 432 hertz invece che a 440 o 442 come si usa nel Mondo. Una volta si usava il 432, a me piace molto perché il suono è più caldo e in questa mia scelta mi confortano anche scienziati ed esponenti della comunità spirituale. È un numero molto presente in natura, si ritrova nella formazione dell’universo in cui viviamo.

Tu sei sempre stato anche un grande divulgatore della musica e secondo me questo album potrebbe essere uno strumento per i giovani per scoprire un modo di essere.

Sì, e anche per scoprire una rock opera originale. Tocca dei temi profondi. Andrew Lloyd Webber e Tim Rice sono stati tra i più coraggiosi ad inventarsi un concept album così ambizioso pensato come un’unica narrazione. C’è un’ambizione che fa bene scoprire anche oggi.

Questo è un lavoro che, in qualche modo, sancisce la dichiarazione d’amore tra te e la tua generazione e e quest’opera rock.

Proprio per questo motivo volevo che rimanesse intimo. Piano solo, c’è solo una canzone cantata come se Giuda la sussurrasse all’orecchio di Gesù all’ultima cena. Nel coro sono accompagnato da mia figlia, mia sorella e mia moglie, che si è occupata anche dei disegni e della grafica del disco.

Ci suggerisci una tecnica di resistenza culturale per questo momento particolare e difficile?

Io ho provato una tecnica: dipingersi il Mondo come vorremmo che fosse. È il modo migliore affinché questo accada. Lamentarsi per quello che non va, come lamentarsi delle privazioni che stiamo subendo perché siamo costretti a casa, si può fare per 5 minuti, ma non serve a niente. La tecnica di resistenza è vedere l’opportunità clamorosa che abbiamo davanti. Tutti là fuori stanno facendo nel loro meglio, non dobbiamo farlo in casa. Usiamo questo tempo per capire qual è il nostro meglio. Io, come musicista, posso studiare e applicarmi di più. Chiunque può lavorare sul proprio essere spirituale.

Foto di Valentina Cenni dalla pagina Facebook di Stefano Bollani

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    Redazione
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    Il Maestro, caduta e rinascita di un ex divo del tennis nella Roma degli anni ‘80

    Raul Gatti è un ex campione del tennis caduto in disgrazia, alcolista e disoccupato, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film Il Maestro: “Ho seguito il tennis fin da ragazzo e mi sono subito affezionato a questo personaggio perdente, il più fallito che ho interpretato nella mia vita. Perché anche quelli che ho rappresentato in passato, per quanto fossero decaduti, avevano comunque un atteggiamento da vincenti”. Siamo negli anni ‘80 e Gatti viene assoldato per allenare un giovanissima promessa, Felice Milella, un ragazzino di 13 anni con i numeri per partecipare ai match più prestigiosi. Il regista Andrea Di Stefano aveva questo progetto nel cassetto molto prima che il tennis tornasse ad essere uno sport di moda: “Ho scritto questa sceneggiatura nel 2006, l’ho depositata e abbiamo le prove – ironizza il regista. Doveva essere il mio primo lungometraggio, prima ancora di realizzare L’ultima notte di Amore, con Pierfrancesco Favino, a cui avevo già pensato allora per questo personaggio di divo decaduto”. L'intervista di Barbara Sorrentini al regista Andrea Di Stefano e a Pierfrancesco Favino.

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