Una mostra bella e importante rende omaggio, fino al 18 giugno, al geniale artista americano diventato un’icona della contemporaneità. 110 opere, alcune inedite e mai esposte in Italia, molte di grandi dimensioni provenienti da varie parti del mondo, da musei e collezioni private.
Keith Haring, classe ’58, nato in Pennsylvania, si avvicina all’arte fin da bambino grazie al padre, ingegnere con la passione del fumetto. Negli anni ’80 approda a New York, poco più che ventenne e inizia a suscitare attenzione per i suoi graffiti nella metropolitana, anche l’attenzione della polizia che più volte lo arresta. In quegli anni nasce il suo “radiant baby”, figurina che ritroviamo in quasi tutte le sue opere e che simboleggia l’energia e la vitalità in un mondo negativo.
I suoi messaggi sono contro il razzismo, la minaccia nucleare, la discriminazione delle minoranze, l’arroganza del potere e il dilagare dell’Aids.
A New York conosce Andy Warhol, Basquiat, Madonna e tutto il mondo effervescente di quegli anni. Produce una quantità di opere impressionante e partecipa alle più prestigiose manifestazioni: le Biennali, Documenta7 a Kassel e mostre importanti in tutto il mondo.
Nel 1987 gli viene diagnosticata l’Aids, nonostante ciò continua la sua produzione compulsiva, come spinto dalla consapevolezza di avere poco tempo e tanto da dire. Quando muore ha solo 31 anni. Alla sua scomparsa lascia una quantità di opere incredibile e la sua idea di “arte per tutti”.
Il titolo, “About Art”, si riferisce al percorso della mostra che mette in evidenza come l’arte di Haring si sia spesso riferita a opere di autori di epoche diverse. Era un grande conoscitore e amante della storia dell’arte e il curatore della mostra Gianni Mercurio ha proprio voluto evidenziare questo aspetto: come Haring si sia ispirato all’arte tribale ed etnografica, al lavoro di artisti come Leonardo, ma anche Picasso, Pollock, Dubuffet, Klee, di cui vediamo in mostra alcune opere accostate al lavoro di Haring.
Ovviamente ha reinterpretato con il suo stile unico e inconfondibile le opere degli artisti che amava. Uno stile che fece sì che le sue opere finissero su magliette, tazze, borse e sugli oggetti più vari, ma a chi lo rimproverava di essere troppo commerciale rispondeva che l’arte deve arrivare a tutti e questo era veramente il suo obiettivo, il risvolto commerciale non lo interessava.
Certo Keith Haring divenne un’icona di artista-attivista globale e forse si può rimproverare alla mostra di evidenziare poco questo aspetto di ribellione e il suo impegno contro l’Aids. Tranne nell’ultima stanza dove due bellissimi video ce lo mostrano mentre viene arrestato per i graffiti in metropolitana.
Come dicevamo, scomparve giovanissimo e lasciò la Keith Haring Foundation che per sua volontà ha tra i suoi obiettivi quello di aiutare e sostenere concretamente i bambini e i giovani in difficoltà e i malati di Aids.
Una grande mostra che vale la pena di non perdere.
Ascolta qui l’intervista con il curatore Gianni Mercurio