Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Martedì 24 marzo 2020

epidemia coronavirus

Il racconto della giornata di martedì 24 marzo 2020, attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19,30.

Il nuovo decreto del governo Conte

(di Anna Bredice)
Un decreto che faccia ordine nei rapporti tra Governo e Regioni, tra Governo e Parlamento e che fa rientrare in un decreto legge tutti quelli emessi direttamente dal Presidente del consiglio. Questo è ciò che ha presentato oggi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante una conferenza stampa, questa volta vera, con le domande dei giornalisti, durante la quale ha anche promesso che ci saranno degli aggiustamenti in quella lista di aziende che potranno rimanere aperte.
Aggiustamenti nel senso chiesto dai sindacati, dai quali si aspetta che facciano rientrare gli scioperi annunciati per domani, senza bisogna, e su questo Conte dice di essere ottimista, di arrivare a precettarli. Oltre a questo però Conte ha voluto precisare una notizia che è girata nel corso del pomeriggio tra le tv e i siti e che ha contribuito a creare ulteriore ansia, e cioè che le misure restrittive che il Governo ha imposto durerebbero fino al 31 luglio: non è così, si seguirà l’andamento dell’epidemia e il Governo è pronto a modificarle e rallentarle se il contagio si ridurrà, ma è la cornice temporale entro cui inserire lo stato di emergenza nazionale per motivi sanitari deciso due mesi fa.
La cornice del decreto approvato oggi fa rientrare dentro tutte le misure prese finora, stabilendo che le Regioni potranno decidere ulteriori restrizioni o modifiche, dietro il consenso del Governo e per la durata di 7 giorni. Si cerca quindi di mettere un ordine a quel contrasto soprattutto tra la Regione Lombardia e Governo dentro al quale spesso si è infilato per ragioni strumentali Salvini. E poi c’è il rapporto con il Parlamento, già domani Conte andrà alle Camere per riferire della situazione in questo momento e ha comunicato che lo farà ogni 15 giorni, coinvolgendo nella conversione dei decreti, come giustamente è dovuto, le opposizioni.

Il lavoro non essenziale e i “furbetti del decretino”

(di Massimo Alberti)

Il problema delle tante persone in circolazione resta indissolubilmente legato al lavoro non essenziale. Secondo uno studio della fondazione Sabbatini, il 40,3% dei lavoratori “consentiti” dal decreto del governo, è in realtà impiegato in filiere non essenziali. Andando a riempire strade e mezzi pubblici. Gli statistici dell’Osservatorio sulla mobilità COVID-19 dell’Università di Bergamo monitorano il tracciamento delle celle telefoniche – quelle con cui la regione Lombardia allarmò sul 40% dei lombardi in movimento – e rilevano che gli spostamenti crollano e aumenta la distanza tra le persone, il sabato e la domenica, quando chiudono le imprese non essenziali considerato che la stragrande maggioranza dei servizi essenziali funziona anche il fine settimana.
Il Decreto ha maglie larghe: consente, ad esempio, di stare aperto a chi produce profumi, denuncia il sindacato. È in questo contesto che arrivano i “furbetti del decretino”: chi non potrebbe produrre, ma ci prova.
Sono numerose le tante segnalazioni in merito a Radio Popolare nelle ultime ore. Un’azienda del Milanese lontanamente legata alla filiera alimentare – tanto lontana che i codici non rientrano nelle attività fondamentali – è già partita con l’autocertificazione al Prefetto, contando che i controlli difficilmente arriveranno.
Stesso discorso per un’azienda metalmeccanica del Bresciano: anche lì niente codici “autorizzati”, ma autocertificazione che “tanto finché non ci controllano possiamo lavorare, tenete d’occhio alle mail”, il messaggio agli operai. Un’apposita circolare del Ministero dell’Interno si limita ad invitare i Prefetti a verificare con celerità, ma senza sanzioni.

Mascherine a tutti gli operatori sanitari entro il 30 marzo

(di Michele Migone)

L’hanno chiamata guerra, ma la stiamo combattendo senza le armi adeguate. “Sulle mascherine siamo arrivati tardi” – ha ammesso il Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli – “Dovremmo venderle ad ogni angolo, ma stiamo faticando“. Che il ritardo sia drammatico lo dicono le testimonianze degli operatori sanitari che hanno denunciato la carenza di mascherine. Proprio loro, che sono in prima linea, sono stati i primi a vivere sulla propria pelle l’inadeguatezza con cui il paese si è presentato all’appuntamento con l’epidemia.
Per settimane la Protezione ha arrancato. Per settimane c’è stato un fai da te da parte di Regioni, Comuni, ospedali. C’è chi ha provato a comprarle all’estero, c’è chi si è rivolto ad aziende private. Una rincorsa affannata. Il decreto che dichiarava l’emergenza sanitaria è del 31 gennaio, ma in un primo momento sia le autorità politiche e in parte anche quelle scientifiche non le consideravano una priorità.
Angelo Borrelli da una parte fa autocritica, ma dall’altra punta il dito contro la burocrazia e i Paesi esportatori e di transito. Le commesse per milioni di pezzi sono state bloccate. C’è poi stata una forte speculazione. Il fatto è che l’Italia non le produce, le aziende dedicate sono poche e fino a poco fa il business non interessava. È uno dei motivi della nostra impreparazione.
Per il commissario straordinario Domenico Arcuri il fabbisogno italiano è ora di 90 milioni di mascherine al mese. Ha promesso che entro oggi tutti gli operatori sanitari l’avrebbero avuta e che entro il 30 marzo l’avranno tutti gli italiani. Possibile? I conti tornano a fatica. Fino a qualche giorno fa la Protezione Civile aveva distribuito cinque milioni di pezzi. Basterà il lavoro del consorzio di imprese italiane che, secondo Arcuri, produrrà la metà del fabbisogno? Ma in quanto tempo? Comunque sia, per migliaia di persone sarà stato troppo tardi.

L’appello di Sergio Mattarella agli italiani

(di Luigi Ambrosio)

È la terza volta nel giro di un mese che il Capo dello Stato parla agli italiani invocando l’unità. Questa volta, anniversario delle Fosse Ardeatine, Mattarella fa un parallelo tra gli anni del dopoguerra e la pandemia: “Al termine di quegli anni terribili l’unità del popolo italiano consentì la rinascita. La stessa unità che ci è richiesta oggi“.
Le misure di contenimento del virus si potrebbero fare ancora più dure. E i tempi si potrebbero allungare. Il sacrificio richiesto è grande. Il Quirinale anche stavolta però è più preoccupato di come si comportano i partiti, perché gli italiani stanno dimostrando responsabilità, i partiti meno.
Non è piaciuta a Mattarella la sceneggiata delle opposizioni che volevano far credere che il Parlamento fosse chiuso e la democrazia sospesa. Matteo Salvini è andato due volte al Colle per lamentarsi e il messaggio di oggi è una risposta: smettila di usare le Regioni come ariete contro il Governo e casomai collabora.
Di cambiare Governo o di allargare la maggioranza non se ne parla. Conte ha smentito chi lo considerava incapace di prendere decisioni difficili. Le parole di Goffredo Bettini non vanno molto lontano da quello che pensa Mattarella: dalle opposizioni ci si aspetta collaborazione sui dossier più importanti legati al coronavirus. Salvini e Meloni si devono assumere le loro responsabilità.

Il punto sull’ospedale COVID-19 alla Fiera di Milano

(di Fabio Fimiani)

È sempre più in là e indefinito l’ospedale COVID-19 alla Fiera di Milano. Il consulente della Regione Lombardia Guido Bertolaso e il suo gruppo di lavoro ipotizzavano per la fine della prossima settimana di inaugurare i primi posti della struttura. Adesso il Presidente della Lombardia Attilio Fontana spera non vi siano ulteriori ritardi dovuti alla salute dell’ex responsabile della protezione civile nazionale, positivo al coronavirus e con una lieve febbre.
Il progetto continua però a rimanere vago nei tempi e nelle strutture. Bertolaso ipotizzava in un video della Regione l’inaugurazione di quattro moduli, senza specificare da quanti posti letto, attorno al 4 o 5 aprile, in tutto alla fine dovrebbero essere duecento, duecento cinquanta. Anche in questo caso senza indicare una data. All’inizio dovevano essere seicento, poi ridotti a quattrocento.
In Lombardia finora sono arrivati dalla Protezione Civile 320 respiratori, circa la metà di quelli che hanno permesso quasi di raddoppiare i posti di terapia intensiva in Lombardia. Altri sono stati procurati da donazioni dal sistema industriale e delle associazioni caritatevoli, oltre che dalla Regione. Altri 190 arriveranno dal governo entro la prima settimana di aprile.
La centrale acquisti pubblici della Lombardia finora incontra difficoltà sul mercato internazionale almeno come la Protezione Civile Nazionale, all’inizio della pandemia era stata usata come simbolo di efficienza nelle polemiche con il governo.
La risposta all’emergenza continua pertanto ad arrivare dagli ospedali da campo della Protezione Civile, esercito o ong realizzati accanto a quelli pubblici esistenti. Oppure dalle donazioni private, come al San Raffaele di Milano, dove le tensostrutture del centro sportivo sono diventate rianimazioni per pazienti COVID-19.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

    Clip - 01-07-2025

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    quando le piante dei nostri balconi tirano un sospiro di sollievo, perché finalmente qualcuno che la sa lunga ci spiega come e quando bagnarle, come trattarle, reinvasarle, esporle al sole. Ospite della puntata Ambra Pagliari (pianteinveranda su Instagram). A seguire microfono aperto con tutti gli scempi da pollice nero di cui siete e siamo capaci. Con Vittoria Davalli e Alessandro Diegoli

    Poveri ma belli - 01-07-2025

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    Almendra è fresca e dolce. Almendra è defaticante e corroborante. Almendra si beve tutta di un fiato. Almendra è una trasmissione estiva di Radio Popolare in cui ascoltare tanta bella musica, storie e racconti da Milano e dal mondo, e anche qualche approfondimento (senza esagerare, promesso). A luglio a cura di Luca Santoro, ad agosto di Dario Grande.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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    Il podcast di Francesco Tragni e Giuseppe Fiori registrato dal vivo a Germi. Enrico Gabrielli è stato il secondo ospite che ha raccontato quali sono i suoi vinili di riferimento: polistrumentista, compositore e arrangiatore, ha collaborato con artisti come Muse e PJ Harvey, e fa parte dei gruppi Calibro 35, Winstons e Mariposa (in passato anche negli Afterhours). Complessivamente compare in oltre 200 dischi. Ha anche suonato il flauto traverso nella sigla di Dodici Pollici.

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