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Tra Buddha e Jimi Hendrix

Natura, rivoluzione interiore e Rolling Stones

Da quasi un anno mi sono trasferito in una casa indipendente di fronte a un bosco, lontana dal delirio e dal rumore della città. Verde, alberi, fiori, frutti e profumi che pensavo non esistessero più. Da tempo sentivo dire: “Non esistono più le stagioni”. E quasi ci credevo. Balle. Magari non esistono più in città, nel grigiore di palazzi, uffici e supermercati che hanno tutto e tutto l’anno. Ma in campagna le stagioni ci sono eccome, e te ne accorgi inequivocabilmente. Il ciliegio davanti a casa lo abbiamo visto spoglio in inverno, colorarsi di fiori bianchi come manna a marzo, ed ora è pieno di piccole e gustose ciliegie rosse. E così è stato per il nespolo, le amarene e così via.
Nel verde la vita e il suo ciclo assumono tutta un’altra connotazione. Con mia moglie desideravamo che i nostri bimbi crescessero sporcandosi le mani nella terra e non solo sulla tastiera di un ipad o di un cellulare. Qua su ti svegli e vai a dormire col rumore dei grilli, la sera passano a salutarci i daini e di notte il grugnito incessante annuncia l’arrivo di un gruppo di cinghiali che, affettuosamente, ho ribattezzato “i ragazzi”.
Con i vicini – in tutto due famiglie, anche loro con bambini – abbiamo messo su una piccola comune. Ci si aiuta, si chiacchiera, si sta intorno al fuoco a bere vino onesto raccontando storie e guardandosi negli occhi. Non siamo i soli ospiti, comunque. Due vasche d’acqua al lato sentiero ospitano una tartaruga che sembra un dinosauro, ranocchie più verdi di una pianta di marijuana, pesci rossi, fiori di loto e due carpe giapponesi che abbiamo chiamato Sid e Dharta. Se ne occupa Chri, per tutti “il sindaco” perché è sempre pronto a occuparsi di far star bene tutti quanti. A coadiuvarlo nel far funzionare le cose e nell’insegnarmi un po’ di lavoro manuale ci sono Sumo detto “l’ambasciatore” e Sergio “il druido”. Il primo è un restauratore dalle mani d’oro, con gli occhi buoni e la fissa per i Rolling Stones. Il druido invece è il druido e basta, perché grazie ai suoi intrugli nel suo orto cresce di tutto, dal limone caviale all’ultimo sperduto frutto che vi viene in mente. Pensato? Ecco, nel suo orto cresce.
C’è un sacco da fare quassù, tra il giardino, l’orticello e tutto quanto, la sera io e mia moglie alle 10 siamo già a letto stanchi morti. Praticamente vado in branda all’ora in cui una volta uscivo, e mi sveglio quando una volta andavo a dormire.
Questa cosa mi piace, è come esplorare un’altra parte di tempo e spazio che prima non conoscevo.
Le tante cose da fare, la bellezza della natura e dello stare fuori, poi, hanno anche un altro merito: ci allontanano dalla TV, dai social, dal mondo non più mondo di internet.
Già televisione se ne vedeva poca, ora proprio zero. Niente TG, solo qualche film o documentato.
Ebbene, abbiamo scoperto che nella tranquillità, lontano da cemento, opinionisti e strilli, la mente diventa un po’ più lucida, silenziosa e a fuoco.
E in questo momento di scontri, consapevolezza del mondo col fiato corto, liti su tutto quanto, questo silenzio non è solo piacevole. È necessario.
E col fuoco che scoppietta, nella mia capanna nel bosco – parafrasando Terzani l’ho definita affettuosamente “gompa” e dipinta di giallo e rosso – l’unico rumore che sento è quello del vento, che mi bacia i capelli mormorando una poesia.

“E sali verso la montagna
Un passo dopo l’altro
Il piede sulla terra
a schiacciare la paura
Albero dopo albero
Roccia dopo roccia
Il sole a sciogliere quel nodo
Che puzza di terrore”

E allora mi è chiaro che il Buddha ha sempre avuto ragione. L’unica rivoluzione possibile è quella interiore. Ma per sentirsi, ascoltarsi, annusarsi e guardarsi veramente dentro serve silenzio. Bisogna spegnere non accendere. Sbucciare e semplificare. Ripartire dalla natura, dai suoi consigli e dalle sue regole.
E il resto poi arriva…
Gary Snyder – sì quello immortalato da Jack Kerouac ne “I Vagabondi del Dharma” – grande poeta e attivista per l’ambiente americano scrive: “Come poeta coltivo i valori più arcaici che ci siano. Risalgono al tardo Paleolitico: la fertilità della terra, la magia degli animali, la visione di potere nella solitudine, l’iniziazione terrificante e la rinascita, l’amore e l’estasi della danza, il lavoro comune della tribù”.
Rassicura l’idea di ripartire da lí: Natura, rivoluzione interiore e Rolling Stones!

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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Mia cara Olympe

Da Gardaland all’Essex c’è un filo rosso

Cosa hanno in comune l’aggressione e le molestie sessuali sul treno di ritorno dal Garda lo scorso 2 giugno ad un gruppetto di giovanissime ad opera di ragazzi e al grido – riferiscono le cronache – ‘Qui è Africa, voi siete bianche, non vi vogliamo’ e l’ultimo dei femminicidi  di cui è stata vittima, nella contea dell’Essex in Inghilterra, una docente universitaria italiana uccisa dal marito, secondo i media, ‘invidioso’ di un suo maggior successo professionale?

All’apparenza poco o nulla: diversi i pesi e gli esiti delle due vicende, diversi i contesti, le dinamiche – lì la logica del branco in uno spazio pubblico, qui la scena purtroppo consueta di un uomo che toglie la vita alla sua partner nel chiuso di una villetta ‘tranquilla’ – diverse le domande che il primo episodio suscita e che hanno, anche, a che fare con la vita delle seconde o terze generazioni di immigrati in Italia.

Eppure il filo rosso c’è e conduce ancora una volta alla grande questione dell’autorizzazione maschile:  un’autorizzazione interiore e antica a violare il corpo femminile nelle mille maniere in cui si può farlo, e al contempo moderna perché oggi a essere violata è, oltre al corpo, una raggiunta libertà delle donne. La libertà di  vivere in autonomia, di decidere, di attraversare il mondo, sia per tornare a casa con le amiche da una gita a Gardaland sia per condurre la propria vita tra l’università di cui si è docente apprezzata, lo era Antonella Castelvedere, e quella villetta in cui cresce una piccola figlia.

È questo il cuore del problema: oltre le circostanze, le questioni culturali e sociali, oltre quelli che chiamiamo  ‘moventi’ e che talvolta servono a non vedere lucidamente la trama comune della violenza maschile contro le donne che si va facendo più dura, perché è esercitata da chi vede o comunque percepisce che il privilegio patriarcale di cui generazioni di maschi hanno goduto si va incrinando. Il nocciolo duro sta lì e rimanda tutta l’urgenza di fare di più e meglio per  interrogare questa violenza, per svelarne le forti radici  e i tanti alibi di cui si ammanta. Compito della comunità certo, compito non eludibile degli uomini.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Breaking Dad

La fine delle Elementari

Succede che manchi meno di una settimana alla fine delle Elementari. Ne sono assolutamente certo, ho fatto bene i calcoli: mercoledì prossimo accadrà. Ora, è vero che era già capitato con Figlio Uno (che poi ha finito pure le Medie ma alzi la mano chi ha provato la stessa cosa alla fine delle Medie). Già era stata una bella botta. Ma c’era il secondo tempo, accidenti. Invece adesso no, è proprio finita.

Questi giorni stanno passando in un’atmosfera un po’ sospesa. Tra cerimonie di saluto, preparazione dello spettacolo finale, vaghi discorsi su quello che lo aspetterà a settembre. Sì, certo, molti compagni e compagne li ritroverà, la scuola è ancora nel quartiere, non si va lontani. E poi c’è la voglia e il bisogno di provare cose nuove, di mettersi alla prova. Ma in realtà lo sappiamo bene cosa lo aspetterà: il non essere più bambini. La fine delle Elementari segna proprio questo. Ma voi vi rivolgereste a un alunno (o si dice già “studente”?) di prima o seconda media chiamandolo “bambino”? No, con tutta evidenza non lo è più. Io lo so e, secondo me, anche lui se ne rende conto, o forse non del tutto, chissà.

“Alle medie, papà, si va a scuola da soli?”. Bè, sì, direi che non ci sono dubbi. Tanto più se la scuola si trova a un chilometro da casa. Ecco, non ci sarà più quel rito del mattino, uscire insieme mezzi addormentati. Ma ne inventeremo altri, eccome. Né quello del pomeriggio alle quattro, che poi si sta al parchetto e la merenda te la porto io, oppure andiamo subito a casa che fa freddo e poi c’è allenamento.

Nell’ultimo periodo stiamo facendo delle prove. La simulazione riesce perfettamente, visto che la scuola elementare è vicinissima alla media. Fabri esce di casa da solo, lo guardo dalla finestra della sala che dà sulla piazza. Si avvia, seguendo la strada che abbiamo fatto mille volte insieme. Lo vedo mettersi disciplinatamente in attesa che il semaforo sia verde e poi passare (guardando lo stesso, ché non si sa mai) a passo veloce, quasi corricchiando. Dopo un po’, scendo anch’io e lo seguo a distanza. Lo vedo davanti a me, lo zainetto sulle spalle, lui sa che sto arrivando ma non si volta, deve fare come se fosse davvero da solo. Infine, lo raggiungo davanti alla scuola, qualche minuto prima dell’ingresso.

“Alle medie non c’è la maestra, vero?”. No, ma ci sono tante professoresse e professori bravissimi, che ti insegneranno le varie materie. Vedrai, sarà super interessante! Assomiglierà molto più al mondo e molto meno al nido. Ma, vabé, questo lo capirai più avanti. Mica è sbagliato, ci mancherebbe, è giusto così. E’ solo un’altra cosa che ci si lascia alle spalle.

Mi viene in mente Valentino Rossi che, fresco papà, in questi giorni ha detto: “Fare il genitore è una figata!”. E’ vero Vale, ma è pure un bel casino perché dall’istante in cui lo diventi hai ogni giorno davanti agli occhi uno spettacolo meraviglioso che non si ripeterà mai più. Che ti riempirà il cuore e, nello stesso momento, ti lascerà un po’ di malinconia addosso. E va bene, mica ci pensi ogni volta, ovviamente, sennò diventa una lagna! Ed è anche questo il bello, in fondo: le tappe, il viaggio, la crescita. Però poi ecco che arrivano quei momenti in cui è proprio impossibile fare finta di niente. E ti viene il groppo in gola. Come alla fine delle Elementari.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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L'Ambrosiano

Pahor, frontiere, Gorgone, ossa umiliate: e la festa della Repubblica

Che Boris Pahor sia morto alla vigilia della Festa della Repubblica è uno dei piccoli regali che la vita elargisce: con parsimonia perché la semina fruttifichi meglio. Che poi lo scrittore sloveno di Trieste scampato ai lager nazisti se ne sia andato a 108 anni in tempo per vedere Putin aggredire l’Ucraina, macerie e carestie connesse è monito inesausto; cosa ancora deve accadere perché si impari dalla storia, dallo scontro tra poli estremi: il male assoluto inoculato in dosi diabolicamente sapienti così che le masse finiscon per ritenerlo “normale”; e gli sforzi per riscattare abiezioni di cui solo l’uomo è capace; cosa deve accadere perché sopravvissuti oltre al senso di colpa non vivan gli incubi di cui parlò Primo Levi: chi ha fatto ritorno non ha visto a fondo la Gorgone; chi l’ha vista non è tornato.

Pahor è impregnato di valori della Costituzione. Ha patito discriminazioni, ingiustizie, violazioni di corpo e anima cui la Carta nata dalla Liberazione ha rimediato con parole chiare, splendide, inoppugnabili. Di una regione di frontiera ha incarnato dolori, rischi, incomprensioni che dovrebbero svegliar coscienze oggi che si muore per il Donbas; per Kobane (i Curdi minacciati da Erdogan); in Terra Santa (non a caso si riattizzano scontri). Pahor ha visto nel 1920 i fascisti dar fuoco alla Casa della Cultura slovena per “italianizzare” negando l’esistenza delle minoranze. Nella Resistenza, sloveno ha patito i Titini. Preso dai nazisti è passato di lager in lager. Visita l’ultimo di questi, in Francia, tra curiosi e turisti: è lo splendido romanzo Necropoli (1965: in italiano tradotto 40 anni dopo!). Dove patì trova un cimitero con due scritte: Honneur et patrieOssa humiliata. Ha parole dure per «l’uomo europeo indolente e pauroso», che «ogni tanto nell’inconscio prova vergogna per questa situazione da eunuco» ma «ha già scialacquato in anticipo il patrimonio di onestà e di giustizia che avrebbe dovuto trasmettere alle nuove generazioni». Carta e Repubblica son la base perché non restino «ossa inaridite» le “ossa umiliate”; queste, dice Ezechiele, tornino a vivere: dai lager di Pahor; dalle fosse comuni ucraine e nel mondo; aiutino l’immissione di cuori di carne al posto di cuori di pietra.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Appunti sulla mondialità

Il colpo di coda della Brexit…per la Gran Bretagna

Per il Regno Unito, il bilancio dei primi sei anni da Paese extracomunitario non è di sicuro positivo. Contrariamente a quanto dicevano nel 2016 i sostenitori dell’uscita dall’Europa, l’export con gli Stati comunitari è crollato: -40,7% in media, con punte del -63% nel settore alimentare. Nel frattempo l’export verso altri Paesi è cresciuto di un misero 1,7%, mentre l’import dall’UE è calato del 28,8%. A questi dati si sommano i numeri negativi dovuti alla pandemia e alla guerra in Ucraina. Il governatore della Banca d’Inghilterra, la banca centrale del Regno Unito, recentemente ha definito “apocalittico” lo scenario che va delineandosi per i cittadini britannici: calo del PIL, calo della sterlina rispetto al dollaro, aumento dei prezzi alimentari, inflazione al 9% su base annua. Intanto da vari sondaggi emerge il dramma sociale di un Paese nel quale un quarto della popolazione salta i pasti per risparmiare e due terzi non possono permettersi di tenere acceso il riscaldamento quanto vorrebbero.

Ovviamente si tratta di problemi comuni a molti Paesi in questa fase. Oltremanica, però, le criticità sono amplificate dalla solitudine del Regno Unito in campo internazionale e dalla sua autoesclusione dal mercato più ricco al mondo, quello comunitario. Come facilmente prevedibile, la perdita della posizione di privilegio garantita dall’appartenenza a un mercato con regole comuni, e senza dazi interni, è difficilmente recuperabile attraverso le aperture ad altri mercati esteri. Soprattutto perché la produzione britannica ha standard molto elevati e ciò determina prezzi più alti rispetto a quelli praticati dai concorrenti esterni all’UE, statunitensi o asiatici. Londra aveva sottovalutato questi due fattori: da un lato l’avvenuto adattamento della sua produzione ai bisogni, alle regole e ai costi dell’Unione Europea, dall’altro i tempi lunghi che servono per costruire una rete di accordi e regole condivise con altri Paesi del mondo, e anche con l’UE stessa, dovendo ora interagire da Paese extracomunitario.

Il sogno tardo-imperialista alla base della Brexit, cioè rimettere la Gran Bretagna al centro del mondo, come ai tempi della regina Vittoria, appariva già in sé un obiettivo ridicolo. Guardando poi le valutazioni alla base di quel progetto, erano evidentemente fuori luogo l’importanza attribuita al Commonwealth e la fiducia nella reale consistenza di questa organizzazione: si è scambiata per un’opportunità economica quella che, in realtà, è poco più di una semplice concessione alla nostalgia di Londra. Hanno prevalso, invece, l’arroganza del pensarsi ancora come un impero capace di imporre agli altri le proprie regole e i propri tempi, e soprattutto il sognare che da soli sarebbe stato possibile ottenere vantaggi maggiori di quelli garantiti dal mercato comune.

Nel frattempo, il prezzo pagato dai britannici ha raffreddato gli animi sovranisti in Europa. E probabilmente proprio le difficoltà di Londra fuori dall’Unione hanno fatto sì che, per la prima volta, a Bruxelles si sia deciso emettere debito comune, come sta accadendo per il programma Next Generation EU. Tuttavia, non è detto che quegli Stati che ieri usavano lo scetticismo inglese come alibi per giustificare i loro tentennamenti, ora si dimostrino pronti a compiere passi concreti verso un maggiore coordinamento europeo. Che andrebbe invece programmato, anche a rischio di perdere per strada altri Paesi oppure di ipotizzare, come ha abbozzato Emmanuel Macron, un’Unione “a due velocità”: e cioè con un nucleo di Stati che intraprendono una strada comune e un altro nucleo di Stati collegati da accordi commerciali. L’esempio della deriva del Regno Unito, che in tempi di globalizzazione si era illuso di potercela fare da solo, dovrebbe spronare tutti i Paesi membri verso la ricerca di nuove formule di convivenza più avanzate. Solo così, in un mondo nel quale le potenze stanno tornando sulla scena in modo aggressivo, l’Europa potrà trovare un suo ruolo. Oppure, rompendo le righe, tutti i 27 Stati potrebbero tornare a essere come la Gran Bretagna: isole ai margini.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 17-09-2025

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    Vade retro gay: l'offensiva dei conservatori in Vaticano

    Gli omosessuali? Sono in peccato mortale e la chiesa non deve benedire le coppie gay. Sono parole del cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito per la congregazione della dottrina della fede. Il porporato è uno dei punti di riferimento dell’ala più conservatrice in Vaticano, che osteggiò papa Francesco. Müller ha detto anche che aver fatto passare le associazioni cattoliche dalla Porta Santa di San Pietro in occasione del Giubileo è “solo propaganda”. A chi si rivolge il cardinale? Vuole provare a influenzare Papa Leone? Ne abbiamo parlato con il giornalista vaticanista e scrittore Marco Politi, autore di "La rivoluzione incompiuta, la Chiesa dopo Francesco". L'intervista di Alessandro Principe.

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    Esteri di mercoledì 17/09/2025

    Il giro del mondo in 24 ore. Ideato da Chawki Senouci e in onda dal 6 ottobre 2003. Ogni giorno alle 19 Chawki Senouci e Martina Stefanoni selezionano e raccontano fatti interessanti attraverso rubriche, reportage, interviste e approfondimenti. Il programma combina notizie e stacchi musicali, offrendo una panoramica variegata e coinvolgente degli eventi globali.

    Esteri - 17-09-2025

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    L'Orizzonte di mercoledì 17/09 18:33

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 17-09-2025

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    A Milano arriva il Godai Fest: Rodrigo D'Erasmo, tra gli ideatori, ce l'ha raccontato

    Sabato 20 e domenica 21 settembre al Paolo Pini di Milano si terrà la prima edizione del Godai Fest, il festival multidisciplinare che unisce la musica alle arti performative e visive nato da un’idea del musicista Rodrigo D’Erasmo, del produttore Daniele Tortora e dell’artista visivo Cristiano Carotti per abbattere i recinti di genere e di partecipazione, connettere le arti, sperimentare nuovi linguaggi, ampliare le visioni. L’arte, in tutte le sue declinazioni, sarà protagonista di un viaggio attraverso i 4 elementi della cultura umana (Fuoco, Terra, Acqua, Aria) ai quali si aggiunge, secondo la filosofia orientale, il principio del Vuoto. Ad ogni elemento corrisponde un curatore: Rodrigo D'Erasmo in questa intervista di Elisa Graci e Dario Grande a Volume ci ha presentato il concetto e il programma di questo festival.

    Volume - 17-09-2025

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    Poveri ma belli di mercoledì 17/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Vieni con me di mercoledì 17/09/2025

    Il primo Pride della Valtellina Chiavenna. L'emozione, ha fatto salir la fame! Per merenda: pane burro e acciughe con bollicina,. Poi via si torna a Milano, al Piccolo Salone del Libro Politico al Conchetta. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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    Volume di mercoledì 17/09/2025

    Oggi a Volume abbiamo iniziato parlando del Festival Suoni Delle Dolomiti giunto alla sua 30a edizione, ma anche del Godai Fest, evento che si terrà nel weekend al Parco Ex Paolo Pini di Milano e che ci racconta Rodrigo D'Erasmo in qualità di direttore artistico. A seguire segnaliamo il concerto-evento pro Palestina organizzato da Brian Eno che si terrà questa sera a Londra, e concludiamo con il quiz dedicato al cinema, oggi incentrato sul film Il Diavolo Veste Prada del 2006.

    Volume - 17-09-2025

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