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Appunti sulla mondialità

Il Natale globale

Il Natale è stata la prima vera festa ad assumere portata globale, prima ancora della fine della Guerra Fredda. E ciò è accaduto parallelamente al suo progressivo allontanamento dal significato originario, ossia ricordare la nascita in Medio Oriente di quel bambino ebreo che sarebbe diventato il “Figlio di Dio” per i fedeli di una nuova religione, quella cristiana, destinata a svilupparsi soprattutto in Europa e poi a espandersi nel mondo, grazie al colonialismo. Nel senso religioso della ricorrenza, il Natale è una festa di preghiera e di speranza: ma in questi termini coinvolge esclusivamente i cristiani, e cioè solo una parte dell’umanità. Invece la festa del Natale, intesa in senso laico, coinvolge qualche miliardo di persone in più.

L’odierna festa dell’omone rosso che viaggia in slitta, che con la tradizione cristiana nulla ha a che vedere, è un Natale “neutralizzato” dal punto di vista della fede e caricato di nuovi significati e di nuovi simboli universali. I significati acquisiti sono quelli classici della dimensione fiabesca: il giorno di Natale “si torna tutti buoni” e per 24 ore è consentito sperare in un futuro migliore. A Natale è tutto possibile, ma è un possibile che dura poco. Il simbolo laico del Natale è ormai diffuso a livello planetario. Santa Claus, ovvero Babbo Natale, un corpulento nonno vestito di rosso che abita dalle parti del Circolo polare artico circondato da renne e da un esercito fantastico di elfi, con i quali costruisce giocattoli. Ma Santa Claus non è altro che la libera reinterpretazione di un’altra figura religiosa, san Nicola di Mira, il vescovo della Licia che, secondo i resoconti, nella sua vita fu protettore di bambini e fanciulle e diede esempio di grande generosità, donando ai più poveri nei momenti del loro massimo bisogno. Da santo caritatevole a icona della Coca-Cola, il passo è stato relativamente breve: così il giorno di Natale diventiamo tutti buoni come san Nicola, purché si beva la cola, o meglio quell’elisir nato ad Atlanta mescolando foglie di coca, zucchero e cola.

Il Natale della bontà e del dono, soprattutto di quest’ultimo, è diventato il migliore volano per le vendite di fine anno, periodo nel quale si registrano ad esempio i picchi di acquisti di prodotti di elettronica, anche se il Cyber Monday, altra data importante del calendario del consumismo, ormai lo sta superando. Arriviamo così alla festa globale dei buoni sentimenti, per la gioia dei fabbricanti di gadget e di cibi pregiati. Una festa che non discrimina più per appartenenza religiosa o etnica, ma solo per possibilità economica. Una festa laica che va bene in Italia e Germania, ma anche in India, Cina o Nigeria. Una festa non più comandata dal vescovo, ma dai media.

Nella sua versione contemporanea, il Natale ha anticipato di decenni la globalizzazione e il suo valore fondante: quello dell’uguaglianza universale a partire dell’omologazione nei consumi. Un mondo forgiato dalle multinazionali che offrono gli stessi prodotti ovunque, fabbricandoli là dove è più conveniente. È una festa che appartiene al passato e insieme al futuro, che forse domani potrebbe vedere insidiato il suo primato da Halloween o dal Capodanno cinese, ma che gode di una popolarità difficile da scalfire. E, visto che al momento non ha concorrenti, buon Natale anche quest’anno!

 

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

Natale di guerra: notte silenziosa, sacra, buia; Diogene e il Dio nascosto

“Stille Nacht, heilige Nacht”, notte silente, notte sacra. Non so cosa di silenzioso offrirà questo Natale di guerra, se Putin non smette di bombardare case e centrali elettriche. Tanto meno vedo qualcosa di sacro se l’ultima tortura del regime iraniano è costringere i detenuti a violentare i compagni di cella e di lotta per la libertà. La tragedia oggi è che vacilla la fede nell’uomo, non più solo in Dio. Il Natale dell’anno scorso prometteva d’essere l’ultimo buio dopo il Covid. Adesso non c’è più la scusa che qualcosa di esterno mina vita, pace, affetti, lavoro: il virus è psichico; roba nostra, fatta in casa. È la violenza dell’uomo sull’uomo. Se la notte fosse silente e sacra, non nera e tenebrosa, coscienza lucida mostrerebbe il piano inclinato d’una deriva suicidale collettiva. Ci possiamo far fuori col clamore delle guerre, ma anche con la stupidità (do Livorno come porto a una nave Ong così nei giorni in cui risale il Tirreno nel Mediterraneo non salva vite; ma arrivano tanti barchini); o nuotando in un trolley di dobloni alla maniera di Paperon dei Paperoni (sindacalisti ed esponenti di sinistra magici: in un sol colpo dissipano tutto il patrimonio riformista, fan fare d’ogni erba un fascio ad anti Europa e Ong gongolanti, mettono una pietra tombale su una sinistra di idee e governo); o ancora attualizzando il panem et circensens del pallone (la finale più bella di tutti i mondiali in un Paese che apre e chiude i rubinetti del gas senza lanciare un missile, ma giocando con la vita di lavoratori, Federazioni, Paesi, tv, benefit). Notte silente, notte sacra: è notte di ricerca; né tiranni né imbecilli sono ancora riusciti a rubarci l’istinto di Diogene con lanterna d’ordinanza. Anzi, più attaccano l’intelligenza (i talebani han reso ufficiale il divieto alle donne d’andare all’università) più seminano germi di resistenza. Questo è il segreto di Natale, ricchezza di cui non dispongono Putin, Emiri, lobbies, multinazionali. Per David M. Turoldo, poeta, Natale è l’annuncio del «Dio nascosto in carne mortale». C’è una notte (un tempo) per rivelarlo e festeggiarlo e c’è una notte (un tempo) per custodirlo in silenzio: è sacro; si paleserà al momento giusto, sosterrà il nostro riscatto. A sorpresa. Auguri!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Appunti sulla mondialità

Il Mondiale della globalizzazione è finito…per ora

Quello del Qatar è stato il primo vero mondiale ai tempi della globalizzazione. La finale ha superato la soglia dei 2 miliardi e mezzo di telespettatori, un terzo dell’umanità di cui più di tre quarti non ha mai giocato calcio. Ed è questa la potenza di questo sport: vendere una narrazione che ha una base sportiva, ma che lascia spazio a sentimenti di tutti i tipi, come quelli che tifavano per le squadre più deboli sperando improbabili riscosse, o di coloro che vogliono credere nella fiaba sociale del povero diventato miliardario e famoso. Calcio come narrazione globale, ma anche come vetrina dei potenti. Non siamo più ai tempi delle dittature militari che volevano darsi una parvenza di legalità, ma all’uso del calcio per sancire una potenza economica e rivendicare un ruolo tra i grandi. Per questo il calcio sempre di più scorrerà lungo due binari, quello sportivo senza il quale non esisterebbe e quello politico-economico con le potenze vecchie e nuove che si contendono la sede della prossima kermesse. Il calcio oramai è diventato uno spettacolo che non conosce frontiere, che si può organizzare anche in mezzo al deserto, purché la palla continui a circolare grazie ai bambini e alle bambine di tutto il mondo che correranno dietro un sogno

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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Appunti sulla mondialità

E alla fine vincerà il migliore

E’ Francia-Argentina la finale di oggi. Una squadra europea e una sudamericana che hanno entrambe già vinto due coppe del mondo. Due squadre con un “fenomeno”, Mbappè e Messi, entrambi giocatori del Paris SG di proprietà qatarina, ma questo è un altro tema. Paradossalmente, la squadra sudamericana è stata, insieme alla Croazia, la squadra più “bianca” dei Mondiali, mentre quella francese, quella più “africana” tra le europee. In realtà sono entrambe composte da questi “colori” per lo stesso motivo: le migrazioni. La squadra argentina è formata dalle terze o quarte generazioni di discendenti di italiani (Messi, Tagliafico, Di Maria, Armani, Pezzella), polacchi (Dybala), austriaci (Foyth), scozzesi (Mac Alister), spagnoli (Martinez, Romero, Molina, De Paul, ecc). Sono tutti senza eccezioni discendenti della grande ondata migratoria europea di fine ‘800-primi del ‘900. Non rappresentano però l’equilibrio etnico del paese, dove negli ultimi 30 anni sono immigrati milioni di boliviani, paraguayani, peruviani, colombiani e ultimamente senegalesi, senza dimenticare gli indigeni, e nessuno di questi è rappresentato nella nazionale. Dal lato francese, la maggioranza dei calciatori ha origini nord africane (Rami, Fekir, Mbappé per parte di madre), antillane (Varane, Lemar), dell’Africa occidentale e centrale (Kimpembe, Umtiti, Pogba, Mbappé per parte di padre, N’zonzi, Mandanda, Sidibé), spagnole (Lloris, Hernandez). Sono le seconde generazioni, oppure nati all’estero e arrivati in Francia da bambini, della grande ondata di immigrazione in Francia del secondo dopoguerra. Neanche loro rappresentano l’equilibrio etnico francese, dove le componenti immigrate o oriunde africane secondo le stime si aggirano attorno al 15% nelle aree metropolitane. Riassumendo, le nazionali francesi e argentine sono figlie, o bisnipoti, di fenomeni migratori globali che hanno assunto in diversi tempi e luoghi caratteristiche diverse. In Argentina arrivarono soprattutto europei un secolo fa, mentre in Francia africani da 50 anni ad oggi. Nessuna delle due nazionali rappresenta però l’equilibrio etnico reale dei rispettivi paesi.
La conclusione evidente, alla faccia dei gruppi ultra-nazionalisti che contestano la nazionale francese, è che in nazionale si arriva non in base alla nascita, né alla posizione sociale e nemmeno in base alla simpatia. In nazionale si arriva se si sa giocare, e finché il calcio sarà calcio questo principio non verrà mai meno. Il pallone da sempre è bianco e nero.
  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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Mia cara Olympe

Un pullman di che?

Caro Babbo Natale, so che sei molto impegnato e dunque la faccio breve: tra i tanti doni che sarebbe meraviglioso e necessario trovare sotto l’albero – una pace giusta in Ucraina o un impegno serio per salvare il nostro pianeta sono per me ai primi posti  – io quest’anno scelgo di chiederti una cosa in meno, non una in più.

Vorrei, caro Babbo Natale, che riuscissi con la magia natalizia a fare scomparire una parola dal vocabolario. La parola che vorrei vedere evaporare è troia. Il desiderio di quest’anno me lo ha suggerito quel brillantone di Berlusconi che è andato alla cena del Monza, inteso come squadra di calcio, e ha promesso ai giocatori, in caso di vittoria contro la Juve e altre grandi, di far recapitare loro in spogliatoio un pullman di troie. Risate, battute, pacche sulle spalle.

Troia: dal vocabolario, femmina del maiale, scrofa, ma anche donnaccia, prostituta, meretrice.   Nell’uso comune però una donna è una troia anche se è antipatica, se è stronza, se ha fatto qualcosa che non ci piace, se è la nostra boss in ufficio, se non ci fila e via dicendo. Praticamente siamo tutte, noi donne, in qualche momento della vita o agli occhi di qualcuno, delle troie. E questo spostamento di significato, non ti sfuggirà caro Babbo Natale, contiene una quantità di sessismo che levati. (Sì, parola usata anche da donne verso altre donne, mi è chiaro).

E allora: se, grazie ai tuoi uffici, scomparisse la parola troia sarebbe un gran guadagno. In generale e nello specifico. Pensaci. Pensa alla faccia di Berlusconi se i giocatori del Monza che – sono sicura – non si tirerebbero indietro dallo scendere in campo contro la violenza sulle donne e anzi forse lo hanno già fatto, ecco, pensa se quei calciatori non avessero riso e si fossero guardati l’un l’altro un po’ dubbiosi. Un pullman di che? Cosa ha detto, tu hai capito? Beh, andiamo, si è fatto tardi, domani c’è allenamento e il presidente ha una certa età ed è meglio che vada a dormire. Sollievo, sipario.

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    Una Napoli sconosciuta in bianco e nero in “Sotto le nuvole” di Gianfranco Rosi

    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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    Oggi con Annalisa Barbieri del @Stop Allevamento -Travacò Siccomario abbiamo parlato della mobilitazione dei cittadini contro l'ipotesi di Allevamento di galline ovaiole e sappiamo che Annalisa avrebbe voluto essere gatto. A cura di Cecilia Di Lieto.

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    Oggi a Cult, il quotidiano culturale di Radio Popolare: il regista Gianfranco Rosi sul suo film "Sotto le nuvole"; Emanuela De Rocco introduce il movimento "La scuola per la Palestina" e le future iniziative; Flavio Parisi sul suo libro "Tokyo è una grande cucina" (UTET); la rubrica ExtraCult a cura di Chawki Senouci...

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    Pubblica di martedì 16/09/2025

    Pubblica ha ospitato il giurista Luigi Ferrajoli, allievo di Norberto Bobbio. Ferrajoli è professore emerito di filosofia del diritto all’Università Roma Tre. Tra i suoi libri, due titoli legati al progetto di costituzione planetaria che ha elaborato negli ultimi anni: si tratta di “Progettare il futuro. Per un costituzionalismo globale” (Feltrinelli 2025), e “Per una Costituzione della Terra. L’umanità al bivio” (Feltrinelli 2022). Come si ricostruisce la sovranità del diritto internazionale fatta a pezzi dai vari Netanyahu, Putin e Trump? Ferrajoli ha già risposto da tempo a questo interrogativo, da quando ha proposto una "Costituzione della Terra", una costituzione che contiene diritti e principi fondamentali validi per tutti gli abitanti del pianeta e con l’indicazione di espliciti strumenti per realizzarli.

    Pubblica - 16-09-2025

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    Speciale Freedom Flotilla - 16/09/2025 - ore 10:36

    Omaggio ai pionieri della Freedom Flotilla, sorella maggiore della Global Sumud Flotilla, pionieri tra i quali c'era Vittorio Arrigoni, riusciti nel 2008 ad arrivare a Gaza via mare. Materiale del nostro archivio raccolto e montato da Virginia Platini. Buon ascolto!

    Gli speciali - 16-09-2025

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    GIANLUCA GRIMALDA - A FUOCO!

    GIANLUCA GRIMALDA - A FUOCO! - presentato da Marianna Usuelli

    Note dell’autore - 16-09-2025

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    MILANO, VENDITA DELLO STADIO: TEMPI SUPPLEMENTARI?

    Stringono i tempi nella procedura di vendita dello stadio Meazza. Nel giro di pochi giorni è prevista la delibera di Giunta e il voto in Consiglio comunale per autizzarla. In una procedura che sembra quasi gia scritta, nelle ultime ore appare qualche fatto nuovo: un'assemblea molto partecipata a Milano, una proposta per prendere più tempo, il ritorno alla carica di chi chiede un referendum per decidere. In zona Cesarini potrebbero decideresi i tempi supplementari? Ospiti: Roberto Maggioni, redazione locale di RP; Franco D'Alfonso, Centro Caldara di Milano, estensore della proposta; Gabriele Mariani, Comitato Referendum per San Siro; Bruno Ceccarelli, Pd Milano, Commissione urbanistica; Lia Quartapelle, parlamentare Pd. In studio Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

    Tutto scorre - 16-09-2025

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    Caso Kirk: "Il Governo vuole creare un clima di paura" dice Benedetta Tobagi

    “Quelle che arrivano dalla maggioranza sono delle sciocchezze, che sarebbero grottesche se non fossero pericolose perché tradiscono una chiara volontà di creare un clima di paura e di allarme, criminalizzando tutta la galassia dell’opposizione”. Così Benedetta Tobagi, intervistata da Luigi Ambrosio all'Orizzonte delle Venti, sui reiterati attacchi del Governo alle opposizioni accusate di fomentare la violenza. “Anche per ciò che porto nel mio nome, l’Italia ha nella sua storia una sinistra antifascista e democratica che non è mai stata violenta. Figure come mio padre e Aldo Moro sono state colpite addirittura dal terrorismo di sinistra. Questa è la storia che vergognosamente Meloni, Tajani e Salvini non riconoscono e che, invece, deve essere la nostra forza”.

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    Presto Presto - Interviste e Analisi di martedì 16/09/2025

    In diretta dall'Ucraina Sabato Angieri ci racconta delle profonde differenze che ormai segnano il paese tra territori in guerra e retrovie, di chi non vuole andarsene nonostante la guerra abbia distrutto spazi e vite e di come il fronte insista da due anni sugli stessi campi. Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova ed ex-diplomatico analizza lo scontro verbale tra Russia e Nato e invoca il ritorno della ragione per evitare una escalation dei fatti. Emanuele Valenti ci aggiorna sull'entrata dei carri armati a Gaza City dopo giorni di bombardamenti mirati a distruggere tutti i palazzi principali della città per forzare la popolazione ad andarsene. Ma la popolazione non ha nessun posto dove andare. E anche chi avrebbe un visto di studio in Italia non riesce a uscire dall'inferno della Striscia lo raccontano le voci di alcuni degli studenti palestinesi che hanno vinto una borsa di studio nelle università italiane. Molti di loro hanno diffuso appelli sui social per chiedere di fare pressione sulle autorità italiane affinché organizzino la loro evacuazione immediata. Sentiamo le loro voci e ci spiega come stanno, chi sono e perché non si riesce ad aprire un corridoio umanitario per loro Stefano Simonetta, Prorettore ai Servizi agli Studenti e al Diritto allo Studio della Università Statale di Milano.

    Presto Presto – Interviste e analisi - 16-09-2025

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