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Theresa May, la conservatrice tenace

Mercoledì pomeriggio Theresa May diventa la nuova primo ministro britannica.

Amici, colleghi, compagni di partito, la descrivono come una politica decisa, spesso testarda, difficile nei negoziati, talvolta autoritaria, sostenuta da una forte spinta morale più che ideologica (è figlia di un pastore); una conservatrice convinta ma anche aperta ai cambiamenti: la sua revisione del sistema di selezione dei candidati del partito, un decennio fa, ha aperto la strada all’aumento di donne e membri di minoranze etniche tra i Tories. Dopo la conferma del suo essere la sola candidata alla guida dei conservatori, ha annunciato di voler contenere i salari dei corporate managers, inserendo consumatori e lavoratori nei consigli di amministrazione, oltre a volersi battere per “coloro che sono stati lasciati indietro” e che hanno votato per la Brexit.

Nel governo di David Cameron, Theresa May è stata home secretary, ministro dell’interno. Ecco alcune delle aree in cui è intervenuta e che aiutano a capire che tipo di primo ministro sarà.

Immigrazione – E’ stato forse il settore in cui ha più agito durante gli anni passati. May non ha mai dato numeri precisi sulla riduzione degli immigrati – come invece aveva fatto Cameron – ma ha sempre fatto della riduzione degli immigrati uno dei punti qualificanti della sua agenda. Tra le sue misure più controverse, c’è quella che impedisce ai cittadini britannici di farsi raggiungere dai loro sposi e figli, a meno che non guadagnino più di 18600 sterline all’anno (questo a prescindere dai salari dei consorti). La legge, ora al vaglio della Suprema Corte, è accusata di aver tenuto spesso lontano i figli dai genitori. Altra iniziativa di Theresa May, finita nel ridicolo, sono i go home vans, veicoli che hanno girato per la Gran Bretagna per facilitare il rimpatrio degli immigrati irregolari. Soltanto 11 immigrati hanno accettato di lasciare la Gran Bretagna.

Diritti umani – Durante la campagna elettorale sulla Brexit, Theresa May è intervenuta accennando alla possibile e necessaria uscita del suo Paese dalla Convenzione europea sui diritti umani (EHCR). “La Convenzione può legare le mani al Parlamento, non aggiunge nulla alla nostra prosperità, ci rende meno sicuri nel prevenire la deportazione di stranieri pericolosi” ha detto May. In seguito, la futura primo ministro ha però precisato di non voler perseguire l’uscita della Gran Bretagna dalla EHCR.  Ciò non toglie che il suo atteggiamento nei confronti della Convenzione sia stato spesso negativo, a volte anche irridente. In un’occasione, ha detto che un immigrato irregolare ha avuto modo di opporsi alla deportazione grazie all’articolo 8 della Convenzione, che permetterebbe di restare in un Paese “se si possiede un gatto“. (Cosa ovviamente non vera. La sentenza del tribunale citava il gatto come prova che il migrante si era stabilito da anni in Gran Bretagna).

Educazione – In un primo tempo, Theresa May è stata contraria all’innalzamento delle tasse universitarie. Nel 2010 ha però votato per alzare i massimali delle tasse. Ha sostenuto anche l’iniziativa dell’ex segretario all’educazione, Michael Gove, per offrire incentivi fiscali ai privati che vogliono fondare nuovi istituti di educazione.

Diritti dei lavoratori – Nel suo primo discorso dopo l’investitura, Theresa May ha fatto del tema una delle sue priorità. “Durante la mia leadership – ha detto – il partito conservatore si porrà – completamente, assolutamente, senza equivoci – al servizio della gente che lavora“. Nel passato May non ha sempre fatto dei diritti dei lavoratori una delle sue priorità. Nel 1997, si è però opposta ai minimi salariali obbligatori.

Diritti civili – Theresa May ha votato per la legge che riconosce i matrimoni tra persone dello stesso sesso. “Se due persone si vogliono ben, se vogliono occuparsi l’una dell’altra, allora dovrebbero essere in grado di sposarsi”, ha detto. Come segretario agli interni, si è battuta per una legge sulle violenze domestiche e ha ordinato un’indagine sulla condotta della polizia.

BrexitMay ha fatto campagna contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea – ma senza grande entusiasmo e convinzione. Nel lanciare la sua candidatura a primo ministro, ha comunque detto che “Brexit significa Brexit“, quindi che intende rispettare la volontà degli elettori britannici e portare fuori dalla UE il suo Paese. “Dobbiamo però negoziare le condizioni migliori e io sono la persona migliore per farlo” ha spiegato.

 

 

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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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