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La decisione della Corte dell’Aja su Israele, il piano del governo contro le contestazioni e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di venerdì 24 maggio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha ordinato a Israele di fermare immediatamente l’offensiva militare su Rafah. Al consiglio dei ministri di oggi Salvini fa il pieno elettorale: la Lega porta a casa lo stop al redditometro e il cosiddetto decreto Salva-Casa. Due emendamenti leghisti al cosiddetto “pacchetto sicurezza” puntano a criminalizzare gli scioperi dei lavoratori e introdurre fino a 25 anni per chi protesta in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere. L’undicesima giornata del Festival di Cannes.

La Corte dell’Aja ordina a Israele di fermare l’offensiva su Rafah

Oggi la Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha ordinato a Israele di fermare immediatamente l’offensiva militare su Rafah. I giudici hanno dunque accolto la richiesta presentata dal Sudafrica. “In conformità con queste indicazioni, sotto la convenzione del genocidio, Israele deve immediatamente fermare la sua offensiva militare a Rafah che potrebbe infliggere ai palestinesi condizioni di vita che potrebbe portare alla loro distruzione fisica”, ha detto il presidente della Corte Nawaf Salam. Sentiamo un passaggio del suo intervento:

Poco fa il segretario genera dell’Onu Guterres ha dichiarato che le decisioni della Corte Internazionale sono vincolati e dunque vanno rispettate. Sulla portata e sulle conseguenze dell’ordinanza della Corte dell’Aja ascoltiamo Chantal Meloni docente di diritto internazionale alla Statale di Milano:

Poco minuti dopo la decisione della Corte Internazionale aerei da guerra israeliani hanno lanciato una serie di attacchi sul centro della città di Rafah. Netanyahu ha convocato un vertice di governo e le prime reazioni dei suoi ministri sono state durissime: “L’ordinanza irrilevante della corte antisemita dell’Aja dovrebbe avere una sola risposta: l’occupazione di Rafah”, ha detto il ministro della sicurezza nazionale e leader della destra radicale Ben Gvir. Sulle possibili reazioni del governo di Tel Aviv ascoltiamo Eric Salerno, giornalista e saggista esperto di Medio Oriente:


 

La destra prova a mettere un altro freno alle contestazioni

(di Massimo Alberti)

La destra al governo non ama le contestazioni: fino a 25 anni per chi protesta in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere, e la criminalizzazione degli scioperi dei lavoratori. È il contenuto di 2 emendamenti della Lega, al cosiddetto “pacchetto sicurezza“ approvato a novembre e ora in discussione nelle Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera. Carcere, carcere, sembra essere la soluzione del governo ad ogni conflitto sociale, politico o di lavoro.
L’allergia alle contestazioni, del resto, si vede quasi ogni giorno: dalle manganellate contro gli studenti, a leggi apposite contro le proteste simboliche dei movimenti ambientalisti, al vittimismo di fronte a semplici fischi o contestazioni. Ora la maggioranza vorrebbe andare anche oltre. Tra gli emendamenti al pacchetto sicurezza ce ne sono due particolarmente pesanti e di dubbia costituzionalità: il primo di fatto aumenta le pene per resistenza, violenza o minaccia durante manifestazioni pubbliche fino a 15 anni, che possono arrivare a 25 in caso di manifestazioni contro opere pubbliche strategiche, quali ad esempio il Ponte sullo Stretto, o la Tav e cosi via.
Nell’emendamento si parla anche di manifestazioni simboliche, se queste verranno considerate “minacciose o violente”. Un’altra proposta però, nel solco di quanto già contenuto nei decreti sicurezza di Salvini, e mai eliminato nemmeno con le modifiche del Conte2, mira a colpire le proteste dei lavoratori.Pensiamo ai mondi della logistica, o del tessile, dove spesso il blocco dei cancelli, i picchetti, son l’unico modo per farsi sentire, tanto che nelle sentenze di fronte a delle denunce, ultimo caso le assoluzioni per i picchetti alla Unes di Truccazzano, i giudici riconoscono il valore sociale delle proteste anche in questa forma. L’emendamento sempre della Lega, mira a scavalcare queste letture e considerare violenza privata anche i picchetti non violenti: si parla di reato punibile fino a 4 anni di carcere, infatti, anche in caso di sola interposizione dei propri corpi e resistenza passiva, anche nel contesto di azioni di sciopero. Una norma su misura delle aziende peggiori e che sarebbe palesemente anti sindacale.

Cosa prevede il cosiddetto decreto Salva-Casa

Al consiglio dei ministri di oggi, Salvini fa il pieno elettorale: la Lega porta a casa lo stop al redditometro, con tanto di spiegazioni da parte del Viceministro Maurizio Leo, ma soprattutto il cosiddetto decreto Salva-Casa. Meloni deve incassare e punta tutto sul premierato: “O la va o la spacca” dice sulla riforma della Costituzione.
Il cosiddetto decreto Salva-Casa, in sintesi: da una parte introduce la sanatoria per i piccoli abusi, soppalchi, tramezzi, tende da sole, ma disciplina anche difformità più rilevanti, per le quali bisognerà pagare una sanzione commisurata all’aumento di valore dell’immobile. Secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, riguarda potenzialmente quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano. Dall’altra rende però anche più facili i cambi di destinazione d’uso degli immobili, questione decisamente più problematica a rilevante, visto il mercato immobiliare nelle grandi città dove sul mercato finiscono con una certa facilità ex uffici, ex garage quando non addirittura cantine riadattate ad appartamenti.
Nel Consiglio dei Ministri è stato approvato anche il decreto sport, che istituisce una commissione indipendente per vigilare sui conti delle società sportive, norma che nelle scorse settimane aveva suscitato le proteste dei club e delle federazioni.

Meloni punta tutto sul referendum confermativo sul premierato

(di Anna Bredice)

Se Matteo Salvini punta molto sulle elezioni europee, anche per salvare la sua segreteria e rivendica tutte le misure che oggi sono state approvate dal Consiglio dei ministri, dal condono ai corsi di italiano per gli alunni stranieri, per Giorgia Meloni la prospettiva sembra essere diversa. Il suo sguardo va oltre e punta al referendum confermativo sul premierato e oggi da Trento lo ha ammesso con una frase molto illuminante, “O la va o la spacca”: la vittoria del referendum sancirà anche la prosecuzione del suo governo e l’ulteriore sua candidatura con poteri molto più forti di quelli attuali. Al Festival dell’economia di Trento ha spiegato, con il solito riferimento alla sua vita da madre che le lascia ben poco tempo, che non sta a Palazzo Chigi per “scaldare la sedia”, dice. La madre di tutte le riforme è l’appuntamento cruciale per il suo futuro politico, Matteo Salvini invece deve sopravvivere e oggi si è reso protagonista della conferenza stampa dopo la riunione, con messaggi molto elettorati, del resto il condono, anche se di piccolo calibro, è uno degli strumenti più utilizzati da chi governa. A Trento è andata in scena anche una sfida a distanza tra Meloni e Schlein. Forse sarà l’unica, in mancanza di un confronto in Tv. Sul premierato, Elly Schlein ha ribadito che viene toccato l’equilibrio dei poteri tra cui quello del Capo dello Stato, insiste sul lavoro, il salario minimo, sulle incoerenze del governo, a cominciare dal redditometro, altra marcia indietro di Meloni che oggi ha ammesso di volerci pensare, per ora ha subito lo stop da Salvini e Tajani.

La nuova udienza del processo contro Ilaria Salis

Oggi a Budapest c’è stata una nuova udienza del processo contro Ilaria Salis, l’insegnante accusata di aver aggredito due neonazisti ungheresi durante una manifestazione nel febbraio 2023. Salis è candidata alle europee con Alleanza Verdi Sinistra. È stata la prima volta che l’attivista è arrivata in tribunale senza catene a polsi e caviglie, essendo da ieri agli arresti domiciliari. Solo che il giudice ha rivelato pubblicamente l’indirizzo dove la donna è domiciliata, indirizzo immediatamente girato sui siti e sulle pagine social dell’estrema destra ungherese. C’è stata un protesta ufficiale dell’ambasciatore italiano e il padre ha chiesto che per la sua sicurezza venga al più presto riportata in Italia o almeno portata in ambasciata. Le difese hanno protestato anche per la mancata traduzione in italiano degli atti, mentre uno dei testimoni, sentito come parte lesa, non ha riconosciuto Salis in Aula.

L’undicesima giornata del Festival di Cannes

(di Barbara Sorrentini)

Ultimo giorno di concorso prima che venga decretata la Palma D’Oro di Cannes77. Ieri pomeriggio è arrivato il regista iraniano Mohammad Rasoulof, presenza in dubbio fino a pochi giorni fa, dopo essere scappato di nascosto dall’Iran dove era condannato a otto anni di carcere per i contenuti anti-regime del suo cinema. All’inizio di maggio si era rifugiato in Germania per poter partecipare al Festival di Cannes con il suo film di denuncia “I semi del fico selvatico”. Il regista non ha ancora rilasciato dichiarazioni né sulla sua condanna, né sulla morte del Presidente Raisi. La sua prima presentazione pubblica dopo la fuga, saà sabato in conferenza stampa. Secondo il quotidiano britannico “The Guardian” Rasoulof avrebbe affrontato un viaggio pericoloso di molte ore accompagnato da una guida che lo avrebbe aiutato ad attraversare le montagne e di varcare il confine a piedi. Questo film, come quelli di Jafar Panahi, rappresentano una voce libera per tutti gli iraniani e le donne iraniane che hanno subito la censura e la violenza del regime.

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    I documentari e le docu-serie sono diventati argomento di discussione online e offline: sesso, yoga, guru, crimine, storie di ordinaria follia o di pura umanità. In ogni puntata DOC ne sceglierà uno per indagare e approfondire, anche dopo i titoli di coda, tematiche sempre più attuali, spesso inesplorate ma di grande rilevanza socio-culturale. E, tranquilli, no spoiler! A cura di Roberta Lippi e Francesca Scherini In onda domenica dalle 18.00 alle 18.30

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    Il libro più intimo di Michela Murgia nel film di Isabel Coixet. Parla la regista spagnola

    La regista spagnola ha trasformato "Tre Ciotole", il libro testamento di Michela Murgia, in un film che mantiene la leggerezza e l'ironia utilizzate dall’autrice per descrivere il momento più complicato della sua vita: la malattia, la separazione e la morte. "La morte deve essere incorporata nella vita e la gioia è intrinseca al dolore, non c'è gioia senza dolore". La protagonista Alba Rohrwacher interpreta lo stato d’animo descritto nelle pagine di “Tre Ciotole”, unendo alcuni dei racconti scritti da Murgia e incontrando nel suo percorso Elio Germano e Francesco Carril, le due figure maschili delineate nel libro. In un periodo in cui la Spagna sembra essere molto avanti, sia politicamente che culturalmente Isabel Coixet, pur vivendo a New York, osserva lucidamente l’attualità del suo Paese: "In Spagna ci sono molte più registe donne che in Italia. Ne sono orgogliosa perché sono stata pioniera nel mio Paese e ho aiutato tantissime ragazze a diventare registe". E ammirando il Governo spagnolo guidato da Pedro Sanchez, teme che l’avanzata delle destre in Europa, arrivi a contaminare anche il suo Paese: "Il Governo spagnolo è stato il primo a riconoscere lo Stato di Palestina. In questo momento da noi c’è la democrazia, ma vedo che anche in Spagna il partito di estrema destra, Vox, sta guadagnando spazio". L'intervista di Barbara Sorrentini.

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