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In Siria, dove si bombardano gli ospedali

Per l’ingresso della Siria nel suo sesto anno di conflitto Medici senza frontiere pubblica un rapporto sui morti e i feriti della guerra. I civili, spiega l’ong, sono costantemente sotto attacco: 154.647 feriti e 7.009 vittime di guerra, di cui il 30-40 per cento donne e bambini, solo stando ai dati delle 70 strutture (su 150) dell’organizzazione. E la violenza continua, nonostante il cessate il fuoco. Msf chiede che sia garantito l’accesso agli aiuti umanitari, inclusa l’assistenza medica, messa invece a repentaglio dai bombardamenti. Msf è la ong più colpita: 94 attacchi su 63 strutture hanno ucciso 23 medici e feriti altri 58.
 “I dati che abbiamo raccolto sono sconcertanti, ma sono solo una fotografia parziale di un bilancio molto più grave – ha detto Loris De Filippi, presidente di Msf –Non c’è alcun dubbio che i civili vengano colpiti, in modo mirato o indiscriminato. Nessuna sorpresa quindi che migliaia di persone stiano fuggendo per sopravvivere al massacro. Non possiamo tornare ai livelli di violenza dello scorso anno: i membri del Consiglio di Sicurezza ONU devono rispettare le risoluzioni per la protezione dei civili che loro stessi hanno firmato.”
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Tra i contenuti del rapporto, c’è un’intervista speciale.
Mi sono laureato nel 1995 e ho aperto una clinica il 10 ottobre di quell’anno. Nel 2001 mi sono specializzato in urologia. C’erano circa 40.000 residenti nell’area prima della rivolta siriana nel 2011. Ora la popolazione è di circa 15.000 persone, compresi gli sfollati.
Lavoravo principalmente in due ospedali. Il primo, dopo aver subito numerosi attacchi, è stato chiuso. Ci siamo quindi trasferiti in un secondo ospedale di fortuna, anche questo poi colpito molte volte. L’ultimo attacco al secondo ospedale è stato il 28 settembre 2015. Sono state uccise quattro persone, tra cui un mio amico che ne era il direttore. È stato un attacco davvero violento.
Abbiamo ricostruito l’ospedale come facciamo di solito. Continua a mancare una stanza per la fisioterapia e l’ambulatorio non è che una grande sala divisa in due per separare gli uomini dalle donne. Ma la clinica offre ancora ogni tipo di servizio sanitario, dal pronto soccorso agli ambulatori, sale operatorie, laboratori, radiografia e fisioterapia. È un centro sanitario essenziale per l’area della Ghouta.
I pazienti hanno paura di venire all’ospedale a causa degli attacchi. Mi chiedono sempre di non ricoverarli. Preferirebbero andare in centri sanitari più piccoli perché cliniche e ospedali hanno più probabilità di essere presi di mira.
Uno dei pazienti potrebbe essere tuo parente
In ospedale vediamo ogni tipo di ferita. Proprio oggi, appena i pazienti hanno iniziato ad arrivare, mi hanno detto che in questo periodo sembro invecchiato; ho risposto che è colpa delle cose che ho visto. Perché qui vedi di tutto: pazienti che hanno perso una gamba, decapitati, con le mani mozzate…
In futuro, i medici in zone come questa saranno considerati i più famosi del mondo per le cose straordinarie che sono stati costretti a fare. Perché c’è un numero limitato di medici nella Ghouta Orientale, e specialmente nelle aree assediate qualunque medico rimanga è obbligato a svolgere diversi ruoli. Io sono urologo e ginecologo, ho fatto più di 200 parti cesarei, ho operato in chirurgia generale e sono anche un pediatra. Devo fare tutto.
Il momento più difficile è quando ti portano i nuovi pazienti. Hai la strana sensazione che uno di loro potrebbe essere un membro della tua famiglia. O quando vedi un paziente, una persona con cui hai parlato solo 5 o 10 minuti prima, portato in ospedale senza volto o senza testa… questo è davvero il momento più difficile per me.
Il periodo peggiore
Oggi va un po’ meglio, ma gli anni compresi tra il 2013 e il 2015 sono stati un periodo ancora peggiore. Negli ultimi quattro mesi la disponibilità di risorse è migliorata perché i blocchi sono stati alleggeriti e più o meno 10 giorni fa sono arrivati gli aiuti, con circa 53 kg di beni assegnati a ogni famiglia: 15 kg di farina, 10 kg di riso, 4 kg di burghul, 5 kg di zucchero, 6 kg di ceci e un chilo di spaghetti. C’erano anche alcune forniture mediche portate dalla Mezzaluna Rossa siriana.
Prima di questo convoglio un chilo di zucchero costava 1.000 lire siriane (4,8 euro). Un chilo di pane arrivava a 1.000-1.200 lire siriane (4,8-5,8 euro). Ora il pane, per esempio, costa 300-350 lire (1,44-1,68 euro). C’è il cibo, c’è la frutta! La frutta! L’anno scorso, mi ricordo, ho comprato 4 arance per 3.000 lire siriane (14,40 euro) per i miei figli.
Le forniture mediche restano limitate, ma non inesistenti come prima. Si può dire che attualmente abbiamo da parte almeno il 50-60 per cento delle forniture mediche necessarie. Due anni fa un farmaco poteva costare 2.000-2.500 lire siriane (9,6-12 euro) oggi ne costa solo 900.
Vogliono solo che finisca la violenza
Ma vivere nel contesto di questa guerra è ancora tremendo. Ci sono sempre gli aerei, sempre feriti, attacchi, morti.
Siamo tutti affaticati dalla paura e dalla guerra. Tutti volevano la libertà, la rivoluzione, ma ora hanno raggiunto il limite e vogliono solo che finisca la violenza. Ogni giorno qualcuno dice addio a un suo familiare. Ogni giorno viviamo la paura. Io sono una delle poche persone che può andare in macchina in altre zone per lavorare in ospedali di fortuna. Ogni volta che esco prego, perché non sono sicuro che tornerò dai miei figli. È solo da 5-6 giorni che non ho paura di uscire. È la prima volta, in tre anni, che mi sento più al sicuro e non ho paura di un attacco.
Ma sentiamo ancora il rumore degli spari. Nelle vicinanze ci sono violenti combattimenti che sembrano sempre più vicini. La tregua in realtà non esiste anche se la violenza è diminuita. Si può dire che il livello di violenza è pari a circa il 15-20% rispetto a prima. Ma la gente ha ancora paura di ciò che accadrà dopo la fine della tregua, tanto più che un giorno prima che entrasse in vigore il cessate il fuoco, abbiamo subito circa 50 attacchi qui nella Ghouta. Era come se chi ci bombardava ci stesse dando una sorta addio. Abbiamo paura che quando finirà la tregua, la ripresa sarà ancora più dura.
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    Redazione
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    Poveri ma belli - 01-07-2025

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    Almendra è fresca e dolce. Almendra è defaticante e corroborante. Almendra si beve tutta di un fiato. Almendra è una trasmissione estiva di Radio Popolare in cui ascoltare tanta bella musica, storie e racconti da Milano e dal mondo, e anche qualche approfondimento (senza esagerare, promesso). A luglio a cura di Luca Santoro, ad agosto di Dario Grande.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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