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“Spero non si arrivi alla crisi”. Faraone di Italia Viva spiega la posizione sul Recovery Fund

Matteo Renzi Italia Viva Recovery Fund

Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva al Senato, commenta a Radio Popolare la presa di posizione del partito fondato da Matteo Renzi contro la task force tecnica proposta dal premier Conte per gestire i soldi europei del Recovery Fund.

L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni a Prisma.

Cosa contesta Italia Viva a Conte, in particolare sulla governance del Recovery Fund e dei fondi che arriveranno dall’Europa?

È una cosa molto semplice: si vuole di fatto sostituire le istituzioni democratiche, cioè il Parlamento, ma siamo arrivati perfino alla sostituzione del Consiglio dei Ministri, con una task force composta da sei tecnici. Se dobbiamo sostituire il Parlamento e il Governo nella gestione della più imponente operazione economica in questo Paese dal dopoguerra (stiamo parlando di 209 miliardi di euro una tantum che ci serviranno per rilanciare l’economia del nostro Paese) con dei tecnici che governino e gestiscano così tanti soldi tanto vale che arrivi un governo tecnico. Perché ci deve essere un governo politico? Noi reputiamo che questo sia un fatto sbagliato. Siamo convinti che ci debba essere la politica con le sue scelte strategiche a gestire queste risorse economiche. Non abbiamo bisogno di ulteriori carrozzoni: oltre alla task force ci sarebbe una nuova struttura che sarebbe una sorta di nuovo ministero dove si dovrebbero assumere consulenti, tecnici di altro tipo rispetto a quelli che già ci sono a Roma. Quella struttura si occuperebbe del Recovery Fund.

Secondo voi Conte sta facendo un governo ombra, un governo nel governo?

Secondo noi Conte si è un po’ abituato a una gestione del governo commissariale che è giustamente andata bene nella prima fase della pandemia, quando c’era da prendere delle decisioni che avevano a che fare con una gestione sanitaria abbastanza delicata, ma non può diventare quella la prassi. Ci sono commissioni parlamentari, con dentro parlamentari eletti dal popolo, che possono stabilire come indirizzare quelle risorse. Ci sono ministri nominati da lui, tra l’altro con affermazioni da parte sua un po’ eccessive sul fatto che sono i migliori del Mondo. Poi dice a tutti questi di stare in panchina che arrivano sei tecnici, sei burocrati, e decidono come gestire 209 miliardi per il Paese. Togliamo tutto l’aspetto politico: anche le forze sociali si lamentano di non essere state mai sentite rispetto all’utilizzo di questi miliardi. Vogliamo gestire le risorse in questo modo, senza ascoltare sindacati, Confindustria, gli agricoltori? Io credo sia surreale. Stiamo ricevendo, da parte della stragrande maggioranza dei cittadini, tante sollecitazioni ad andare avanti. Noi faremo la nostra battaglia proprio in nome delle istituzioni democratiche, che il Parlamento e il Consiglio dei Ministri siano coinvolti insieme a tutte le Regioni e i sindaci. Sono 209 miliardi, non bruscolini, e su questi soldi ci giochiamo il futuro del Paese.

L’Italia storicamente non ha fatto una bella figura nella gestione dei fondi europei. Forse l’idea dietro al mettere in campo questi tecnici è che servirebbe un controllo terzo rispetto alla politica?

Non credo sia questo il tema, anche perché la politica ha il compito di indirizzare le risorse economiche, non di gestire e nemmeno di stare lì burocraticamente a firmare “le carte”. Ci sono gli uffici, attualmente sono operativi nei Ministeri e a Palazzo Chigi, che svolgono la loro funzione. Se non vanno bene quelli è un problema. Il Presidente Conte ritiene che la nostra burocrazia è così impantanata da dover fare un nuova struttura (che già soltanto per metterla in piedi ci vorranno settimane). Perché non facciamo funzionare bene le strutture che abbiamo già? Bisogna dare a quelle strutture poteri straordinari (sulle grandi opere noi l’abbiamo sempre fatto). Utilizziamo quello che abbiamo, non costruiamo altri carrozzoni, e diamogli poteri speciali per agire in fretta. La politica faccia delle scelte, non sei tecnici. Abbiamo deciso di mandare Conte alla presidenza e non un tecnico perché pensavamo che questa fase andasse gestita dalla politica. Ancora di più lo pensiamo dopo la pandemia e dopo che l’Europa ci ha destinato queste risorse per risollevare il Paese.

Una regia politica c’è sopra questi sei tecnici, ed è al momento gestita da Conte e i Ministri Gualtieri e Patuanelli. Se coinvolgesse anche una delle vostre Ministre all’interno del Governo sarebbe già meglio per voi?

Tutto il ragionamento che ho fatto non cambierebbe: non è che se mettono un Ministro di Italia Viva cambia il ragionamento, il problema rimane identico.

Quale sarà allora il compromesso che Italia Viva è disposta ad accettare?

Intanto che non si utilizzi un emendamento alla legge di bilancio per una questione così importante, ma un provvedimento ad hoc che arrivi in Parlamento e venga discusso su come costruire questa governance delle risorse economiche. Poi, il coinvolgimento pieno del Parlamento sulla realizzazione del Recovery Plan, incluse anche le opposizioni. Mi spiegate perché metà Parlamento debba stare in panchina? Stanno in panchina sia la maggioranza che l’opposizione. Facciamo appello a tutte le forze politiche di questo Paese.

Senza queste due condizioni questa volta farete sul serio? Aprirete una crisi ritirando i Ministri?

Assolutamente sì, e devo dire che dentro la maggioranza sta crescendo sempre più la consapevolezza che la nostra è una posizione giusta. Io spero che non si arrivi a questo punto, perché credo che siamo in una situazione tale nel Paese dove una crisi di Governo non ce la possiamo permettere. È chiaro però che se si dovesse andare avanti senza ascoltare le nostre proposte, a quel punto è chiaro che bisognerà trarre le proprie conclusioni.

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    Pubblica di giovedì 20/11/2025

    Tre anni di Chat Gpt. Il 30 novembre 2022 la società californiana Open AI metteva a disposizione degli utenti, gratuitamente, il primo software di intelligenza artificiale (IA). A distanza di tre anni c’è una bolla speculativa, generata dagli investimenti multi-miliardari nell’IA, che rischia di scoppiare su Wall Street. Non è escluso, però, che si sgonfi lentamente, senza provocare grossi danni. Un’ipotesi che i capi di Big Tech (le grandi società tecnologiche da Apple a Microsoft, da Google a Amazon, a Meta e a diverse altre) sembrano escludere, preferendo messaggi allarmistici. Sundar Pichai, amministratore delegato di Google-Alphabet qualche giorno fa ha detto: se scoppiasse una bolla nel settore dell'IA «nessuna azienda ne sarebbe immune, inclusi noi». Pubblica ha ospitato il giornalista e saggista Michele Mezza e la filosofa della scienza Teresa Numerico.

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