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Emilia-Romagna, lo storico Alessandrini: “L’entrata a gamba tesa di Salvini ha irritato molti cittadini”

Stefano Bonaccini e Nicola Zingaretti Emilia-Romagna

La riconferma del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra, ha segnato il fallimento della strategia violenta e polemica di Matteo Salvini. Cosa si evince, però, dai risultati del voto in Emilia-Romagna?

Ne abbiamo parlato con Luca Alessandrini, direttore dell’Istituto Storico Parri Emilia Romagna. L’intervista di Alessandro Principe a Fino alle Otto.

Che lettura darebbe alla riconferma di Stefano Bonaccini?

La prima è la grande paura. Sembra impossibile che in Emilia-Romagna la sinistra debba avere paura di perdere. Indipendentemente dal risultato finale, che dà un grande vantaggio alle liste che sostengono Bonaccini, non era mai accaduto che ci fosse una paura così forte. Una paura che rievocava il 1999, quando la sinistra perse il comune di Bologna. Come si diceva correttamente a quel tempo, perse la sinistra, non vinse la destra. In Emilia-Romagna avevamo un fantasma che accompagnava la grande paura di perdere di fronte a Salvini: la paura del 2014, quando in una regione che aveva afflussi alle urne superiori alla media nazionale andarono a votare il 37,7% degli elettori. Uno schiaffo a mano aperta al partito di maggioranza della nostra Regione.
Ora questo voto sarebbe rientrato di fronte alla paura di Salvini o si sarebbe confermato un distacco dal Partito Democratico? Questa era la grande domanda che ha accompagnato queste elezioni e credo che la risposta non sia chiarissima. Al fianco del sollievo per aver fermato la destra nazionalista bisogna analizzare bene cosa è accaduto.
Colpisce, e questo era prevedibile, che ci sia stato un voto disgiunto praticato non soltanto nell’ambito della sinistra. Il Movimento 5 Stelle crolla in Regione in modo impressionante, col 4,7% dei voti, ma il candidato presidente di M5S ha preso solo il 3,5%: questo è il voto disgiunto. Questi hanno votato per Bonaccini per paura di Salvini, rinunciando al voto di partito.
Forza Italia, che è un partito di centrodestra e che ha rappresentato anche una parte del moderatismo, ha visto un fenomeno particolare. Anche lì è evidente il voto disgiunto: Forza Italia aveva il 5,9% e ha preso il 2,56% ed è molto probabile che una parte di questi voti siano andati a Bonaccini. C’è stato anche un riferimento esplicito negli ultimi giorni di campagna elettorale ad una possibilità di un voto disgiunto di Forza Italia che è stato negato dalla senatrice Bernini all’ultimo momento in maniera un po’ pacata. Aggiungo che la lista per l’Europa, che ha preso soltanto l’1,95%, era una lista che sosteneva Bonaccini, ma che come capolista aveva Cazzola, esponente di Forza Italia.

Quanto ha influito il movimento delle Sardine?

Questa è una grande domanda alla quale non c’è risposta. Le Sardine hanno svolto un ruolo, hanno ricordato che non era il caso di perdere. Hanno ricordato che, indipendentemente dalle opinioni nell’ambito di un centrosinistra estremamente articolato e lacerato, bisogna fermare Salvini.
Quanto abbia inciso la loro campagna sul voto non sono in grado di dirlo, certamente hanno concorso a riportare l’afflusso alle urne ai livelli storici. Non credo che abbiano portato altri voti, ma certamente hanno recuperato quel 30% di elettori di sinistra che nel 2014 erano rimasti a casa.

Nel discorso dopo la vittoria, Bonaccini ha parlato di arroganza in riferimento agli avversari politici. Secondo lei c’è stato un azzardo eccessivo di Salvini in dichiarazioni come “liberiamo l’Emilia-Romagna”?

Sì, certamente ha colpito nel segno. Quando ci sono elezioni comunali nelle quali vincono la Lega o il Movimento 5 Stelle e perde il Partito Democratico ci sono possono essere tanti fattori locali che sono oscillanti in questo periodo di incertezza degli schieramenti politici. Su scala regionale, però, l’entrata a gamba tesa di Salvini ha irritato molti da diversi punti di vista, a cominciare dall’aver spostato la campagna su una dimensione nazionale. È vero che il discorso del buon governo non funziona completamente: un cittadino può sempre pensare che si può stare meglio, ma un cittadino emiliano non fa il paragone tra come si sta in Emilia-Romagna e come si sta in Basilicata, ma fa il paragone tra come si sta e come si potrebbe stare. Avendo Salvini spostato il piano su una dimensione nazionale con un atteggiamento così violentemente polemico e con questa arroganza ha certamente irrigidito molti. Il discorso che ha portato avanti la candidata Borgonzoni nell’ultima settimana a proposito della sanità come in Lombardia ha spaventato molti, perché la sanità emiliana potrebbe essere migliore per un emiliano, che è abituato bene, ma è certamente incomparabile rispetto a quella a quella lombarda: il timore della privatizzazione, il timore di una imprenditoria selvaggia sui servizi essenziali.
Tutto questo ha portato ad un irrigidimento. Salvini, spostando la campagna elettorale in Romagna sul piano nazionale, ha spostato fuori asse la grande questione del governo locale. Noi da molto tempo assistiamo ad un assalto ai poteri locali e ad uno svuotamento delle Regioni, ma questo pure ha spaventato. Non si possono annientare gli organi del governo locale, quella democrazia dei corpi intermedi sulla quale è fondato il costrutto costituzionale che non poteva essere saltato così a piè pari.

Foto dalla pagina Facebook del segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti

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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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