L'Ambrosiano

L’elettore renitente

Inquieta che poco più d’un italiano su due abbia votato. Si dà colpa al Covid; ma il virus ha accelerato processi e fatto esplodere questioni non viste, mistificate per anni. L’afflusso alle urne in calo è un piano inclinato. Variazioni tra politiche, europee, comunali non intacca il trend. Aiutato dalla politica, che dopo una pessima campagna elettorale, continua a parlare di sé, dei suoi guai, del disperato bisogno di sopravvivenza d’una classe dirigente in cerca d’autore. Il non voto rimanda a domande scomode su: senso della vita e della morte; esigenze basiche di convivenza; rappresentatività di istituzioni, organizzazioni politiche, sociali, economiche, culturali.

La prima riflessione investe una parola: libertà. Chi ha disertato le urne ha esercitato un diritto; da capire quale: al dissenso (non mi riconosco in questa politica e non trovo modi per farmi sentire); più radicalmente, a rivelare la percezione d’un’inutilità dello stare insieme al mondo; alla passività verso l’istituzione vissuta come persecutoria, così si reggono paure e insicurezze proprie. «La libertà è partecipazione» è progetto politico, oltreché canzone di Gaber d’un tempo. La libertà è connotata dal sostantivo che segue. Per memoria: ad Auschwitz campeggiava l’orrendo: «Il lavoro rende liberi». Ci si libera “da” qualcosa (tirannia), ma, riscattati, o si vive la libertà “per” o si rischiano altre schiavitù. Occorre chiedersi come recuperare dei “per”: progetti e sogni; esempi umani coerenti; piani con tempi, modi risorse, altrimenti sono «bla bla bla», dice Greta.

La politica da sola non ce la fa. Ma la socialità siamo noi e i politici che mascherano i vuoti loro con bandierine sui municipi sono Ombre di nostri disagi. Che riveliamo in altro modo. L’Italia non vota ma raccoglie più d’un milione di firme per il referendum sull’eutanasia. Dal web, lamenti di morte o disperato inno alla vita? Un esempio, il paradosso. Penso a Calvino; immaginiamo L’elettore renitente: rifiuto della chiamata alle urne, ma voglia di rinnovarsi ponendo il problema di vivere e morire; la lotta vita/morte apologo della coscienza e della fatica gioiosa della libertà “per”; idee su cui merita confrontarsi; scelte! Essendo cittadini, non followers.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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    Le statistiche di fine anno sugli artisti più ascoltati su Spotify e la rubrica LGBTQ+ a cura di Piergiorgio Pardo. Nella seconda parte l'intervista con mini live di Elijah Wald, che ci racconta le sue avventure nel Greenwich Village degli anni '60, il quiz sul cinema e il concerto dei Royal Otis di ieri sera al Fabrique

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