Breaking Dad

Il giallo della porta chiusa

In attesa davanti alla scuola. Ci sono tornati da due giorni i pargoli delle elementari. Che ore sono? Le quattro e cinque minuti. Strano, sono sempre puntualissimi, com’è che non escono? Battute varie a tema rientro, Dad, virus variamente assortiti e variati.

Fatto sta che alle 16.10 le allegre faccette non sono ancora spuntate dallo scorcio della porta a vetri che divide il cortile della scuola dall’ingresso. “Scrivo sulla chat di classe!”. Ma se siamo tutti qua? “Ah, già”. La tensione comincia a crescere. Si cerca di parlare d’altro. Ma è difficile, anzi impossibile. Poi, una mamma lo dice.

“Deve essere successo qualcosa”. Giro di sguardi tra genitori, nonni e baby sitter. Parlano gli occhi, sbucano dalle mascherine e si scambiano sconcerto e preoccupazione. [MUSICA CUPA IN CRESCENDO]

“Eh, deve essere successo qualcosa”. Santiddìo, ho capito, ma cosa? Incuranti dello sgomento generale, due cagnolini si azzuffano allegramente. “Eh, che carini, giocano…”.

Ma va? Ma davvero giocano? Pensavo stessero mettendo in scena una versione cinofila (e cinefila) de “I duellanti”. Ma secondo te a noi ce ne importa qualcosa? Ti pare il momento di pensare ai quei due botoli che si menano?! [PENSIERI INESPRESSI]

Alle 16.14, quando già sono stati inviati i primi dispacci alla Protezione civile e a qualche Generale, la porta a vetri si apre. Mezzo secondo di suspense. Poi, il primo faccino spunta e strizza gli occhietti per il sole. E il secondo, e il terzo e tutti quanti. Gioia e tripudio. [PIANOFORTE E ARCHI PASSANO DA TONALITA’ MINORE A MAGGIORE, POSSIILE INSERIMENTO ARPA, MA FORSE E’ TROPPO]

Ma, certo, un bravo genitore sa mantenere un contegno, accidenti. Secondo voi basta così poco per fargli perdere il necessario self-control? “Tesooooroooooo, ciaoooooo piccolinooooooo, come staiiiiiiii??!!”. Appunto.

Qualcuno sostiene di aver sentito la maestra spiegare l’accaduto, ma la versione non è confermata. E’ un giallo. Non resta che indagare. E, come il tenente Colombo, provare capire dai diretti protagonisti cosa abbia turbato tanto profondamente un sereno pomeriggio di primavera. [QUI CAMEO DI PETER FALK NEI PANNI DEL BIDELLO]

Non sono necessarie domande, per la verità. I bimbi e le bimbe non parlano d’altro. Alcuni piagnucolano, altri sono visibilmente agitati. Altri ancora, con aria risoluta, mettono in fila i fatti, quelli assodati e quelli che rimangono da verificare.

Su un punto tutti concordano: la porta dell’aula si era chiusa e non si apriva. Ecco.

“Ma voi eravate dentro da soli?”

“Sì, la maestra era uscita un attimo”.

Eccola lì, davanti ai nostri occhi, la scena-madre: soli, dietro una porta chiusa, privati della libertà come Tim Robbins, li immagino già scavare un tunnel con i cucchiaini in plastica della macedonia. Alcuni, presi dallo sconforto, lanciare e riprendere ossessivamente una palla da tennis come Steve Mc Queen. Per 12, 15 minuti, forse di più, mentre l’ossigeno si fa via via più rarefatto.

Ma cosa è successo davvero? Chi ha chiuso la porta? Perché? E soprattutto, come è possibile che la stessa non si aprisse più, né dall’interno né dall’esterno?

Ecco. Questo è “Il giallo della porta chiusa”. La cui risoluzione non riveleremo perché i diritti sono già stati venduti a Netflix che ne realizzerà un serie in 86 puntate (la prima stagione).

In realtà, noi genitori eravamo piuttosto divertiti. Un po’ incuriositi, al limite. Ma i bambini erano davvero scossi. Fabrizio e il suo amico Marco sono tornati a casa a piedi insieme. Si tenevano vicini, con il braccio a cingere le spalle dell’altro. Erano serissimi. La mamma di Marco e io ce la ridevamo, stando dieci passi dietro loro. “Ma sai che bello, starsene chiusi in classe, tutti insieme, senza le maestre!” “Festa! Ah, se fosse successo a me, ai nostri tempi…”

Fulminato con lo sguardo.

“Papà, basta. Evita, per cortesia, di sovrapporre la tua necessità di ri-affermazione alla mia esperienza. La narrazione postuma di eventi dell’infanzia è fallace, perché travisata dal vissuto successivo. Riproporla, facendone un termine di paragone con il quotidiano dei figli, è un non-senso. Che rischia di sminuire le emozioni del bambino, anziché valorizzarle in funzione pedagogico/esperienziale”.

Ecco, non ha detto esattamente così. Ma il senso era quello. E allora, più tardi, abbiamo cercato di analizzare tutto quello era successo, passo passo, con divertimento e impegno, come se fosse davvero un giallo a lieto fine di cui Fabrizio e i suoi amici sono stati protagonisti.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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