Appunti sulla mondialità

Francia, un paese a isole che si allontanano

Mi era capitato di assistere di persona alle violenze e ai saccheggi che segnarono il default dell’Argentina nel dicembre del 2001. Iniziati con gli assalti ai supermercati nelle periferie, senza dubbi motivati dalla fame, e continuati con il saccheggio dei negozi di moda, delle boutique, dei negozi di dischi in pieno centro di Buenos Aires. Non si cercava più il cibo, ma le scarpe firmate, le magliette alla moda, il televisore. Era la rivolta dei “poveri” che non avevano come programma abbattere il sistema, ma partecipare alla festa dei consumi servendosi da soli. Soprattutto giovani, apolitici, poco scolarizzati, disorganizzati, scomparsi appena la polizia si riprese le strade. Quello che è successo in questi giorni in Francia mi ricorda molto da vicino quei fatti del 2001, ma con diverse aggravanti. Anzitutto la frattura coloniale mai sanata dalla Francia repubblicana, che ha attirato immigrati dalle sue colonie a partire dal dopoguerra senza mai mettere in discussione quel passato. Poi la frattura sociale, il modello di sviluppo a isole di reddito, con la nascita delle periferie-ghetto dove la stragrande parte delle persone hanno origini etniche e situazioni sociali simili. Infine l’abbandono di quelle periferie con il progressivo restringimento del welfare. I detonatori sono state tutte queste cose, ma non è corretto parlare di “rivolta dei migranti” come vorrebbe una certa destra che pensa di rinforzarsi gettando benzina sul fuoco. È invece la rivolta dei poveri, degli esclusi, dei senza futuro, di coloro che non si riconoscono nei valori della Francia perché la Francia non li riconosce come figli legittimi. Quei giovani che, sbagliando, hanno manifestato la loro rabbia hanno scritto sul corpo, nel nome, nella loro residenza la condizione di “mezzo-francesi”. Non si riconoscono nei valori repubblicani, ma nemmeno in quelli dei paesi di origine dei loro nonni o genitori. Dal 2009 in Francia si sta usando il curriculum “cieco”, cioè senza nome, residenza, foto per evitare le discriminazioni nella ricerca di lavoro. Perché in Francia funziona così: se sei figlio o nipote di immigrati puoi aspirare solo al lavoro in fabbrica, al pubblico impiego (ma in mansioni modeste) oppure all’impiego che non richiede qualifiche particolari. Quei ragazzi che manifestano non vogliono rovesciare il capitalismo, come si chiedeva nel ’68, ma avere le stesse opportunità degli altri.
Nei prossimi giorni le telecamere si spegneranno fino alla prossima rivolta, ma un soggetto nuovo è emerso come un vulcano marino, più forte, più arrabbiato di prima, senza rappresentanza ne conduzione politica. La Francia sembra sempre di più un paese “a isole” che si allontanano con in mezzo una destra radicale che fa terrorismo mediatico invocando “sicure” guerre civili in arrivo. Non esiste più, se è mai esistita, la nazione come “comunità di destini” evocata da Edgar Morin. La Francia, socialmente parlando, è in fiamme e non riesce a trovare il modo di superare la faglia geologica coloniale sulla quale è stata costruita.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    1) “Il mondo non deve lasciarsi ingannare: a Gaza il genocidio non è finito”. Il nuovo rapporto di Amnesty International ci chiede di non voltare la faccia dall’altra parte. (Riccardo Noury - Amnesty Italia) 2) Negligenza e corruzione. Cosa c’è dietro l’incendio del complesso residenziale di Hong Kong costato la vita a decine di persone. (Ilaria Maria Sala, giornalista e scrittrice) 3) Stati Uniti, l’attacco di Washington potrà avere effetti a lungo termine sulle politiche migratorie dell’amministrazione Trump e sulla vita di migliaia di migranti. (Roberto Festa) 4) Francia, dall’estate 2026 torna il servizio militare volontario. Il presidente Macron ha annunciato oggi quello che sembra più che altro un segnale politico e strategico. (Francesco Giorgini) 5) Spagna, una marea di studenti e professori in piazza a Madrid contro i tagli alle università pubbliche. La regione della capitale, guidata dalla destra, è quella che spende meno per gli studenti in tutto il paese. (Giulio Maria Piantedosi) 6) World Music. Entre Ilhas, l’album che celebra diversità e affinità musicali degli arcipelaghi della Macaronesia. (Marcello Lorrai)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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