In alto a sinistra

Cari compagni interisti vi scrivo…

Cari compagni interisti,

ve lo devo proprio dire: io (un pochino) vi invidio. Non certo per la fresca vittoria della scudetto. Di quelli, noi juventini, ne abbiamo a bizzeffe (giusto per fare un confronto, il diciannovesimo scudetto lo abbiamo vinto nella stagione 1980-1981, quando si poteva avere un solo straniero, preistoria!) e ne cederemmo volentieri cinque o sei in cambio di una bella coppa dalle grandi orecchie.

No, l’invidia è perché, checché ne diciate, voi non sapete cosa vuol dire soffrire veramente (calcisticamente parlando). Vi ammantate di epica della sofferenza, ma non ne conoscete il vero significato. Quello è appannaggio di noi, juventini di sinistra, forse in parte accomunati in questo dai vostri cuginastri rossoneri (nel lungo periodo berlusconiano).

Provo a spiegarvi cosa intendo: voi vi beate della vostra “pazza Inter”, delle partite (vinte o perse) all’ultimo secondo, dei match al cardiopalma etc… ma non potete capire la sofferenza profonda che prova un compagno juventino.

Avete un mucchio di cose con cui potete consolarvi.

Avete il vostro rosario laico “Sarti, Burgnich, Facchetti…”. Io, per ragioni anagrafiche, la prima formazione juventina che ricordo a memoria è quella “Zoff, Gentile, Cabrini, Bonini, Brio, Scirea, Bettega, Tardelli, Rossi, Platini, Boniek”. Capite? Avevo il poster di Bettega in camera, lo adoravo, e poi mi è diventato uno della Triade, con Moggi e Giraudo. Un trauma difficilmente superabile. E Platini? Le Roi Michel, poi mi diventa presidente Uefa e fa quel che fa. Cabrini mi si candida con l’Italia dei Valori (l’Italia dei valori!). Insomma, una delusione dietro l’altra.

Voi avete il triplete, il mai in B… Io ho la serie B post calciopoli e le sconfitte in finale di Champions. Mi ricordo ancora bambino le lacrime dopo la finale di Atene e il gol di Magath. Sorvolo sull’Heysel perché quella fu solo una tragedia. Arriviamo al 1996, Gianluca Vialli solleva la coppa a Roma, dopo la vittoria contro l’Ajax e io dove sono? Ventunenne militante politico probabilmente quella sera stavo organizzando la rivoluzione in qualche scantinato, e ero ebbro della retorica del “calcio oppio dei popoli, strumento del capitale etc…”. Insomma, niente festeggiamenti. Poi mi ravvedo, e capisco che il calcio è popolo. E cosa mi aspetta? La sconfitta a Monaco contro il Borussia Dortmund. L’anno successivo, quella contro il peggior Real Madrid dell’ultimo secolo (tra l’altro con gol in evidente fuorigioco). Poi la finale di Manchester, contro il Milan (ero allo stadio a Torino nella meravigliosa semifinale contro il Real Madrid, quando Nedved su ammonito e così saltò poi la finale. Tra l’altro, pure su Nedved da uomo di sinistra qualcosina avrei da dire). Più recentemente la finale persa contro il Barcellona, quella col Real Madrid, la semifinale sempre contro i blancos e un arbitro col bidone della spazzatura al posto del cuore.

Voi quando vincete gioite, festeggiate, è una festa di popolo. Noi quando vinciamo abbiamo sempre un rigorino regalato, un fallo di mano non visto, un’espulsione esagerata. Insomma, da uomo di sinistra, sempre contro le ingiustizie, faccio un po’ fatica a festeggiare pienamente.

Vogliamo poi parlare della società e degli allenatori?

Voi avete avuto il presidente buono, quello che aiuta i palestinesi e il Chiapas. Noi abbiamo avuto uno che impersonificava il peggior capitalismo italico con l’orologio sul polsino e adesso suo nipote con la sua arroganza da Superlega.

Voi la sfacciataggine di Mourinho, la classe di Gigi Simoni, la sfiga madornale di Hector Cuper (remember 5 maggio?). Noi l’antipatia rara di Capello, quella uguale di Conte (che ora dovete pure ringraziare per avervi fatto vincere uno scudetto dopo un decennio) e l’incapacità tattica di Delneri.

E dei calciatori che dire? Voi Ronaldo il Fenomeno, noi il fighetto Cristiano (sempre sia lodato). Voi il Capitano Javier Zanetti che dopo l’addio al calcio resta legato al club. Noi un club che caccia via in malo modo il Capitano Alessandro Del Piero.

Per non parlare dei tifosi vip. Voi avete Gino Strada, Elio e le storie tese, Roberto Vecchioni. Se vi va male Ligabue. Ah no, per fortuna (mia) avete anche Povia e la Russa! Noi Ramazzotti, Giletti (Giletti!) e la Panicucci.

Ci sarebbero molte altre cose da dire ma spero, cari compagni interisti, di avervi convinto: il vero uomo sofferente (calcisticamente parlando) non è l’interista di sinistra, ma lo juventino comunista. Voi siete come quelle persone che si sentono di sinistra ma poi votano Pd, convinti di aver fatto qualcosa di sinistra, sperando in una misera vittoria, accettando mille compromessi. Io soffro (calcisticamente parlando) quando la mia squadra perde e pure quando vince. E voto pure Rifondazione Comunista! Insomma, #maiunagioia.

  • Alessandro Braga

    Classe 1975. Giornalista professionista, prima di approdare a Radio Popolare ha collaborato per anni col Manifesto. Appassionato di politica, prova anche (compatibilmente col tempo a disposizione) a farla

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    L’esercito israeliano ha lanciato questa notte l’invasione di terra su Gaza City. Da ieri i carri armati sono entrati nel cuore della principale città della striscia, e i bombardamenti hanno colpito senza sosta strade, case, infrastrutture. Da questa mattina, i morti sono 89. Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella città. Migliaia di persone stanno invece cercando di fuggire, in un esodo verso un sud che non ha più spazio per ospitarli. Il servizio di Valeria Schroter.

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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    Una Napoli sconosciuta in bianco e nero in “Sotto le nuvole” di Gianfranco Rosi

    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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