Breaking Dad

Babbo Natale? Diciamo che lo stimo

Prima o poi doveva succedere. Non ci crede più neanche lui. Passi il grande, che ha il 45 di scarpa, sfila in corteo e va alle prime feste serali. Lo ammetto: è ragionevole che lui non creda più a Babbo Natale. Ma il piccolo, il cucciolo di casa! Ma come?! E non è stata colpa del vescovo-Grinch di Noto. E neanche della Commissione Europea con le sue circolari. E’ successo con naturalezza, come le cose che devono succedere.

Si fa la letterina: Franci il grande sta al gioco, come da un po’ di anni a questa parte, Fabri il piccolo elenca i desideri. Questo, questo, quell’altro… A un certo punto si arriva a un livello di spesa che tocca chiedere una deroga al Pnrr. Così non va, bisogna togliere qualcosa. “Ma tanto i regali non li comperate mica voi, no? Li porta Babbo Natale, no?”. Pausa. Bè, sì, però, in effetti… All’improvviso salta il tappo. Come una bolla di sapone che cresce, cresce ma quando è arrivato il momento scoppia. Bum!

Ma allora… ecco perché non si capisce come fa a portare tutto a tutti in una notte, ecco perché è impossibile che gli elfi costruiscano le X-Box con il legno e i chiodi, ecco perché quando lo vedevo dalla finestra, con il vestito rosso e la barba bianca, il nonno non era mai in casa, ecco perché se uno è ricco gli porta giochi da ricco, ecco perché le renne che volano non esistono proprio, ecco perché Pietro mi ha detto che non esiste e anche Marco era d’accordo, ecco perché. Perché non esiste.

Fabrizio non ci è rimasto male. Chissà da quanto tempo, in fondo al cuore, fingeva di crederci. E’ bello credere a qualcosa di magico che ti tiene legato all’infanzia. Grande Babbo, sei stato importante! Ma importante è anche non crederci più, se succede al momento giusto. Non credere più in qualcosa che ti hanno fatto credere perché eri piccolo: oh, raga, sono diventato grande. E’ quello che continueremo a fare per il resto della vita, tra l’altro: credere in cose che ci danno felicità fin quando ha senso e poi non crederci più e passare oltre, crescere ancora.

E poi, mica vorrai fare come Omar che il suo amico Vincenzo lo convinse che Babbo Natale non esisteva portando prove inconfutabili. E poi, acquisita ai suoi occhi una indiscutibile autorevolezza e credibilità, gli disse: “Invece Dracula esiste”. Mandando il piccolo Omar nel panico e facendolo dormire per mesi con il lenzuolo sopra la testa.

E’ inevitabile che l’aver smascherato Babbo Natale si ripercuota anche sull’altra protagonista delle feste. Santa Lucia. Sì, perché le origini parmigiano-veronesi hanno fruttato ai pargoli una doppia elargizione. Santa Lucia – per chi non lo sapesse – a Verona (come a Parma, a Brescia, a Mantova e qualche altra città padana) è la VERA festa dei bambini. A lei si scrive la letterina. E’ lei che porta i balocchi. I giocattoli e i dolcetti. Il Natale è la festa della famiglia, del pranzo, dei parenti, della messa, eccetera. Ma è Santa Lucia a esaudire i desideri! Con il suo asino a cui bisogna lasciare una ciotola d’acqua e qualcosa da mangiare, quando la notte si intrufola in casa per consegnare i doni.

Quindi, viste le premesse, considerate le attuali conclusioni… anche santa Lucia è una favola per bimbetti creduloni. O no? In effetti se ne parla meno. E’ meno inverosimile, in fondo, di quell’omone da pubblicità. E’ meno appariscente, si fa solo qualche città, tutte vicine: potrebbe pure farcela. Voi che ne dite? Vuoi vedere che Santa Lucia esiste davvero?

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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