
In Egitto è stato arrestato un consulente della famiglia Regeni. Si tratta di Ahmed Abdallah, ingegnere, uno dei dirigenti della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF). In questi mesi aveva spesso aiutato i legali della famiglia.
Anche Amnesty International conferma l’arresto del difensore dei diritti umani. Ahmed Abdallah è stato prelevato nella sua abitazione nella notte tra il 24 e il 25 aprile dalle forze speciali egiziane, che hanno perquisito la sua casa, sequestrato il suo telefono e il suo computer.
È accusato di istigazione alla violenza per rovesciare il governo, adesione a un gruppo “terroristico” e promozione del “terrorismo”. Accuse assurde, per chi lo conosce. Ma il gioco del regime egiziano è assimilare al terrorismo qualsiasi attività di critica al governo. In particolare l’ECRF ha lavorato per documentare le sparizioni di attivisti e semplici cittadini e ha denunciato l’esistenza di centri di detenzione segreti.
La famiglia Regeni si è detta “preoccupata”, sia per l’arresto di Abdullah, sia per l’ondata di arresti in Egitto che in questi giorni coinvolge almeno cento fra attivisti, avvocati e giornalisti “alcuni dei quali coinvolti nella ricerca della verità sul sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio”.
Il regime egiziano ha alzato il livello della repressione perché si sente minacciato da una possibile sollevazione popolare come quella che nel 2011 depose il dittatore Mubarak. Manifestazioni erano convocate al Cairo per il 25 aprile, ma la polizia ha giocato d’anticipo, arrestando tutti coloro che si occupano di libertà civili e diritti umani. Le strade lunedì sera erano così presidiate che i manifestanti non hanno quasi potuto riunirsi. Gli agenti hanno lanciato lacrimogeni e arrestato decine di persone, fra cui 43 giornalisti che erano lì per documentare le proteste. Sette di loro sono ancora detenuti.
Ahmed Abdallah era nel mirino da tempo. Lo scorso 9 gennaio tre agenti in borghese avevano fatto irruzione in un caffè del Cairo dove Ahmed va spesso, senza trovarlo. Abdallah ha denunciato l’accaduto alla procura, avvertendo di considerare responsabile il ministero dell’Interno nel caso fosse scomparso, o qualcuno gli avesse fatto del male.
Il direttore della sua organizzazione, Mohamed Lofty, non può viaggiare dal giugno 2015, quando le autorità egiziane gli vietarono di volare a Berlino per parlare a una tavola rotonda organizzata dai Verdi al Parlamento Tedesco.
Un altro membro della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, Ahmed Said, è stato condannato nel novembre 2015 a due anni di prigione per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata. Altri suoi due compagni sono in carcere da dicembre. L’associazione è finita anche nel mirino dei media di regime che hanno accusato i suoi membri di tenere riunioni segrete con diplomatici europei e statunitensi per cospirare contro l’Egitto.
Intanto la magistratura egiziana ha annunciato di aver aperto un’inchiesta contro l’agenzia di stampa Reuters per le rivelazioni di giovedì scorso. La Reuters aveva scritto che – secondo sei diverse fonti della polizia e dell’intelligence – Regeni fu arrestato la sera in cui scomparve, lo scorso 25 gennaio. Il caporedattore della Reuters al Cairo ora è indagato per aver diffuso notizie false, che turbano l’ordine pubblico e attentano alla reputazione dell’Egitto.