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Venezia 81, hanno vinto i film più politici

Non è stata una sorpresa il Leone d’Oro a Pedro Almodovar, perché “La stanza accanto” ha convinto tutti, per la sua forza politica rivolta al diritto di scegliere l’eutanasia. Anche gli altri premi assegnati dalla Presidente di Giuria Isabelle Huppert, hanno seguito questa direzione. Con due registe donne: Leone d’Argento per Maura Delpero con “Vermiglio” e Premio Speciale della Giuria per la georgiana Dea K’ulumbegashvili, che trattano temi sulla libertà del corpo femminile. Così come il personaggio di Nicole Kidman in “Babygirl” di Halina Reijn. Politico anche il film di cui è interprete Vincent Lindon, “Noi e loro” diretto dalle sorelle Coulin in cui l’attore, noto per i suoi ruoli d’impegno civile, è un padre che contrasta la deriva di estrema destra del figlio. Il Premio per la sceneggiatura ai due autori di “Ainda estou aqui” di Walter Salles riporta l’attenzione sulla dittatura militare in Brasile. E “The Brutalist” di Brady Corbet mostra i traumi della shoà su un architetto ebreo. In questo palmarès, ma in un’altra sezione figura Francesco Gheghi al centro del film “Familia” di Francesco Costabile con una storia di violenza domestica. E Nanni Moretti che ritirando il premio per il restauro di “Ecce Bombo” invita a reagire alla prossima pessima legge sul cinema, di fronte al neo ministro della Cultura Alessandro Giuli.

Mussolini negli occhi di Luca Marinelli e Luigi Comencini secondo la figlia Francesca

In attesa di conoscere a chi verrà consegnato il Leone d’Oro e gli altri premi, gli occhi del Lido sono puntati su una delle serie tv più attese della stagione. Due giornate, otto episodi e più di sei ore di proiezione per “M. Il figlio del secolo”, il film seriale tratto dal primo dei tre libri di Antonio Scurati. Nelle mani del regista britannico Joe Wright il testo diventa il volto e la voce ingombrante di Luca Marinelli. “Da antifascista convinto, cresciuto in una famiglia antifascista, interpretare Mussolini è stata una delle cose più dolorose della mia vita”, ha rivelato l’attore a Venezia. Sguardo rivolto allo spettatore che inchioda per mostrare senza pudore e senza scappatoie che cosa significhi il fascismo. Quello di ieri, ma ancora di più quello di oggi. Commuove fuori concorso “Il tempo che ci vuole”, di Francesca Comencini. Una forma di dialogo con il padre Luigi, creatore delle “Avventure di Pinocchio”, che diventa una confidenza su un periodo complicato della regista. In scena Fabrizio Gifuni e Romana Maggiore Vergano, la figlia di Paola Cortellesi in “C’è ancora domani”.

Elio Germano è Matteo Messina Denaro in “Iddu”

Il concorso sta arrivando al termine e l’ultimo film italiano in corsa per il Leone d’Oro è “Iddu” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Di chi si parla si sa da tempo, ma finalmente abbiamo scoperto come. Iddu è Matteo, boss di Cosa Nostra, nascosto da anni e in comunicazione con pochi fidati eletti attraverso i pizzini. Il film, nato prima dell’arresto e morte di Messina Denaro, ha come protagonista Elio Germano e l’apparentemente fedele Catello, incastrato dai Servizi Segreti è Toni Servillo. Tra regolamenti di conti, promesse non mantenute e giochi di potere i due registi aggiungono in alcuni dialoghi e situazioni dei toni da commedia. In un paesaggio assolato e misterioso risaltano la fotografia di Luca Bigazzi e la colonna sonora firmata da Colapesce. Il regista Antonio Piazza – ha racconta qui a Venezia – di aver subito negli anni ‘80 minacce di stampo mafioso rivolte a suo padre, piccolo imprenditore a cui hanno bruciato cantieri e intimidito in diverse occasioni. Raccontare la mafia al cinema è per Piazza e Grassadonia quasi una missione, ma per realizzare “Iddu” gli sono stati rifiutati i fondi pubblici.

Le ragazze della porta accanto di Diva Futura e la doppia follia di Joker e Lady Gaga

La forza di “Diva Futura” di Giulia Louise Steigerwalt è la ricostruzione di un contesto politico sociale italiano degli anni ‘80 e ‘90. Il quarto film italiano in concorso esamina la figura di Riccardo Schicchi regista e agente del porno, incarnata in modo convincente da Pietro Castellitto, fondatore dell’agenzia del titolo. È anche il luogo che ha dato celebrità a Ilona Staller, Eva Henger, Moana Pozzi e che vediamo interpretate anche nel film. Il racconto parte dal libro “Non dite alla mamma che faccio la segretaria” di Debora Attanasio, ex assistente d Schicchi e portata in scena da Barbara Ronchi. “Il sogno di rivoluzionare il mondo dell’erotismo è stato tradito dall’aver contribuito a creare un’immagine distorta della sessualità femminile, in cui la violenza e la mercificazione del corpo hanno preso il sopravvento – ha dichiarato la regista a Venezia”. Per quanto riguarda l’attesissima seconda parte di “Joker-Folie a deux” con Joaquin Phoenix e Lady Gaga si tratta un film molto diverso dal precedente, ambientato prevalentemente tra prigione e tribunale con alcune sorprese non rivelabili e che confermano la bravura del protagonista.

Venezia 81, il romanzo manifesto della comunità LGBTQ+ in Queer di Luca Guadagnino

È arrivato “Queer” di Luca Guadagnino, terzo film italiano in concorso a Venezia 81. Dall’omonimo libro di William Burroughs scritto nel 1952 e censurato per anni per la troppa omosessualità esplicita, Guadagnino riprende un episodio del personaggio alter ego dello scrittore. A Città del Messico William Lee, oppio dipendente e semi alcolizzato si innamora del molto più giovane Eugene Allerton, che ricambia in modo ambiguo, giocando con i sentimenti di Lee. Il film vanta una ricostruzione ineccepibile di quegli anni, con piante allucinogene comprese, mettendo a confronto Daniel Craig con l’attore Drew Starkey con un testo sacro per la comunità LGBTQ+. Di tutt’altro genere è “Harvest” girato dalla regista greca Athina Rachel Tsangari, nella campagna inglese del tardo ‘500, dal romanzo di Jim Crace, tra lavoratori agricoli e proprietari terrieri che prendevano il controllo dei campi coltivati sul finire della rivoluzione agricola.

La famiglia in Val di Sol di Maura Delpero e l’eutanasia nel fine vita per Pedro Almodovar

Il secondo film italiano in concorso è “Vermiglio” di Maura Delpero. Il titolo è il nome di un villaggio della Val di Sole in Trentino, da cui proviene la famiglia della regista e di cui il film riporta alcuni momenti nel periodo della seconda guerra mondiale. Il nonno, all’epoca insegnante che alfabetizza bambini e adulti, la nonna sempre incinta, tanti figli e una ragazza madre. Una condizione femminile costretta dagli eventi a emanciparsi dove vige il patriarcato. Una storia semplice per raccontare le conseguenze della guerra tra paesaggi meravigliosi, innevati e illuminati dal sole, con la gente del luogo che recita in dialetto. Sempre in concorso il ritorno di Pedro Almodovar con “The room next door” con Tilda Swinton e Julianne Moore. Una riflessione toccante sulla morte, l’eutanasia e la sete di vita. Ma è anche un film sull’empatia e sull’amicizia profonda – ha sottolineato il regista spagnolo – sulla capacità di aiutare qualcuno. Questo film è una risposta ai discorsi d’odio.

Venezia 81, la dittatura militare in Brasile e i lupi solitari

Nel concorso ufficiale di Venezia 81 si iniziano a intravedere alcuni possibili premi. Uno di questi potrebbe essere per “Ainda Estou Aqui” di Walter Salles. Il regista già noto per “Central do Brasil” e “I diari della motocicletta”, in questo ultimo film si ispira a una storia vera, ambientata nel 1971 a Rio de Janeiro durante la dittatura militare in Brasile. Una vicenda come tante nel Sud America di quegli anni, in cui i desaparecidos si contavano a migliaia. La famiglia di Rubens Paiva, ex deputato di sinistra ingenuamente impegnato con altri compagni a debellare la dittatura, finché un giorno è lui ad essere prelevato e incarcerato da scagnozzi dell’esercito. La moglie Eurice porta avanti la ricerca disperata del marito, scontrandosi con la brutalità dei carcerieri e proteggendo i cinque figli. Uno di loro, Marcelo, ha scritto il libro omonimo che ha ispirato il film. Intanto sono arrivati Brad Pitt e George Clooney, insieme nel film “Wolfs”, due irresistibili risolutori di problemi, come insegnava Harvey Keitel in “Pulp Fiction”.

Medici di guerra e suprematisti bianchi

“Campo di Battaglia” di Gianni Amelio è il primo titolo italiano passato nel concorso ufficiale. Non un film di guerra, come ha dichiarato lo stesso Amelio, ma un film sulla guerra. Infatti il film si svolge in un ospedale da campo, girato nei dintorni di Udine, Codroipo e Gorizia, sul finire della Prima Guerra Mondiale tra i soldati feriti in attesa di sapere se tornare a casa perché invalidi o se riprendere i combattimenti. Il verdetto è nelle mani dei due medici Stefano Zorzi, più umano e compassionevole, interpretato da Alessandro Borghi e Giulio Farradi (l’attore Gabriel Montesi) severo patriota, poco attento al dolore dei ricoverati.

Dagli Stati Uniti è arrivato “The Order” di Justin Kurzel, prima metà degli anni ‘80 quando iniziavano a formarsi i nuovi gruppi di suprematisti bianchi nazisti, pronti a distruggere la democrazia americana con azioni armate e violente. Il leader Bob Mathews inseguito dall’Agente dell’FBI interpretato da Jude Law, l’attentato allo speaker radiofonico Alan Berg. E’ storia vera che fa capire da dove è germinato l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021

La lettera senza tempo di Einstein a Freud applicata al conflitto in Medio Oriente

Era il 1932 quando Albert Einstein scrisse a Sigmund Freud per capire come evitare la guerra. Da quella lettera senza tempo il regista israeliano Amos Gitai prende spunto per “Why War” presentato Fuori Concorso a Venezia 81, nonostante il boicottaggio da parte del suo Paese. Una riflessione di immagini e parole recitate in modo teatrale, con l’aiuto di attori, per ripercorrere le radici della guerra e cercare spiegazioni sulla ferocia dei conflitti che si sono susseguiti nei secoli. “La razza, la religione, la nazionalità sono tutte ragioni di guerra, ma il dialogo resta l’unica strada possibile – dichiara il regista sbarcato al Lido – e la vittoria non esiste finché la Palestina sarà sotto Hamas, così come Israele con un governo estremista”. Nel film Gitai evita di mostrare immagini di guerra troppo esplicite per non cadere nella tossicità della narrazione sulla guerra in cui siamo immersi ogni giorno.

Le tante forme dell’amore nei film di Venezia 81

L’amore declinato in diverse forme, l’amore che acquista anche un valore politico, drammatico, estremo, grottesco o malinconico. Sia in concorso che nelle altre sezioni sembra che riflettere su sentimenti e relazioni sia diventato necessario. In gara per il Leone d’Oro ieri ne sono passati due. “Babygirl” di Halina Reijn si muove tra sesso e potere analizzando gli incontri erotici di una manager con l’età e il fisico di Nicole Kidman e il suo giovane stagista. Sposata e con due figlie la protagonista mette in discussione matrimonio e dignità professionale. Nel francese “Trois Amies” di Emmanuel Moret si scoprono le visioni differenti di tre amiche sui temi amorosi, sentimentali e relazionali. In entrambi i film le visioni sono molto femminili, tra monogamia e poli-amori, liberazione dei desideri e sensi di colpa, sincerità e gelosia, sembra di intravedere un’attenzione per una nuova educazione all’affettività.
La mostra del Cinema di Venezia è anche l’occasione per esporre le proprie opinioni sulla realtà non solo con i film: Sigourney Weaver e Oprah Winfrey con il loro sostegno a Kamala Harris respingendo Trump o Lino Musella e Laura Morante sul red carpet per la Palestina.

Il declino di Maria Callas lancia la corsa al Leone d’Oro

Il concorso ufficiale è cominciato con “Maria” di Pablo Larrain. Il regista cileno di “El Conde” torna al Lido con l’ultima parte della sua trilogia biografica: dopo “Jackie” su Jacqueline Kennedy e “Spencer” su Lady Diana ora il focus è su Maria Callas, negli ultimi mesi della sua vita a Parigi. Protagonista Angelina Jolie, una diva nei panni di una diva, ancora alla ricerca della voce cristallina di un tempo. Si dipana un flusso di pensieri dolorosi sul suo passato sentimentale e artistico contrapposto a un presente colmo di visioni e lampi di follia, che non le permettono di riconoscere la realtà dal delirio. Al suo fianco il fedele maggiordomo e la cuoca, interpretati da Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher. Alcune scene del film sono state girate al Teatro alla Scala di Milano riproducendo immagini di repertorio delle interpretazioni originali di Maria Callas.

Grande successo per “Disclaimer” la serie tv di Alfonso Cuaron, messicano, già Leone d’Oro e Oscar per il film “Roma”, qui impegnato a ritrarre la storia torbida e inquietante di una famiglia apparentemente perfetta. Diversa da quelle famiglie costrette a disgregarsi viste in “Separated” di Errol Morris, che mostra come la politica di Trump abbia strappato i bambini dalle madri sul confine tra Messico e Stati Uniti.

Da Sigourney Weaver a Monica Bellucci: le donne che hanno inaugurato Venezia 81

Un’apertura con la D maiuscola quella di Venezia 81. Con l’attrice Sveva Alviti a condurre la cerimonia, il Leone d’Oro alla Carriera per Sigourney Weaver (grande sostenitrice di Kamala Harris), Isabelle Huppert Presidentessa di Giuria e un red carpet con le protagoniste di “Beetlejuice, Beetlejuice”: Wynona Rider, Monica Bellucci e Jenna Ortega. Il film d’apertura diretto da Tim Burton riprende i temi e parte del cast di quello suo del 1988 per tornare a mostrare con maggior tecnologia i mostri e i contatti con l’aldilà, creando una bizzarra relazione orrorifica tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Questo inesplicabile contatto in bilico tra la vita e la morte la si ritrova anche in “Nonostante”, il film di e con Valerio Mastandrea che ha inaugurato la sezione Orizzonti. Nell’irrealtà della situazione, qui i tratti sono un po’ più a dimensione umana, accompagnando lo spettatore più a un’introspezione emotiva che a un filo narrativo logico. Un film poetico, fatto di atmosfere e sentimenti, di personaggi candidi che scoprono altre vie, lontane dalla normale quotidianità.

Al via Venezia 81 tra storia, star e serie tv

Una mostra piena di star, di maestri del cinema, di film lunghi e di serie tv. Non mancherà l’aspetto storico e di sguardo sulla realtà da ogni angolo del mondo. E sembra essere mantenuto anche in questa edizione l’impegno di Aberto Barbera ad ospitare nelle sezioni del concorso un numero cospicuo di cineaste. È la prima edizione della Mostra del Cinema di Venezia sotto la guida alla Biennale di Pietrangelo Buttafuoco, che ha cominciato complimentandosi con il lavoro portato avanti da anni dal direttore artistico Barbera.

Venezia sempre più vicina ad Hollywood, con film che vincono gli Oscar e popolano il red carpet. Da domani vedremo sfilare: Sigourney Weaver (Leone d’Oro alla Carriera), Lady Gaga, George Clooney, Joaquin Phoenix, Angelina Jolie, Brad Pitt, solo per citarne alcuni. Molta Italia, a partire dalla pre-apertura con la versione restaurata di “L’Oro di Napoli” di Vittorio De Sica e con cinque film su ventuno, in corsa per il Leone d’Oro: “Campo di Battaglia” di Gianni Amelio, “Iddu” di Piazza e Grassadonia, “Vermiglio” di Maura Delpero, “Queer” di Luca Guadagnino e “Diva Futura” di Giulia Louise Steigerwalt.

La cerimonia d’apertura con “Beetlejuice, Beetlejuice” di Tim Burton con Jenna Ortega, Micheal Keaton, Winona Ryder, Willem Dafoe e Monica Bellucci.

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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