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“Non ho paura, andiamo avanti”

Non ho paura, anche se questo è il terzo attentato che subiamo. Hanno colpito, in questi mesi, tre chiese diverse della zona. Ieri è toccato alla mia. Penso sia un avvertimento criminale, un ricatto forse legato al lavoro che facciamo nel sociale”.

Don Vinicio Albanesi parla con noi dalla sua chiesa di San Marco alle Paludi di Fermo, nelle Marche. Martedì, verso le 23.30, un ordigno rudimentale è stato fatto esplodere davanti al portone della chiesa.

Nessuno è rimasto ferito ma i danni sono stati ingenti: la deflagrazione ha mandato in pezzi le vetrate e il rosone della cappella, rovinati alcuni banchi dentro la chiesa. È il terzo attentato ai danni di luoghi di culto e sedi parrocchiali. Nel febbraio scorso un ordigno esplosivo era stato innescato davanti alla canonica del Duomo di Fermo e stessa sorte aveva subìto il portone d’ingresso della casa del parroco del quartiere Lido San Tommaso.

attentato san marco

 

Don Albanesi è presidente della Comunità di Capodarco e direttore della Caritas diocesana. È stato anche fondatore dell’Agenzia giornalistica quotidiana, Redattore Sociale, prima testata in abbonamento edita da una realtà del terzo settore.

La sua comunità è particolarmente impegnata nell’assistenza ai poveri, ai migranti e recentemente opera anche in un quartiere, Lido Tre Archi, dove è presente prostituzione e spaccio di droga.

“Siamo un Chiesa attiva su tutti i fronti, contro il degrado dei quartieri e per l’accoglienza dei migranti, e questo probabilmente dà fastidio”, spiega don Vinicio. “La mia vita è nelle mani di Dio, e io non mi faccio certo intimorire: andiamo avanti, con più determinazione di prima”.

La Comunità di Capodarco, diretta da don Vinico, è un’associazione formata da varie Comunità locali, fondata nel 1966. Così si presenta sul proprio sito:

Alla base del progetto della Comunità di Capodarco c’è un processo di liberazione individuale e collettivo di coloro che non sono tutelati. La Comunità sceglie di stare dalla parte di chi non ha diritti e agisce perché i non tutelati e i non garantiti si formino una coscienza dei loro diritti e doveri per diventare i soggetti della propria liberazione e riscatto. Questo processo si basa su alcuni principi di fondo:

  • il rifiuto dell’atteggiamento pietistico nei confronti di chi è in difficoltà e il superamento di ogni assistenzialismo;
  • lo stile della condivisione, del coinvolgimento profondo con la storia dell’altro, del pagare di persona;
  • la territorialità dell’intervento per evitare di chiudersi nella propria struttura ed aprirsi alle realtà circostanti;
  • la quotidianità come spazio in cui tutti hanno la possibilità di crescere e di emanciparsi attraverso il lavoro, momenti di vita comune, attività di servizio sociali.

Don Vinicio è un prete di frontiera, non si è mai tirato indietro, sempre dalla parte degli ultimi. E oggi, osservando il comportamento dell’Europa sui migranti, sui rifugiati, è molto arrabbiato.

Questa Europa – ci dice – è ottusa, egoista e, scusate il termine, anche stupida, perché non capisce che le popolazioni che arrivano sono delle ricchezze. Sono delle ricchezze perché sono istruite, hanno voglia di futuro, sono fertili e possono benissimo essere integrate nel nostro mondo, al di là del colore della pelle, dei costumi. Non farlo è di una stupidità incredibile da parte dell’Europa”.

Ascolta qui l’intervista integrale con don Vinicio Albanesi

don vinicio sito pb

 

Preti di frontiera: (da sinistra) don Vinicio Albanesi, mons. Nunzio Galantino, don Maurizio Patricello, don Luigi Ciotti, don Gino Rigoldi
Preti di frontiera: (da sinistra) don Vinicio Albanesi, mons. Nunzio Galantino, don Maurizio Patricello, don Luigi Ciotti, don Gino Rigoldi
  • Autore articolo
    Piero Bosio
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