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Blocchi del traffico? Cinzia Perrino del Cnr: “Come chiudere la stalla quando sono scappati i buoi”

Inquinamento - Blocco del traffico

In questi giorni nelle principali città italiane sono in vigore dei blocchi o limitazioni del traffico con l’obiettivo di limitare lo smog, ormai ai massimi livelli da giorni. Servono davvero provvedimenti del genere?

Ne abbiamo parlato con Cinzia Perrino, direttrice dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). L’intervista di Alessandro Braga a Fino alle Otto

È una misura che incide in maniera molto limitata perché le emissioni da traffico sono soltanto una delle tante sorgenti che producono polveri nell’atmosfera. Andare a diminuire una di quelle sorgenti – perché il blocco non è totale, ma è imposto soltanto per alcune ore e alcune categorie di veicoli – riduce le concentrazioni di inquinamento in maniera estremamente limitata, soprattutto nel bacino padano. In quelle zone il contributo del traffico è ancora minore perché c’è un impatto maggiore di un altro tipo di polveri, quelle che si formano in atmosfera a partire da inquinanti gassosi, quelli che provengono dalle attività agricole e di allevamento, che producono ammoniaca. Questa ammoniaca in atmosfera reagisce con altri inquinanti e forma delle polveri cosiddette secondarie, che nel nord Italia sono particolarmente elevate.

Quali potrebbero essere delle iniziative concrete?

Come iniziative emergenziali c’è ben poco da fare. Quando la situazione di instabilità atmosferica si prolunga per tanti giorni, i buoi ormai sono scappati e chiudere la stalla serve a poco. In emergenza si possono ridurre solo le sorgenti su cui si può effettivamente agire, come il blocco del traffico.

Un maggior coordinamento a livello nazionale potrebbe portare a misure più efficaci?

Assolutamente sì. Un maggiore coordinamento tra le Regioni è necessario soprattutto nell’area della pianura padana, perché ovviamente l’atmosfera non conosce limite regionali o comunali.
Il problema è che non bisognerebbe limitarsi alle misure emergenziali, bisognerebbe prendere delle misure per la vita di tutti i giorni. Cercare di limitare il numero di chilometri percorsi dagli autoveicoli, favorire il trasporto pubblico e favorire la mobilità elettrica, ma anche cercare di agire anche sulle emissioni di ammoniaca nel bacino padano. Bisognerebbe evitare o limitare al massimo i riscaldamenti a legna, perché si tratta di un’altra sorgente di polveri molto importante e a cui spesso non si bada troppo.

C’è un deficit della politica che non riesce ad intervenire in maniera strutturale?

Sì, ma è chiaro che si tratta di interventi costosi e complessi. Non sto dicendo che ci sia una ricetta facile e qualche cattivone che non vuole applicarla. Sono interventi complicati e costosi che bisogna fare, non solo perché ce lo impongono i regolamenti europei e non farlo ci esporrebbe a penali, ma soprattutto per salvaguardare la salute dei cittadini.

Cosa studiate di preciso all’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr?

Studiamo la qualità dell’aria e tutte le specie inquinanti che si trovano nell’aria, non soltanto le polveri, i meccanismi di formazione e le sorgenti di questi inquinanti. E di conseguenza quali sono le misure che si possono adottare per diminuirle, quali sono i processi che avvengono in atmosfera e tutto ciò che è legato alla qualità dell’aria.

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