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Mia cara Olympe

8 marzo, penso a te, mia cara Olympe e alle altre

Penso a te, mia cara Olympe, che sei stata tra le prime e così lucida e così coraggiosa. Penso al tuo ‘Uomo, dimmi. Chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso?’.

Penso alle donne, alle bambine, alle mamme che sono morte poco lontano dalla spiaggia di Cutro e a quelle che si sono salvate. A quelle che sono andate a cercarle, a quelle che le hanno aiutate. Un nome per tutte, Torpekay Amarkhel, giornalista afgana, morta anche lei.

Penso a Masha Amini e a tutte le altre iraniane e allo slogan bellissimo ‘Donna, vita , libertà’ che le porta in piazza e che ha fatto da traino anche agli altri, agli uomini.

Penso al mio Pantheon di donne, a quanto mi ha dato, e so che per fortuna è affollato e aumenta sempre: le scrittrici, le poete – penso a Patrizia Cavalli e a Szymborska –  le attrici, le artiste, tutte quelle che hanno pensato, lottato, cambiato.

Penso che ‘Le nuotatrici’ sia un bellissimo film e che vedere una donna che nuota mi ha sempre dato una sensazione straordinaria di potenza e libertà.

Penso al coraggio delle donne in guerra, alle ucraine che sono scappate con i figli, a quelle che  poi sono tornate indietro perché la vita si può strappare fino ad un certo punto. E rivolevano la loro.

Penso che mi piacerebbe che le donne fossero più spettinate. E che avessero una stanza tutta per sé.

Penso alle raccoglitrici di olive e alle gelsominaie calabresi degli anni Cinquanta, le ho viste qui e qui.

Penso alle mie amiche, alle donne della mia famiglia che è una famiglia di tante donne molto diverse tra loro, alle tante con cui ho fatto cose, – manifestazioni, seminari, documenti, riunioni, libri, giornali ma anche parmigiane di melanzane, risate e discorsi mai finiti.

Penso che le donne dovrebbero disubbidire di più, dovrebbero curare la tristezza con la cioccolata – e non stare perennemente a dieta – e ridere in faccia ai passanti. (Grazie sempre Marina Cvetaeva).

Penso a mia figlia, alla scommessa delle ragazze e sono piena di orgoglio per loro.

Penso a mio figlio e spero di essere stata una buona madre di un maschio. E’ importante.

Penso che oggi si litiga tra i femminismi su tanti temi, e penso che anche il conflitto più necessario vada esercitato con intelligenza e cura reciproca.

Penso a mia madre che non c’è più e mi ha consegnato molte cose preziose, il gusto del pensare con la propria testa, ma anche i fiori e il Mitsouko.

Penso alle porte chiuse in faccia e a quelle aperte o tenute socchiuse, a forza, perché entri  almeno un po’ di speranza nei momenti bui. Le donne lo sanno fare.

Penso a me che invecchio, che un po’ mi odio e un po’ mi faccio tenerezza. Ma penso che è stato sempre così.

Penso ai numeri, a me piacciono: dicono i numeri che ci sono tanti gap da superare, che i diritti delle donne arretrano, che ci vogliono più di 130 anni per raggiungere la parità di genere, che le donne trovano mille ostacoli: a vivere, a lavorare, a studiare, a fare figli e a non farli, ad essere come vogliono,  a decidere, a comandare. E che anche tutto questo è molto diseguale e la differenza la fanno i passaporti, i soldi, la parte del mondo in cui nasci.  Dicono anche che le donne sono dappertutto, però.

Penso a Jacky Fleming  e alle sue donnine che si recuperano l’una con l’altra dalla pattumiera della storia in cui gli uomini le hanno cacciate.

Penso con invidia a chi sa ricamare, tessere, cucire. (Quando sei triste, usa le mani. O prendi un libro).

Penso che forse non avrei dovuto mettere in fila questi pensieri disordinati e forse un po’ retorici, ma  sentirmi parte di questa catena lunghissima e solida di donne mi dà forza e fa del mio 8 marzo, un giorno di gratitudine: per quelle prima, per quelle accanto, per quelle che cammineranno dopo.

 

 

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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The Italian Job

Piantedosi & Co, the indifference that kills

Lies, omissions, silence, and refusal to take responsibility. Piantedosi ‘s speech in Parliament yesterday was cowardly, despicable, and insincere, contradicted by data, documents, Frontex’s electronic records, nautical charts, sea bulletins, and everything else.
The only argument left that’s worth discussing, and which even Meloni used, is “no one can think we wanted a massacre”. And of course, no one believes that the over 70 deaths in Cutro were the result of a deliberate massacre.
That’s not the issue, that’s not the accusation. The victims died because of something else, something called indifference.
The same cold indifference that transferred the 60 survivors of the shipwreck to a dilapidated structure without beds, without heating, only one shared bathroom.
The same inhuman indifference that forces NGO ships to travel an extra four or five days to land migrants in northern ports and then bus them back to the south.
The same bureaucratic indifference that leaves foreign police offices understaffed, forcing asylum seekers to wait endlessly in freezing night queues, like in via Cagni in Milan.
The same cynical indifference that led Vittorio Feltri to write, “leaving is a bit like dying”. The same mocking indifference of Salvini when he calls migrants “gym buffs”.
From indifference to contempt and from contempt to massacre, as we’ve seen, the road is not that long.

Piantedosi, Salvini, Meloni, and their accomplices are guilty of this.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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Appunti sulla mondialità

La solita vecchia storia

L’entusiasmo del Parlamento Europeo che, in nome della lotta al cambiamento climatico, sta decidendo lo stop alla vendita di auto a combustibili fossili a partire dal 2035 non fa i conti con la realtà dell’estrazione e della lavorazione delle materie prime necessarie per costruire le batterie, parte essenziale dell’elettrico. Materie prime che si trovano in pochi luoghi al mondo, con punte del 50% per le riserve globali di cobalto concentrate in un unico Paese, la Repubblica Democratica del Congo. Va poco diversamente per il litio: oltre metà di quello disponibile sulla Terra si trova nella regione sudamericana a cavallo tra Cile, Argentina e Bolivia. Altri tre Stati – Turchia, Brasile e Cina – si spartiscono il 70% delle riserve di grafite, mentre quattro Paesi – Sudafrica, Ucraina, Australia e lo stesso Brasile – possiedono tre quarti del manganese presente sul pianeta.

Visti i pochi fornitori, tra l’altro non sempre esenti dal rischio di conflitti, il primo punto debole di questo mercato emergente è la sicurezza dei rifornimenti. Poi si pone il tema della sostenibilità economica locale dello sfruttamento delle risorse: per questi minerali, quasi tutto il valore aggiunto della lavorazione va a beneficio di Paesi diversi da quelli di estrazione. Clamoroso è il caso della Repubblica Democratica del Congo, il cui cobalto  viene lavorato e raffinato al 100% all’estero, ma lo stesso accade per gran parte del litio sudamericano.

Ugualmente gigantesco è il problema delle ricadute ambientali e sociali delle attività estrattive. Il 25% del cobalto fornito dal Congo proviene da miniere “artigianali”, nelle quali, secondo Amnesty International, lavorano persone in stato di semi-schiavitù; mentre per l’estrazione del litio cileno, boliviano e argentino si usa la tecnica detta “della salamoia”, che consuma grandi quantitativi di acqua in ecosistemi desertici, ambienti tra i più secchi al mondo, andando quindi ad esaurire le acque sotterranee, inquinando le poche falde superstiti e obbligando i pastori che tradizionalmente vivono in quella regione ad abbandonare le proprie terre.

Se proiettiamo nel futuro questi problemi già presenti, moltiplicandoli alla luce dei 250 milioni di auto che oggi circolano in Europa e che, tra 20 anni o poco più, dovrebbero essere sostituiti da veicoli elettrici, otteniamo una situazione ingestibile. Ma dobbiamo aggiungere ancora un’altra criticità, rispetto al cambiamento climatico: e cioè considerare da quale fonte si ricava l’elettricità che dovrà alimentare un numero enorme di mezzi. In Cina e India, Paesi dove la rivoluzione delle macchine elettriche è iniziata, rimane fondamentale il carbone. In misura limitata il carbone continua a essere usato perfino in Europa, ma nel nostro continente, soprattutto in Italia e Spagna, per generare energia elettrica si usano enormi quantità di gas naturale. Per far fronte all’aumento della domanda di elettricità, la rete di distribuzione dovrà essere rinnovata e la produzione rapidamente potenziata, ma ciò avverrà senza che sulle rinnovabili siano stati elaborati piani di sviluppo concreti, che richiedono investimenti parametrati alle necessità.

Sono questi i nodi irrisolti della tanto annunciata “rivoluzione verde europea”. Più ideologica che realistica e, anzi, spesso campata per aria rispetto alle reali disponibilità di materie prime. Soprattutto, volutamente ignara del fatto che questa rivoluzione ambientalista e smart è destinata ad alimentarsi con i soliti meccanismi di sfruttamento della terra e delle persone. Materie prime a basso costo, violazione dei diritti sociali e umani, distruzione ambientale, fuga di agricoltori e pastori, valore aggiunto spostato sulla trasformazione. Non c’è nulla di moderno in tutto ciò. È una storia che ogni volta viene narrata diversamente, ma che in fondo rimane sempre la stessa.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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The Italian Job

The Nautical data and the Cutro tragedy: debunking the Italian government

In the aftermath of the blame game for the Cutro tragedy, we’ve heard all sorts of excuses in the past week: parents who shouldn’t have “endangered” their children, sudden worsening weather conditions, a shallow seabed “unknown to smugglers,” and so on, blaming everything but the Interior Ministry for not sending out the Coast Guard. Let’s forget about the “irresponsible parents” – an accusation so monstrous that it’s not worth discussing – and focus on the other aspect, the marine technical side, starting with the “suddenly worsened” weather conditions and the seabed.
When Frontex’s plane spotted and photographed the Turkish dinghy sailing on Saturday evening, the situation was as follows, as shown by all the numerous nautical applications available: force 5 wind, about 20 knots, sea state 4 on the Douglas scale, meaning “very rough” with waves up to two meters.The Frontex plane photographing the dinghy spotted only one person outside on the deck, but the low waterline left no doubt that it was full inside. Moreover, that’s the area where dozens of migrant boats arrive, and there are many abandoned ones in the port of Crotone to prove it. It was therefore obvious and known to Italian authorities that a dinghy full of migrants was in the middle of the sea with waves as high as two meters and 40 miles from the coast.
This was five hours before the boat broke against the sandy seabed that slopes under the sea from Steccato di Cutro. For five hours and 40 miles, that dinghy loaded with human beings was allowed to sail towards Cutro in those conditions.
And mind you: at the time of the shipwreck, the sea was force 5, sea state 4 on the Douglas scale, so identical conditions to five hours earlier when the dinghy was spotted by Frontex. There was no “sudden worsening.”
As for the seabed, it’s not at fault, it’s not abnormal, with no rocks protruding just below the sea surface: it’s a completely normal sloping sandy seabed. It was therefore evident that the wave motion that night could only lead to a collision of the keel with the seabed and the breaking of the wooden hull. But the Coast Guard wasn’t ordered to go out and save those people. Now there’s an investigation by the Prosecutor’s Office, so all this will be thoroughly examined, as is right in a state governed by the rule of law. But these are the nautical data, and they’re public for everyone to see.

Foto | Ansa

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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L'Ambrosiano

Gli spettri

C’è il long Covid politico. «Si potevano evitare 4 mila morti» per gli inquirenti che hanno indagato ex di governo, amministratori, professori, tecnici. “A volte ritornano”, gli spettri: di solito nei drammi. Se le Ombre inquietassero la coscienza di chi aspira a governare qualcuno si ritirerebbe a vita privata. Fontana, Gallera, Moratti si sono presentati alle regionali. L’ex Assessore alla Sanità del disastro pandemico e colei che fu chiamata per contenere i danni li han bocciati gli elettori. Ce l’ha fatta invece il Presidente. Un avvio imbarazzante il suo. Per una volta Berlusconi e destra non attaccano il “cancro della Magistratura” che colpirebbe “a orologeria”. I giudici hanno aspettato la zoppia dei 100 giorni meloniani e il voto locale. Ancora non c’è la giunta e Fontana è già indagato. Siam tutti garantisti: un avviso non è una condanna e nessuno vuole processi mediatici. Ma è enorme la pietra d’inciampo sulla via del Pirellone per destra e Presidente salviniano. Gli spettri che tornano hanno il volto cereo delle migliaia di morti portati via di notte da camion militari; ma oggi sono agitati da schiere di cittadini menomati nel godere del diritto alla salute perché la Regione non ha fatto tesoro delle clamorose carenze messe a nudo dalla pandemia: sanità ospedalecentrica; medici di base pochi, senza mezzi, oberati di burocrazia; prevenzione inadeguata per industria e artigianato (sicurezza di impianti e lavoratori) e agricoltura (allevamenti intensivi inquinanti); nessuna politica per i giovani medici; servizi sociali non garantiti; bacini imbriferi latitanti. Grazie alla Costituzione (che garantisce tutti, anche chi non la rispetta picchiando fuori dalle scuole o non salvando naufraghi) va pieno diritto alla difesa degli indagati. Quanto all’etica a volte gli spettri tornano a risvegliarla a livello: collettivo (chissà che una crepa intacchi la facciata governativa); individuale (magari un po’ di rimorso nasce in elettori di destra); dei media. Martini diceva: «L’importante è che impariate a pensare, a inquietarvi». Da prender nota: per sognare Fontana a casa; manifestare in piazza i disagi se si riesce; non aspettare che tornino altri spettri. E per il voto futuro.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

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    Senti un po’ è un programma della redazione musicale di Radio Popolare, curata e condotta da Niccolò Vecchia, che da vent’anni si occupa di novità musicali su queste frequenze. Ospiti, interviste, minilive, ma anche tanta tanta musica nuova. 50 minuti (circa…) con cui orientarsi tra le ultime uscite italiane e internazionali. Da ascoltare anche in Podcast (e su Spotify con le playlist della settimana). Senti un po’. Una trasmissione di Niccolò Vecchia In onda il sabato dalle 18.30 alle 19.30.

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    Ogni sabato, dalle 17.35 alle 18.30, musica, libri e spettacoli che ci aiutano a 'restare umani'. Guida spirituale della trasmissione: Fela.

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    Zohran Mamdani è il nuovo sindaco di New York e il calcio ha avuto un ruolo importante nella sua campagna elettorale. È stato uno degli strumenti che gli hanno permesso di rendere più chiara la sua posizione su diverse questioni, a pochi mesi dai Mondiali che nel 2026 si disputeranno anche negli Stati Uniti. Ospite: Valerio Moggia, ideatore e curatore di Pallonate in faccia.

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    Benvenuti a Rotoclassica, programma di attualità e di informazione dedicato alla musica classica, che nasce nel 1983 alla fine di una storia della musica iniziata nel lontano 1976, subito dopo la nascita della Radio. Notizie, personaggi, concerti, anniversari, eventi, dischi, libri, film ed altro ancora che danno vita all’universo musicale classico e contemporaneo, dal centro della galassia sino alle sue estreme periferie, con una rinnovata attenzione anche per il dietro le quinte. Ideata da Claudio Ricordi, impaginata e condotta dallo stesso Ricordi e da Carlo Centemeri, si avvale del prezioso contributo di Carlo Lanfossi, Francesca Mulas, Luca Chierici, Margherita Colombo e Emanuele Ferrari che formano attualmente la redazione di musica classica di Radio Popolare. Della storica redazione hanno fatto parte anche Ettore Napoli, Marco Ravasini, Pierfranco Vitale, Luca Gorla, Giulia Calenda, Sebastiano Cognolato, Vittorio Bianchi, Giovanni Chiodi, Michele Coralli, Roberto Festa, Francesco Rossi, Antonio Polignano. Siamo da sempre felici di accogliere qualsiasi tipo di critica, contributo o suggerimento dagli ascoltatori della radio, incluse segnalazioni di notizie, concerti e iniziative.

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    con Anna Negri sul documentario “Toni mio padre”; Francesco Fei su “Piero Pelù rumore dentro”; Alessandro Genovesi e Valentina Lodovini regista e interprete di “Una famiglia sottosopra”; Lino Guanciale parla di “Il Commissario Ricciardi”. Estratto dall’incontro con Soahil Dahdal e Rehab Nazzal, vincitori del Nazra Palestine Short Film Festival, nell’auditorium di Radio Popolare (2). Tra le uscite: “Un semplice incidente” di Jafar Panahi; “Siamo in un film di Alberto Sordi?” di Steve Della Casa e Caterina Taricano; “Anemone” di Ronan Day-Lewis.

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    “I Girasoli” è la trasmissione di Radio Popolare dedicata all'arte e alla fotografia, condotta da Tiziana Ricci. Ogni sabato alle 13.15, il programma esplora eventi culturali, offre interviste ai protagonisti dell'arte, e fornisce approfondimenti sui critici e sui giovani talenti. L’obiettivo è rendere accessibile il significato delle opere e valutare la qualità culturale degli eventi, contrastando il proliferare di iniziative di scarso valore e valutando le polemiche sulla politica culturale.

    I girasoli - 08-11-2025

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    Il Verziere di Leonardo di sabato 08/11/2025

    Il Verziere di Leonardo è un racconto del cibo a partire dal territorio fino alle situazioni globali, va in onda tutti i sabati dalle 12 alle 13. Parliamo di agricoltura e surriscaldamento della Terra, di coltivazioni di prossimità, e tendenze globali. Raccontiamo il paesaggio rurale con le sue opere idrauliche, l’agricoltura sociale e la cooperazione internazionale. Ci soffermiamo anche sulla storia delle produzioni agroalimentari. A cura di Fabio Fimiani

    Il Verziere di Leonardo - 08-11-2025

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    Good Times di sabato 08/11/2025

    Good Times è il trampolino per tuffarsi in bello stile nel weekend. Visioni, letture, palchi, percorsi, incontri, esperienze, attività. Gli appuntamenti fissati dal calendario, ma anche le occasioni offerte dall’ozio. Un dispenser di proposte e suggestioni per vivere al meglio il proprio tempo libero. Tutti i sabati, dalle 11.30 alle 12, Good Times è il nostro viaggio nelle proposte del fine settimana. E insieme il nostro augurio per trascorrere giorni belli e momenti felici. Elena Mordiglia e Matteo Villaci si alternano nella conduzione.

    Good Times - 08-11-2025

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    Terzo tempo di sabato 08/11/2025

    Nel rugby il terzo tempo è il dopo partita, quando gli animi si rilassano, si beve e si mangia insieme: questo è lo spirito con cui nasce questa trasmissione, che potrebbe essere definita una sorta di “spin off” di Esteri – in onda tutte le sere dal lunedì al venerdì dalle 19 alle 19:30 – oppure, prendendo in prestito la metafora sportiva, un “terzo tempo” di Esteri. Sarà una mezz’ora più rilassata rispetto all’appuntamento quotidiano, ricca di storie e racconti, ma anche di musica. A cura di Martina Stefanoni

    Terzo tempo – il settimanale di Esteri - 08-11-2025

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    M7 del 08/11/2025 - Roba da matti. La salute mentale nelle carceri lombarde

    Se ne parla solo quando c'è un suicidio, ma il tema della salute mentale negli istituti penitenziari va ben oltre i fatti di cronaca nera ed è un tema che investe chiunque abbia a che fare col carcere. Detenuti e detenute in primis, ma anche chi tra quelle mura ci lavora: educatori e educatrici, psicologi e psicologhe, agenti di polizia penitenziaria. Tra sovraffollamento, scarse condizioni igienico-sanitarie e politiche poco umane, si rischia di impazzire. Ne abbiamo parlato con il consigliere comunale di Milano Alessandro Giungi, il consigliere regionale lombardo Luca Paladini, il nuovo garante dei detenuti di Milano Luigi Pagano, col coordinatore del dipartimento di amministrazione penitenziaria della Fp-Cgil della Lombardia Andrea De Santo e con la coordinatrice di Antigone Lombardia Valeria Verdolini.

    M7 – il settimanale di Metroregione - 08-11-2025

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