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Tesla o croce?

E’ venerdì primo aprile e in Italia sono le 5:30 del mattino. Qualche meridiano più a ovest è ancora giovedì, sono circa la 20:30. Davanti al pubblico accorso al Tesla Model Studio di Hawthorne in California, Elon Musk sta presentando il quarto modello della serie Tesla. Si chiamerà Model 3. Il prezzo annunciato è di 35.000 dollari, circa 31.000 euro. Disponibile sul mercato a partire dalla fine del 2017, sabato mattina contava già 253mila prenotazioni. La cosa più importante però, è che la Model 3 promette un’autonomia di 345 chilometri, mica male per un’auto elettrica di quel prezzo.

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Tesla Model 3

C’è chi dice si tratti di un auto pop, non in senso musicale ma nello stesso senso della nostra radio. Questo, soprattutto se si considera che il suo predecessore, Tesla Model S, costava circa 80.000 dollari e garantiva un’autonomia di 480 chilometri. Si prospetta in questo modo un ampliamento del bacino di utenza. Il significato finanziario è piuttosto limpido, la società di Palo Alto infatti non ha ancora chiuso un bilancio in attivo. In questi anni sono stati investiti miliardi di dollari in ricerca, e per la creazione della gigafabbrica, così è stata chiamata, dove verranno prodotte, in proprio, le batterie. Con l’arrivo della Model 3 l’azienda passerà da una produzione di nicchia a quella di massa, nella speranza di raggiungere gli obiettivi di vendita che vedono 500mila vetture l’anno a partire dal 2020.

Lo scopo nobile, quello che solo si può intravedere quando si parla di cifre così alte, è quello di dare alle persone un’ulteriore possibilità di muoversi andando incontro alle esigenze del nostro pianeta.

Tesla o croce è sì un gioco di parole, ma rappresenta piuttosto bene l’aut aut cui siamo di fronte. Fosse croce, sarebbe un problema. Basti pensare che le emissioni del settore dei trasporti rappresentano più di un quinto delle emissioni di gas serra a livello mondiale. Come Elon Musk ha ricordato sul palco, il 2016 ha già superato le aspettative: la quantità di CO2 in atmosfera ha raggiunto quota 403.5 parti per milione. Un record, purtroppo.

Da non dimenticare – è sempre il CEO di Tesla a farlo presente – sono le morti attribuibili all’inquinamento proveniente dalle nostre strade, circa 53.000 persone l’anno. I più pignoli potrebbero parlare di strumentalizzazione, ma questa è la realtà, e con questa bisogna fare i conti.

TeslaCO2

Elon Musk durante la presentazione

Mobilità sostenibile è quel termine di cui ogni governo dovrebbe farsi garante e portavoce. Nello situazione di immobilismo delle istituzioni, Tesla ne ha fatto le veci, impegnandosi non solo nella progettazione di auto a zero emissioni, ma anche nella costruzione di una rete di distribuzione che sia in grado di velocizzare i tempi di ricarica. Si chiamano Supercharger Tesla, attualmente ce ne sono 3608 in tutto il mondo, e un altro obiettivo della società è quello di raddoppiarne il numero, entro il 2018. Le colonnine di ricarica semplici invece, chiamate Tesla Destination Charger, attualmente sono 3689 e situate prevalentemente negli Stati Uniti, tuttavia sempre entro il 2018, il numero potrebbe salire fino a quota 15mila.

Bella marchetta pubblicitaria potreste dire a questo punto. Ma Tesla non è solo una società che produce veicoli elettrici. Rappresenta più genericamente un’idea di cambiamento. Rappresenta la possibilità di cambiare, di spostarsi verso una mobilità sostenibile, verso il progressivo abbandono dei combustibili fossili, verso l’utilizzo di risorse sostenibili, che si tratti di elettrico o idrogeno. Nel testa o croce della mobilità, tesla – la minuscola potrebbe rendere il concetto più chiaro – rappresenta l’unica via sostenibile.

L’analogia quasi spontanea è quella con il referendum del 17 aprile. Un referendum che vede una domanda tecnica, la quale però necessita di una risposta morale. Ed ecco che tesla – ancora con la minuscola – è paragonabile ad un sì al referendum. Non sarà la cessata attività di poche trivelle a risolvere il problemi di inquinamento mondiale. Importante sarà però ribadire che un’alternativa esiste, e si tratta di un’alternativa sostenibile.

Ricordate le strade statunitensi con un parchimetro a fianco di ogni posto auto? Dovremmo sognare un futuro dove il parchimetro è stato sostituito da una colonnina per la ricarica e, perché no, collegata ad un bel pannello solare.

  • Autore articolo
    Filippo Bettati
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