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Il dopo esposizione va a rilento

Ormai nemmeno si sa più come chiamarlo. Trecentosessantasei giorni dopo la sua apertura, che fu il primo maggio 2015, Expo cambia identità. Sono arrivati ex aequo in un concorso indetto da Regione Lombardia dieci nomi per ribatezzare l’area. Perciò da adesso chiamatela Area Futurho, Futurandia o Expolis. Oppure se vi piace il “premio simpatia” voluto dal presidente Roberto Maroni, chiamatelo Emmo?, Zigozago o Schiscetta.

È accaduto tutto davvero, il 2 maggio, in un cardo vestito a cantiere, in una fredda serata che lascia pochi entusiasmi. Era la festa dell’inizio del Fast post Expo, l’interregno tra l’esposizione universale e la fase 2, in cui ci sarà qualcos’altro. Cosa è ancora difficile da saperlo.

I dieci nomi ex aequo raccontano anche questa confusione: si percepisce futuro, tecnologia e sviluppo. Ma cosa definiscano è difficile a dirsi. I nomi sono stati scelti perché evocano e non definiscono. Fast Post Expo, l’ha battezzata Maroni. Ma Fast pare proprio un ossimoro, visto che di veloce il dopo Expo non ha proprio niente. I dati all’8 aprile dicono che su 54 Paesi che hanno partecipato all’evento, in 30 hanno concluso i lavori di smantellamento, in sette non li hanno però nemmeno cominciati (tra cui gli Stati Uniti, per i quali ancora non si è decisa la destinazione). Il 30 giugno, però, i lavori devono essere conclusi.

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L’area dove stava Eataly

La maledizione Expo sono i ritardi, sia del pre che del post. “I ritardi si recuperano”, risponde Giuseppe Sala, per la prima volta sull’area in veste di candidato sindaco. E prontissimo a sottolineare la “nostalgia” per la grande impresa. La litania che si può recuperare ha funzionato prima dell’apertura dei cancelli, funzionerà anche dopo. D’altronde prima o poi il rebus dovrà arrivare ad una soluzione. E ormai trovarla non grava più sulle sue spalle. Sala, per una volta, non è l’imputato del processo mediatico. E i conti non sono protagonisti del dibattito.

Il secondo dato del concorsone online della Regione sta appunto nel ruolo che si è ritagliato Roberto Maroni. La votazione online è stata indetta dal Pirellone e la classifica è stata letta dall’Assessore al Post Expo e alla Città Metropolitana Francesca Brienza. Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia non era nemmeno presente all’evento, così come non c’erano nemmeno i suoi assessori. Ormai Expo è cosa della Regione.

Anche gli uomini rimasti a giocare la partita sono per lo più di provenienza regionale. In primis l’amministrazione delegato della società proprietaria dei terreni, Arexpo. Si tratta di Giuseppe Bonomi, manager pubblico stabilmente in quota Lega dal 1994. Bonomi getta acqua sul fuoco: “Non ci sono assolutamente problemi. Solo i tempi tecnici della burocrazia per l’aumento di capitale”. Quello che manca ad Arexpo per poter mettere in valore il milione di metri quadrati dove si è svolta l’Esposizione universale sono infatti i soldi. Il governo, dopo un tira e molla di un anno, farà il suo ingresso con 50 milioni di euro a fine settembre, garantisce Bonomi, con 50 milioni di euro provenienti da Cassa depositi e prestiti.

Il parcheggio, dove una volta stava il decumano
Il parcheggio, dove una volta stava il decumano

Ma cosa si farà dell’area? Preoccuparsi è lecito, visto che il grande progetto del polo universitario Human Technopole (copyright del premier Matteo Renzi, che ha pompato l’idea) per ora ha un solo partecipante certo, l’Istituto tecnologico italiano di Genova. Chi si era candidato, tempo fa, era la Statale di Milano. Il rettore Gianluca Vago, il quale si è tenuto ben lontano dall’evento del primo maggio ad Expo, si era reso disponibile. A patto che arrivassero risposte. Bonomi è sicuro che la Statale ci sarà, ma intanto il rettore Vago ha frenato, visto che Arexpo latita a dir poco: “Al momento ci sono troppe incognite sull’intera operazione e per quanto ci riguarda abbiamo anche un grosso problema di copertura economica”, diceva al Corriere della sera, rilanciando l’ipotesi di restare in Città Studi e ristrutturare il polo esistente.

Così la simbolica riaccensione dell’Albero della Vita rischia di essere solo l’ultima pecetta per coprire un buco clamoroso. Per tutto maggio, fino all’estate, l’area di Expo sarà di nuovo teatro di concerti ed eventi. Il primo è stato quello dell’orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala con i solisti lirici. Un camoufflage per prendere tempo. Intanto Arexpo giura e spergiura di avere decine di aziende interessate all’area. Finora però nessuno ha messo un euro per starci per davvero. Che cosa sappiamo finora? un elenco di nomi: dall’Ibm all’Istituto Mario negri, fino al Besta e al Parco tecnologico padano. Poche idee e confuse.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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