Approfondimenti

Il voto sulla fiducia a Boris Johnson, la direttiva europea sul salario minimo e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di lunedì 6 giugno 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. A Londra i Tories stanno votando sulla fiducia a Boris Johnson. Se passa il si, i conservatori dovranno eleggere un nuovo leader che guiderà anche il governo. Il conflitto in Ucraina sta diventando una guerra di logoramento i cui tempi sembrano diventare sempre più lunghi. Nel Donbass gli ucraini sono in difficoltà, ma al momento hanno fermato l’avanzata russa. Intanto Mosca ribadisce: “Risponderemo all’invio di nuove armi occidentali colpendo come non abbiamo mai fatto”. Si intensificano i negoziati per l’apertura dei porti e l’esportazione dei prodotti agricoli, secondo l’agenzia Bloomberg ci sarebbe un’intesa tra Russia e Turchia. L’invio di armi all’Ucraina resta un tema divisivo all’interno della maggioranza. Il provvedimento europeo sui salari non fisserà un minimo comune per tutti gli stati membri. Dopodomani il personale navigante di Ryanair, Malta Air e di CrewLink sciopererà dalle 10:00 alle 14:00. In poche ore a Lampedusa sono approdati 14 barconi. È morto Gianni Clerici, scrittore, giornalista e storica firma di “Repubblica” del tennis. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Boris Johnson affronta il voto di sfiducia del suo partito

A Londra è in corso un voto cruciale per la guida del Regno unito. Il partito conservatore deve decidere se confermare la fiducia a Boris Johnson, che in caso di sconfitta dovrà dimettersi anche da premier. Il risultato è atteso alle 22 italiane. Il capo del governo britannico, in prima linea nel sostegno militare all’Ucraina, è sotto accusa per il cosiddetto partygate, lo scandalo delle feste organizzate a Downing Street in cui sono state violate le norme anticovid. Nel pomeriggio Johnson ha incontrato i parlamentari del suo partito e secondo la Bbc ha promesso di portarli “nuovamente alla vittoria”, invitandoli a non dare una soddisfazione a chi si oppone ai conservatori.

La guerra in Ucraina continua a dividere la maggioranza

Oggi l’ambasciatore russo a Roma è stato convocato dal ministero degli esteri italiano, dove gli è stato chiesto conto delle accuse di “amoralità” rivolte a istituzioni e media del nostro paese, in particolare per il presunto coinvolgimento dei mezzi di comunicazione in una campagna anti-russa. L’ambasciatore di Mosca ha risposto confermando le accuse. Sempre oggi il presidente del Copasir Adolfo Urso ha smentito che il suo comitato parlamentare si sia occupato di “influencer” che farebbero propaganda a favore della Russia, come aveva scritto ieri il Corriere della sera. Urso però ha confermato che è in corso un’indagine su “forme di disinformazione e ingerenze straniere”, indagine di cui si era avuta notizia già alcune settimane fa. In questo contesto di tensione la guerra in Ucraina continua a dividere la maggioranza di governo, in una settimana che si chiuderà col primo turno delle elezioni comunali e coi referendum sulla giustizia.

(di Anna Bredice)

Se finora si è sempre parlato di una escalation militare, il punto di svolta per risolvere un nodo tutto politico potrebbe essere il voto su una risoluzione che chieda una “escalation diplomatica e insieme una de escalation militare”, un gioco di parole e di equilibri politici per non scrivere mai la parola armi. I partiti della maggioranza iniziano a discutere di quale potrà essere il punto di caduta il 21 giugno prossimo, al fine di votare una risoluzione che possa rafforzare Draghi e non indebolirlo in vista del Consiglio europeo del 23, durante il quale si discuterà di temi molto importanti che riguardano l’Ucraina. Ma tutto si misurerà e si capirà meglio a partire da lunedì, quando le urne per le amministrative saranno chiuse e la campagna elettorale finita, soprattutto per i due partiti che hanno già capito che l’aria che arriverà dai seggi non sarà per nulla buona. Si tratta di Cinque stelle e Lega, i due partiti che da settimane stanno insistendo sul voto in Parlamento per non mandare altri armi all’Ucraina. Che quello sulle armi possa essere per loro un tema da campagna elettorale unito alle conseguenze economiche che potrebbero arrivare dalle sanzioni, colpendo il potere di acquisto delle famiglie, si capirà da lunedì: si vedrà se i pontieri che stanno lavorando per una risoluzione di tutta la maggioranza riusciranno nel loro intento oppure i Cinque stelle, più che la Lega, andrà avanti, chiedendo di votare letteralmente la fine di ogni invio di armi. Letta ieri aveva citato una frase dell’ex presidente bosniaco, “anche una pace non completamente giusta è meglio della continuazione della guerra”, parole che sembrano segnare un’apertura del Pd nello sforzo di ridimensionare la partecipazione dell’Italia nell’invio delle armi a favore di un ruolo più forte che dovrebbe avere Draghi già nel Consiglio europeo nel chiedere i negoziati di pace.

Direttiva europea sul salario minimo: “Il provvedimento non fissa un minimo comune per tutti, né tanto meno un obbligo”

(di Chiara Ronzani)

Il commissario Ue al lavoro Nicola Schmit, “papà” della direttiva, ha messo le mani avanti per prevenire le critiche: il provvedimento non fissa un minimo comune per tutti, né tanto meno un obbligo, spetterà al governo e alle parti sociali in Italia dover decidere se introdurre un salario minimo.
Ci attendiamo dunque un compromesso; mettere d’accordo paesi con politiche, redditi ed economie tanto diverse non è facile.
La direttiva va nella direzione di riconoscere la necessità di avere salari adeguati e combattere lo sfruttamento. Segnala la necessità di mettere fine ai contratti pirata, con cui le imprese, per esempio quelle della cosiddetta gig economy hanno potuto riabilitare strumenti dell’epoca pre sindacale come il cottimo.
Lo fa anche cercando di responsabilizzare gli stati membri. Che i salari siano da fame in alcuni paesi, come il nostro, l’unico nell’Ue in cui negli ultimi 30 anni sono calati invece di crescere, è un problema anche delle economie più forti. Avere un costo del lavoro troppo basso rischia di fare concorrenza sleale in altri stati membri, con le imprese che potrebbero avere la tentazione di guardare altrove. Ed è interesse di tutti avere economie sane e con meno squilibri, perché questo comporta minori costi collettivi e maggiore capacità di investimento.
Ma se prevarrà la prudenza la direttiva potrebbe mettere l’accento più che altro sulla contrattazione collettiva, facendo tirare un sospiro di sollievo ad alcuni sindacati e a Confindustria.
I partiti in Italia sono divisi. Nonostante la quota di lavoro povero più alta dell’Europa occidentale, in Italia il dibattito è focalizzato non sui bassi salari, ma sulla presunta concorrenza di misure di contrasto alla povertà con l’occupazione. E invece di agire sullo sfruttamento, alcuni partiti chiedono di abolire le misure sociali.

Lo sciopero del personale navigante di Ryanair

(di Chiara Ronzani)

Il personale navigante di Ryanair, Malta Air e di CrewLink mercoledì, dopodomani, sciopererà dalle 10 alle 14. La protesta è stata indetta da Filt Cgil e Uiltrasporti, in risposta alla chiusura dell’azienda, che rifiuta il negoziato con i sindacati.
Secondo i rappresentanti dei lavoratori Ryanair per ampliare i propri margini si rifà sui diritti dei dipendenti, come malattia, congedo obbligatorio, risparmiando persino sull’acqua e i pasti.

Nicholas Dormia del Dipartimento Trasporto Aereo della Filt Cgil

 

Le partenze da Libia e Tunisia si stanno intensificando

Solo a Lampedusa in poche ore sono approdati 14 barconi. L’ultimo questo pomeriggio. Dodici persone, tutte tunisine, di cui 5 minorenni. Anche quest’ultimo gruppo è stato portato nell’hotspot di contrada Imbriacola che per l’ennesima volta sopra la sua possibilità di accoglienza, e di molto: oggi ci sono oltre 800 persone.
Ma oltre a chi riesce ad arrivare sulle coste italiane ci sono quelli che non ce la fanno e che sono stati soccorsi in queste ore, dalle navi umanitarie delle Ong.

Altri 49 migranti sono stati soccorsi questa mattina dalla Sea Watch ed ora a bordo della nave della Ong tedesca ci sono 356 persone. “Ieri notte – afferma Sea Watch – siamo stati avvisati da Alarm Phone di un’altra imbarcazione in difficoltà. Dopo lunghe ore di ricerche, questa mattina l’abbiamo individuata e soccorsa. Le persone a bordo sono stremate e alcune hanno bisogno di assistenza medica urgente”.

Altro salvataggio, quello della Mare Ionio, la nave della Ong Mediterranea Saving Humans. Trenta persone soccorse in mare. E proprio durante il salvataggio è arrivata una motovedetta libica che ha rischiato di compromettere i soccorsi.
Beppe Caccia è il coordinatore delle operazioni della Mare Jonio

Addio a Gianni Clerici, tennista, giornalista e scrittore italiano

È morto Gianni Clerici. Giornalista e scrittore, aveva 91 anni e la sua firma è legata al mondo del tennis. E’ stato un giocatore di alto livello, arrivando nel 1953 e 54 a Wimbledon e al Roland Garros.

E poi il racconto del tennis come giornalista, alla Gazzetta, al Giorno e per molti anni a Repubblica. E poi ancora al tennis ha dedicato diversi libri, con un stile e una capacità narrativa unici.

Abbiamo chiesto un ricordo di Gianni Clerici a Stefano Semeraro, giornalista, direttore del mensile “Il tennis italiano”

 

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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