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“Riaperture? Popolazione stanca e scelte sanitarie sbagliate”: intervista a Lorenzo Zamponi

Riaperture Italia ANSA

Le riaperture? Popolazione stanca, ma ci arriviamo senza esserci attrezzati come hanno fatto altri paesi”. “Scelte sanitarie sbagliate sul piano sanitario e inique sul piano economico ci hanno portato ad accettare passivamente centinaia di morti”.

Lorenzo Zamponi è ricercatore e Assistant Professor in Sociologia e Scienze Politiche alla Scuola Superiore Normale di Firenze. In questo articolo pubblicato su Jacobin Italia, “La guerra tra poveri nella pandemia diseguale”, analizza le diseguaglianze economiche e gli squilibri sociali creati dalla pandemia, di cui si è occupato in questi mesi.

In questo colloquio abbiamo parlato di alcuni temi, dall’unanimità politica attorno alle riaperture, e di come la popolazione sia arrivata ad accettare, come ineluttabile, un altissimo numero di vittime di COVID ogni giorno.

Prof. Zamponi, nonostante i dati dei contagi invochino ancora forte prudenza – addirittura la discesa si stia già attenuando e la campagna vaccinale sia ancora molto indietro – e molti Paesi europei vadano nella direzione opposta, il governo Draghi ha scelto frettolosamente di riaprire, in un clima di unanimità politica generale. Come mai?

C’è una stanchezza diffusa, ovviamente tra le attività economiche più colpite dalla chiusure, ma in generale nella popolazione. Purtroppo, aver scelto di fare chiusure concentrate su poche attività specifiche, ha avuto come conseguenza che queste soffrissero più che altre, che gli effetti sanitari fossero limitati e quelli economici prolungati nel tempo. Il risultato è che dopo mesi, chiunque si manifesti pro aperture ne ha un vantaggio in termini di consenso. L’unanimismo di questi giorni ne è una conseguenza diretta.

Da dove deriva questa stanchezza?



L’anno scorso il governo era riuscito a mettere in campo anche norme molto radicali e tutto sommato sorprendenti, come il blocco delle attività economiche – seppur parziale e con tutti i suoi limiti come le deroghe facili e gli scarsi controlli – e con una durata limitata nel tempo: quella dinamica lo aveva reso accettabile, e il patto sociale aveva tenuto, perché comunque c’era la sensazione che il disagio colpisse tutti, pur con le diseguaglianze che abbiamo visto al suo interno. Il fatto che ora siano rimaste chiuse fondamentalmente attività di ristorazione e spettacolo e poco altro, colpendo la vita sociale e ricreativa di buona parte delle persone e per molto tempo, facendo invece proseguire l’attività lavorativa, ha creato una sensazione di squilibrio. Il fatto che poi sia durato così tanto nel tempo lo ha reso meno sopportabile.

 Come siamo arrivati a digerire 4-500 morti al giorno?

 In questi giorni si parla di rischio calcolato con 400 morti al giorno, a ottobre c’è stata la necessità di intervenire non appena si era arrivati a 3 cifre, ora con 400 morti decidiamo di riaprire. Il punto non sono le riaperture in sé, che ovviamente tutti vorremmo. Il punto è non avere avuto il coraggio di fare scelte da un lato più radicali sul piano sanitario, dall’altro più eque in termini di redistribuzione all’interno della società, quando sarebbe stato tempo di farle. Altri Paesi alle riaperture sono arrivati più attrezzati di noi, grazie a scelte di prevenzione più nette e dopo aver ben avviato la campagna vaccinale, noi ci arriviamo senza aver fatto quelle scelte, che oggi ci consentirebbero di riaprire in sicurezza ed a cuor leggero.

Come mai nel mercato della politica, che dovrebbe garantire un’offerta plurale, nessuno in questo momento rappresenta quella parte di cittadinanza, comunque ampia, che chiede anche una maggior prudenza?

In qualche modo, perlomeno simbolicamente, questa dinamica si è creata attorno al ministro della salute Speranza. Però credo che non funzioni: il partito delle chiusure non può funzionare, può funzionare il partito delle chiusure, anche radicali, ma limitate nel tempo e con un meccanismo redistributivo che lo renda tollerabile, ma soprattutto con una speranza di successo come era accaduto lo scorso anno: quando queste misure fatte a metà vengono portate avanti nel tempo, e con un’efficacia così scarsa, anche la popolazione perde la speranza di avere qualche risultato. Nell’accettazione così passiva di un numero così alto di vittime ogni giorno, credo ci sia anche l’idea che siano inevitabili, che non si possa fare niente. Ci hanno raccontato per mesi che eravamo in lockdown, anche se abbiamo continuato ad andare a lavorare ed affollare i mezzi pubblici, allora la conseguenza è che se abbiamo 400 morti al giorno il lockdown non funziona. Invece il problema è che non sono state fatte le scelte giuste. Questo al netto della questione vaccinale.

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

    Clip - 01-07-2025

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    Poveri ma belli - 01-07-2025

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    Almendra è fresca e dolce. Almendra è defaticante e corroborante. Almendra si beve tutta di un fiato. Almendra è una trasmissione estiva di Radio Popolare in cui ascoltare tanta bella musica, storie e racconti da Milano e dal mondo, e anche qualche approfondimento (senza esagerare, promesso). A luglio a cura di Luca Santoro, ad agosto di Dario Grande.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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