Approfondimenti

Braccianti sfruttati e animali maltrattati

Braccianti sottopagati e senza diritti, tra cui anche dei minori, obbligati a lavorare senza sosta in condizioni “spaventose”, senza acqua potabile, costretti a dormire all’aperto nelle piantagioni o sui camion, in condizioni igieniche pessime.

Sono alcune delle accuse contro la multinazionale tedesca Haribo contenute nel documentario “The Haribo Check” della tv pubblica tedesca ARD che ha condotto un’inchiesta in Brasile e in Germania.

Haribo, una delle marche di dolciumi più famose nel mondo, impiega settemila persone in dieci Paesi.

Pesanti le contestazioni: Haribo non solo utilizzerebbe fornitori o sub-fornitori che in Brasile sfruttano i lavoratori, ma in Germania farebbe affidamento anche su allevamenti di maiali, tenuti in condizioni atroci. In alcune fattorie del Nord – secondo il documentario di ARD – i maiali vivrebbero ammassati in spazi angusti, coperti di piaghe e delle loro stesse feci.

Il tutto per ricavare due ingredienti per le caramelle: la cera di carnauba e la gelatina. La gelatina, sostanza alla base della tipica consistenza gommosa delle caramelle, si ottiene con la lavorazione di alcune parti del maiale come la cotenna, mentre la cera di carnauba è un prodotto naturale ricavato dalle foglie di palme in Brasile, che si raccolgono quando sono ancora chiuse, poi vengono battute per sciogliere la cera, che viene lavorata e sbiancata.

La cera di carnauba viene applicata agli orsetti gommosi per renderli lucidi e impedire che si attacchino; viene raccolta dalle foglie di palme che crescono negli Stati nordorientali del Brasile, tra le aree con maggiore povertà. Haribo non è l’unica azienda che si rifornisce nel Paese sudamericano della cera di carnauba. Denunce sulle condizioni dei lavoratori sarebbero arrivate anche da Sergio Carvalho, funzionario del ministero del Lavoro brasiliano, citato nel documentario: “I lavoratori nelle aziende agricole sono trattati come oggetti, peggio degli animali, in condizioni lavorative che potrebbero essere definite di schiavitù”. Sullo scandalo documentato da ARD è intervenuta Amnesty International-Germania che ha ribadito l’urgenza che la vigilanza spetti alle imprese committenti: “Sono loro che devono controllare l’operato delle aziende partner che non compiano, o contribuiscano a compiere, violazioni dei diritti umani”.

I vertici di Haribo hanno risposto alle accuse dicendo di non essere a conoscenza di quanto è stato denunciato dalla Tv ARD, comunicando di aver avviato un’indagine e una verifica tra i loro fornitori in Brasile e in Germania e sostenendo di “non poter accettare il mancato rispetto degli standard sociali ed etici”.

haribo foto dentro articolo

Lo scandalo della cera di carnauba per le caramelle gommose ha riaperto il dibattito sulle condizioni di lavoro in Brasile, Paese in cui storicamente la piaga del lavoro-schiavo non è mai stata debellata. Il latifondo brasiliano ha sempre usufruito di manodopera non qualificata da pagare il meno possibile e da “eliminare” in caso di sindacalizzazione.

L’analisi di Alfredo Luis Somoza, giornalista e presidente di ICEI.

Lo sfruttamento e la schiavitù.

“I livelli di sfruttamento vicini a quelli dei tempi della schiavitù, che in Brasile fu abolita nel 1888,è un fenomeno tipico delle aree rurali più povere.La geografia del trabalho escravo si concentra in due zone del grande paese, al Nord, terra poverissima segnata dalla presenza del grande latifondo, e in Amazzonia, nella grande foresta da disboscare e sfruttare nella corsa all’accaparramento delle materie prime. Il governo federale, dal ritorno alla democrazia, ha tentato con diversa intensità di “liberare” i lavoratori-schiavi colpendo i responsabili”.

Le radici del problema.

“Le radici del problema, e il potere che localmente hanno i proprietari terrieri e i loro alleati politici, sono così profonde che in un paese che ha fatto grandi passi in avanti in materia di diritti, è ancora drammaticamente presente. I dati statistici disponibili sul fenomeno sono molto datati, ma non per questo meno agghiaccianti. Nel 2001,anno dell’ultima rilevazione, sono stati “liberati” 80.000 lavoratori che secondo la legge brasiliana erano ridotti praticamente alla schiavitù.I settori produttivi erano quelli del disboscamento e dell’allevamento in Amazzonia, e quello delle piantagioni di cacao, cotone, palma da olio e da cera del Nord-est”.

Il lavoro, senza diritti.

“Secondo le previsioni del Ministero del Lavoro brasiliano, per ogni lavoratore liberato esistono altri 3 che non emergono. La Commissione Pastorale della Terra, organo della Chiesa brasiliana, fa l’esempio della zona di Barreiras, all’interno dello Stato di Bahia, dove nelle piantagioni di cotone e caffè accanto a ogni bracciante in regola lavorano atri 5 in condizioni subumane: senza diritti, con stipendi da fame e totalmente sottomessi al datore di lavoro”.

Molta terra per pochi, poca terra per tanti.

“La chiave di lettura per interpretare questa situazione di arretratezza estrema è l’eterna lotta per la terra. Molta terra per pochi, poca terra per tanti.I moderni schiavi sono vitali per il latifondo e per coloro che occupano abusivamente terre amazzoniche per espandere i loro affari. Il Brasile profondo, dei sem terra, è un paese con altissimi livelli di disparità economica e soprattutto di diritti. I discendenti della Tratta negriera del periodo coloniale, sono oggi sottomessi all’economia globale che esige materie prime a basso costo senza interrogarsi sulle condizioni di vita e di lavoro di chi le ha prodotte”.

Le multinazionali e gli intermediari.

“Le grandi multinazionali, come Haribo, si trincerano di solito sugli accordi sottoscritti con gli intermediari locali che non garantiscono affatto gli standard sottoscritti da parte dei subfornitori. Come in Cina con l’elettronica, in Indonesia con l’olio di palma, in Costa d’Avorio con il cacao, anche in Brasile si ripete lo stesso schema: intermediari “puliti”, subfornitori fuori dalle regole”.

Il prezzo che paga l’ambiente.

“Questi lavoratori non sono le uniche vittime, anche l’ambiente paga un conto pesantissimo come ci ricorda ogni anno la statistica sulla riduzione delle zone forestali del Brasile. Tutto ciò avviene nella totale illegalità rispetto agli standard di produzione sostenibile che poi vengono sbandierati dal marketing delle aziende multinazionali. Un gioco di spechi che riproducono ambienti rigogliosi e lavoratori felici, nascondendo violenza e incuria. Una realtà globale che rende il mercato sempre più ricco di prodotti che costano poco, ma che si lascia dietro un deserto ambientale e sociale”.

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

    Clip - 01-07-2025

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

    Jazz in un giorno d’estate - 01-07-2025

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    Poveri ma in ferie di martedì 01/07/2025

    quando le piante dei nostri balconi tirano un sospiro di sollievo, perché finalmente qualcuno che la sa lunga ci spiega come e quando bagnarle, come trattarle, reinvasarle, esporle al sole. Ospite della puntata Ambra Pagliari (pianteinveranda su Instagram). A seguire microfono aperto con tutti gli scempi da pollice nero di cui siete e siamo capaci. Con Vittoria Davalli e Alessandro Diegoli

    Poveri ma belli - 01-07-2025

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    Almendra di martedì 01/07/2025

    Almendra è fresca e dolce. Almendra è defaticante e corroborante. Almendra si beve tutta di un fiato. Almendra è una trasmissione estiva di Radio Popolare in cui ascoltare tanta bella musica, storie e racconti da Milano e dal mondo, e anche qualche approfondimento (senza esagerare, promesso). A luglio a cura di Luca Santoro, ad agosto di Dario Grande.

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    Addio all’architetto Francesco Borella

    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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    Il podcast di Francesco Tragni e Giuseppe Fiori registrato dal vivo a Germi. Enrico Gabrielli è stato il secondo ospite che ha raccontato quali sono i suoi vinili di riferimento: polistrumentista, compositore e arrangiatore, ha collaborato con artisti come Muse e PJ Harvey, e fa parte dei gruppi Calibro 35, Winstons e Mariposa (in passato anche negli Afterhours). Complessivamente compare in oltre 200 dischi. Ha anche suonato il flauto traverso nella sigla di Dodici Pollici.

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