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Banksy, il “Walt Disney comunista”?

Una premessa doverosa: Banksy, il celeberrimo street artist britannico di cui non si conosce l’identità, non ha direttamente nulla a che fare con la mostra. Le oltre 150 opere esposte arrivano tutte da collezioni private. Nessuna è stata fornita dallo stesso Banksy, notoriamente allergico a simili mostre. E fortunatamente nessuna è stata presa dai muri su cui l’artista è solito realizzarle. La mostra in questione, curata dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, si chiama Guerra Capitalismo e Libertà e il fatto che nel titolo non sia citato il nome di Banksy è una diretta conseguenza di quanto sopra.

L’esposizione ha aperto i battenti a Roma a fine maggio, ovvero nei giorni in cui a Bristol (città natale dell’artista), sui muri di una scuola che gli ha dedicato un’aula, Banksy dipingeva una nuova opera: un grande bambino che gioca con una ruota in fiamme (in una lettera lasciata vicino a questo lavoro l’artista si è rivolto agli studenti scrivendo: “Se non vi piace sentitevi liberi di modificarlo. Sono sicuro che ai vostri insegnanti non dispiacerà. Ricordatevi che è più facile ottenere il perdono che il permesso”). Proprio a Bristol, al Severn Shed, nel 2000 aveva aperto i battenti la prima mostra dedicata a Banksy. Quella romana non le è inferiore per quantità di opere esposte (oltre 150 tra disegni, tele, stampe, sculture e oggetti rari) e qualità.

Emmanuele F. M. Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro, ha evidenziato che “la mostra è unica nel suo genere anche per i temi che tratta: guerra, capitalismo e libertà, che sembrano essere le fonti primarie di ispirazione dell’arte di Banksy, connotata da una forte denuncia sociale, ma che sono anche i temi più attuali ed urgenti del nostro presente”. In effetti l’esposizione mette in luce la visione artistica dell’artista di fronte agli avvenimenti sociali e politici internazionali, dalla serigrafia delle scimmiette che pontificano (Laugh Now But One Day I’ll Be in Charge – Ridete adesso, ma un giorno sarò io a comandare) a quella dei bambini che giocano lanciando in aria un televisore che trasmette l’immagine di una palla; dalla tigre che scassa le sbarre di una prigione (che in realtà è un codice a barre) ad un drappello di “aborigeni” che armati di lance attaccano i carrelli di un supermercato; dall’agghiacciante immagine di Kids on guns alla sala dedicata ai topi, su cui campeggia un estratto del Banksy-pensiero: “Loro (i topi) esistono senza permesso, sono odiati, braccati e perseguitati, vivono in silenziosa disperazione tra il sudiciume. E tuttavia sono in grado di mettere in ginocchio intere civiltà Se sei sporco, insignificante e nessuno ti ama, allora i topi sono il tuo modello”.

Secondo alcuni la visione di tutte queste sue opere porta la conferma che lui è una sorta di Walt Disney comunista, un guerrigliero che ti fa ridere delle assurdità della nostra epoca. Le sue opere, divertenti e facile da capire anche per un bambino, sono piene d’immagini metaforiche che trascendono le barriere. Non a caso nella mostra sono evocate alcune sue operazione di ‘guerrilla art’, come quando nella gabbia dei pinguini dello zoo di Londra ha piazzato, vicino al trenino di Disneyland, un fantoccio gonfiabile con la divisa arancione dei prigionieri di Guantanamo. All’uscita della mostra c’è un muro su cui i visitatori sono invitati a lasciare il loro pensiero dopo la frase “If I were Banksy…”. Tra le scritte: “…parlerei della violenza sulle donne”, “… sarei ricco”, “…disegnerei più unicorni”, “…io sono Banksy”. Vedere i visitatori mentre scrivono con un gessetto su un muro è un omaggio alle “tele” su cui lavora l’artista di Bristol. Il perchè di questa scelta è scritto a caratteri cubitali su una parete della mostra: “Un muro è una grande arma, una delle cose peggiori con cui colpire qualcuno”.

Info utili

Palazzo Cipolla è in via del Corso 320 e la mostra è visitabile da martedì a domenica, dalle 11 alle 20 (ad agosto sarà invece visitabile dalle 16 alle 21) sino al 4 settembre. Ci saranno aperture straordinarie il 29 giugno e il 15 agosto. Il biglietto intero costa 12 euro, ma ci sono riduzioni di vario tipo (per esempio fino ai 26 e dai 65 anni) e possibilità di visite guidate.

www.warcapitalismandliberty.org

Le foto dell’esposizione

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  • Autore articolo
    Claudio Agostoni
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    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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