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La Palermo di Boris Giuliano

Dalla Milano industriale del boom economico alla Palermo immersa nella criminalità organizzata. A inizi anni ’60 Boris Giuliano tornava in Sicilia, rinunciando alla vita agiata e sicura che stava conducendo a Milano. In pochi mesi diventa capo della Sezione Omicidi di Palermo, per le sue indagini puntigliose e scomode che infastidivano il quieto vivere cittadino e rassegnato alla presenza della mafia in ogni attività. Ma tanto nessuno la chiamava mafia. I mafiosi venivano assolti per assenza di prove e ancora non esisteva il reato di associazione mafiosa, entrato in vigore negli anni ’80 grazie alla Legge Rognoni-La Torre.

Comincia da qui la fiction tv Boris Giuliano-Un poliziotto a Palermo, diretta da Ricky Tognazzi e interpretata da Adriano Giannini, in onda su Rai 1 il 23 e il 24 maggio in prima serata. Nato a Piazza Armerina nel 1930 e ucciso a Palermo nel 1979, Boris Giorgio Giuliano è noto per aver rinnovato il sistema di indagine della Squadra Mobile di Palermo, portando allo svelamento, attraverso le sue inchieste, della struttura segreta e dell’attività criminale di Cosa Nostra. Un lavoro preparatorio e utile per gettare le basi per il maxiprocesso del 1986, portato avanti da Falcone e Borsellino.

Nella sentenza di rinvio a giudizio del primo maxiprocesso contro la mafia, Paolo Borsellino scriveva:

“… Deve dunque ascriversi a ennesimo riconoscimento dell’abilità investigativa di Boris Giuliano, se quanto è emerso solo adesso, era già stato da lui intuito e inquadrato diversi anni prima… Se altri organismi statali avessero assecondato l’intelligente impegno investigativo del Giuliano, probabilmente le strutture organizzative della mafia non sarebbero così enormemente potenziate e molti efferati assassini, compreso quello dello stesso Giuliano, non sarebbero stati consumati”.

Questo passaggio di Borsellino rende perfettamente l’idea del contesto in cui Boris Giuliano svolgeva la sua attività di contrasto alla mafia. La regia asciutta di Ricky Tognazzi, già abituato a trattare questi temi cinemaotgraficamente (La scorta, I giudici, Vite strozzate) trasmette l’atmosfera dell’epoca e gli atteggiamenti persecutori e omertosi tipici dei contesti mafiosi.

Una storia che il regista ha raccontato accanto alle morti eccellenti di quegli anni: da quella del Procuratore Capo Scaglione, al giornalista Mauro De Mauro che indagava sul Caso Mattei e ancora, Mario Francese, Peppino Impastato e molti altri. “Leggendo le cronache di quegli anni – spiega Tognazzi – si rimane sconcertati dal numero impressionante di vittime innocenti e fatti delittuosi che martoriavano la Sicilia in quell’epoca. Un male talmente radicalizzato da inquinare i piani più alti del sistema mettendo a rischio l’idea stessa di Stato democratico e trasformando la Sicilia in una regione in ostaggio della criminalità organizzata”.

“Boris Giuliano ha contribuito a liberare la Sicilia dalle sue catene secolari”, continua Tognazzi. “Con inarrestabile intelligenza, insieme a una squadra di uomini scelti ha condotto l’attività investigativa a un livello superiore, tanto da interessare le agenzie investigative americane che in quegli anni affrontavano lo stesso nemico, Cosa Nostra, che si era radicalizzata anche oltreoceano”.

Il taglio televisivo rende comprensibile e divulgativa la storia, divisa in due puntate che seguono l’ordine cronologico di quel suo ultimo pezzo di vita. Fino a quel 21 luglio, in cui fu colto alle spalle e ammazzato da Leoluca Bagarella, mentre la moglie e i figli lo aspettavano in spiaggia. La mafia uccide solo d’estate, nel film di Pif Boris Giuliano era quel poliziotto buono che offriva le iris ad Arturo e che una mattina viene trovato a terra in una pozza di sangue.

L’attore Adriano Giannini presta volto, cuore e cervello al personaggio, calandosi nei panni di un uomo tenace e ossessionato dalla giustizia e dalla legalità.

Ascolta qui la nostra intervista
Adriano Giannini_Boris Giuliano

 

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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