
Quando Francesco criticò le politiche di Donald Trump su rifugiati, povertà e clima durante il primo mandato, la Casa Bianca rispose con una alzata di spalle. Le uscite del Papa argentino non preoccupavano più di tanto. Sarà così anche con Leone XIV, il primo pontefice statunitense? L’elezione di Robert Prevost al soglio pontificio pone un problema serio al presidente USA. Due statunitensi in ruoli così influenti a livello globale, ma con concezioni diverse in particolare sull’immigrazione. Trump alza muri e deporta stranieri; Papa Leone parla di ponti e di accoglienza. Già quando era cardinale, Prevost, con un tweet, aveva criticato J.D. Vance. Ora che è Papa, la sua parola, se e quando verrà detta, sarà ancora più incisiva.
“E’ la peggiore scelta per i cattolici Maga” – ha detto Steve Bannon. Secondo lui, Prevost è stato eletto dalla curia globalista con un voto contro Trump. In realtà i motivi per cui è stato scelto sono anche altri, interni alla Chiesa, ma è evidente che il rapporto con il Trumpismo, con la sua prepotente voglia di essere un modello politico e sociale globale, è stata una delle molle che hanno spinto i cardinali bergogliani a votare per Prevost. In questa partita globale, ce n’è anche un’altra, strettamente legata alla prima, che riguarda gli USA. Il cattolicesimo conservatore ha stretto un’alleanza con il trumpismo per rimodellare dal punto di vista politico e culturale il paese. Quello che per decenni era stato il ruolo svolto dalle chiese protestanti, in particolare dagli evangelici, ora invece è svolto dai cattolici di estrema destra. Un terzo dei membri dell’amministrazione Trump è cattolico, una sorta di record; lo sono anche sei dei nove giudici della Corte Suprema. Papa Leone, se rispetterà la continuità con Francesco, si porrà in un ruolo antagonista rispetto a Trump; l’altra America. Vedremo nel prossimo futuro quanto e come riuscirà a influenzare i cattolici statunitensi. Ora, in maggioranza, dicono i sondaggi, più propensi a erigere muri invece di costruire ponti.