Approfondimenti

L’apertura di Conte in Lombardia, i numeri della violenza sulle donne in Italia e nel mondo e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di venerdì 25 novembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Forse in Lombardia c’è una speranza di non perdere. Nel pomeriggio è arrivata un’apertura a sorpresa di Giuseppe Conte sulle elezioni: il tema è l’ipotesi di un accordo tra Movimento 5 Stelle e Pd, nonostante la rottura dell’alleanza a livello nazionale. L’ex capo del governo ha parlato in collegamento video col gruppo regionale del suo partito. Nel nostro Paese da inizio anno ci sono stati 104 femminicidi, oltre 5 vittime ogni ora nel 2021 in tutto il mondo. Gli ultimi dati  – fonti la polizia nel nostro paese e le Nazioni unite a livello globale – confermano l’enormità del tema della violenza di genere nella giornata internazionale dedicata a questo fenomeno.

Prima l’accordo sui punti programmatici, poi i candidati

(di Fabio Fimiani)

“Prima facciamo un accordo sui punti programmatici, a partire dalla centralità della sanità pubblica, quindi discuteremo di candidati, non abbiamo preclusioni, e Pierfrancesco Majorino ha le caratteristiche per attuare i nostri valori, ma non siamo una succursale del Partito Democratico e siamo disponibili se il Pd vuole fare tesoro degli errori del passato”. Sono alcuni dei passaggi del presidente dei 5 Stelle Giuseppe Conte che ha illustrato la posizione del Movimento insieme al gruppo consiliare della Regione Lombardia, alla deputata Elena Sironi e all’eurodeputata Maria Angela Danzì, espressioni del territorio. Un’apertura al centrosinistra a partire dagli elementi in cui cercare di dare discontinuità a 28 anni di governi di destra nella regione motore d’Italia. I punti programmatici sono stati elencati dal coordinatore e consigliere lombardo Dario Violi, che ha ribadito come in questi ultimi cinque anni da minoranze non siano state tante le differenze, a rimarcare il dialogo ampio con il centrosinistra c’era anche la presenza informale del consigliere regionale dei Radicali di Più Europa Michele Usuelli, nonostante il partito nazionale non sia proprio a favore di un’alleanza con i 5 stelle, ma già da settimane non ostacola. Violi, oltre alla centralità della sanità pubblica, ha chiesto una revisione del piano delle infrastrutture, come lo stop al prolungamento dell’Autostrada Pedemontana, e uno spegnimento progressivo dei troppi inceneritori lombardi, a partire dai più vecchi. Supporto alle comunità energetica autonome per la produzione con fonti rinnovabili. Per il sostegno al lavoro i 5 stelle chiedono l’attivazione dei centri per l’impiego, per l’agricoltura di supportare un alleggerimento soprattutto del peso degli allevamenti intensivi, che sono anche un problema di inquinamento atmosferico e climatico. Tutti punti molto aperti, quindi, con riferimento più volte al lavoro comune durante il secondo governo Conte. Proprio l’ex presidente del Consiglio è apparso molto dialogante sul programma e ha ribadito la coerenza del Movimento per i propri valori.

Ancora troppo poche le donne che decidono di denunciare

(di Anna Bredice)

“Se c’è una cosa stonata che ho sentito nel dibattito di ieri è la descrizione delle donne come persone fragili e deboli, le donne sono forti, sono rese vulnerabili dalla violenza.” Così la presidente della Commissione sui femminicidi Valeria Valente commentava il dibattito in Parlamento nel passaggio da una commissione all’altra. Nasce con la legislatura a maggioranza di destra una nuova commissione sui femminicidi che studierà il fenomeno, ma il lavoro principale però è ancora quello di superare i pregiudizi, di cambiare prospettiva. Palazzo Chigi si è illuminato di rosso con i nomi delle 104 donne uccise quest’anno, ma l’attenzione e la volontà nella lotta alla violenza si vedrà con i finanziamenti nella legge di bilancio ai centri antiviolenza, alle case rifugio, alla formazione degli operatori, dai tribunali fino agli educatori nelle scuole. E’ questo ciò che ancora manca, le norme ci sono, ad esempio quella sugli orfani di femminicidio è all’avanguardia, ma manca la rapidità nel mettere in pratica tutti gli aspetti di intervento e la presa in carico dei figli che restano, spesso orfani due volte, della madre e del padre. Non far sentire le donne sole nel momento in cui decidono di denunciare una violenza, sono ancora poche quelle che lo fanno: dai risultati della commissione parlamentare, solo il 15 per cento delle vittime di femminicidio avevano denunciato la violenza, il 63 per cento non ne aveva mai parlato con nessuno. Per questo, ed è un giudizio condiviso da tutti, il lavoro è responsabilizzare gli uomini e non passare al setaccio la vita della donna che denuncia violenza. Pregiudizi, difficoltà nel percorso da affrontare, questo è ciò che le frena: le cause di separazione di una donna spesso seguono un percorso diverso da quelle per violenza, manca un coordinamento in questo ambito, oppure l’affidamento dei figli dopo una denuncia e una separazione è ancora condiviso con il padre, con il rischio di una vittimizzazione secondaria della donna. Si è fatto molto, ma molto si deve ancora fare a livello culturale e sociale.

Ascoltiamo Francesca Recchia Luciani, che insegna filosofia all’università di Bari ed è direttrice del Festival delle Donne e dei Saperi di genere

A livello globale uno dei paesi di cui in questi mesi si parla di più a proposito di violenza di genere è l’Iran, con le proteste e la repressione legate al caso di Masha Amini, la ragazza morta dopo l’arresto per aver violato le norme sul velo a copertura dei capelli. Riccardo Noury è portavoce di Amnesty International

L’inno sussurrato della nazionale di calcio iraniana

(di Michele Migone)

L’inno l’hanno sussurrato, non cantato. Da una parte la vigorosa performance canora dei loro avversari del Galles, l’enfasi e la carica emotiva, dall’altra i volti tesi, tristi dei giocatori iraniani che hanno deciso di aprire le labbra sulle note dell’inno nazionale senza mostrare alcuna partecipazione: obbligati. Costretti dalle pressioni e le minacce del regime a rientrare nei ranghi dopo il clamoroso atto di disobbedienza del primo match, i calciatori iraniani, nel momento dell’inno, hanno in realtà mostrato al mondo, attraverso la televisione, la loro sofferenza. Le telecamere dentro lo stadio, con i loro stacchi sul pubblico, hanno reso questo mach dei mondiali di calcio un evento politico. Sono state inquadrate ragazze indossavano magliette con i colori nazionali, ma non con la bandiera dello repubblica islamica, con la scritta Donne, Vita, Libertà; si è visto anche una tifosa persiana con le lacrime nere dipinte in volto che ha mostrato una maglia dell’Iran con la scritta “Masha Amini 22”, per ricordare la ragazza arrestata e uccisa perché non portava il velo in modo “appropriato”, la morte che ha dato il via alla rivolta in Iran. La ragazza sugli spalti è stata poi invitata a non mostrare la maglia in questione da uno degli addetti alla sicurezza qatariota perché in questi mondiali ogni espressione politica non consona fa paura e deve sparire, vedi la fascia da capitano con i coloro Lgbt. La partita è stata una lotta per gli iraniani, qualche cosa che andava al di là di un importante calcistico. Non volevano perdere perché avrebbe significato tornare a casa da sconfitti, essere nella condizione di essere puniti. Ieri era stato arrestato a Teheran un importante calciatore, ex capitano della nazionale, per le sue critiche al regime. Un monito prima della partita di oggi, un destino per alcuni di loro se avessero perso. Oggi volevano vincere a tutti i costi e quando al 98esimo è arrivato il primo gol, la gioia è esplosa. Una vittoria per il popolo iraniano, ha detto il centrocampista Saeid Ezatolahi, Il regime degli ayatollah l’ha voluta subito monetizzare, ma forse le parole del giocatore erano una dedica a quel popolo a cui i calciatori avevano dedicato il silenzio all’inno del primo match.

Foto | Piazza del Campidoglio illuminata di rosso nella giornata contro la violenza sulle donne

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    Bologna con 170 alloggi comunali e 2800 sfratti solo nel 2024 è la punta di un iceberg che si chiama diritto alla casa orami scomparso dall'agenda politica e di governo. Nonostante gli annunci di piani casa anche da parte di questo governo è rimasto solo il mercato a dettare legge e gli sgomberi anche violenti a ribadirlo. Alessandro Canella, direttore di Radio Città Fujiko ci racconta perché Bologna e il confronto tra associazioni per il diritto alla casa e la città, con le testimonianze di Isa attivista di Plat (la piattaforma di intervento sociale che ha nei gironi scorsi occupato un grande stabile alloggiando decine di famiglie) e Giusy, madre single di due bambini, che ci racconta come il suo affitto dopo 8 anni sia passato da 550 euro al mese a 1200 euro, più del suo stipendio. Alda Cappelletti di Intersos ci racconta la crisi senza fine del Sudan dopo che le forze di intervento rapido hanno conquistato la città di Al Fasher e altre migliaia di persone sono dovute fuggire: la più grande e grave dimenticata dall'Occidente che la arma via Turchia, Libia, Emirati. Infine Barbara Sorrentini ci racconta che il film premio Oscar "No other land" rinviato ancora una volta dalla Rai sarà visto grazie alle piattaforme Keaton e Unisona oggi da 28.000 studentesse, studenti e docenti.

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