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Un feudatario a capo del calcio mondiale

Era partito da lì, dal calcio: giocava nella squadra primavera del Fluminense, uno dei club di Rio de Janiero. Ma come atleta le sue migliori prestazioni furono in piscina: prima come nuotatore e poi come pallanuotista. Vinse anche una medaglia di bronzo ai giochi panamericani. Poi, lasciata l’attività agonistica, iniziò la sua carriera come dirigente. Che lo portò prima ai vertici dello sport brasiliano e poi a essere il numero uno della Fifa.

Joao Havelange è morto a Rio de Janeiro a causa di una polmonite che nell’ultimo mese lo aveva costretto a entrare e uscire dall’ospedale. Aveva cento anni. Ventiquattro dei quali li aveva passati al timone del calcio mondiale.

Presidente della Fifa dal 1974 al 1998. Fu lui a volere l’allargamento del numero delle squadre partecipanti alla fase finale dei campionati del mondo di calcio. Era quello il modo per mantenere la promessa fatta alle federazioni asiatiche e africane di avere maggiori posti nella World Cup. Una promessa che garantì a questo brasiliano di essere eletto a capo della Fifa, scippando il posto all’inglese Stanley Rous.

“Havelange è stato il presidente della grande trasformazione della Fifa”, dice Pippo Russo, sociologo ed esperto di calcio. “Una trasformazione che portò la Federazione mondiale del calcio a passare dalla condizione di un club elitario gestito dai maestri inglesi a quella di un organismo più mastodontico e complesso, apparentemente più democratico, ma in realtà una sorta di feudo di colui che ne aveva preso il controllo: Joao Havelange”.

Il brasiliano promise più peso politico ai Paesi allora ai margini dell’impero (asiatici e africani, per lo più). “Anche la federazione delle Cayman poteva quindi sperare di far sentire la propria voce, tanto che un suo rappresentante divenne uno dei vicepresidenti”, spiega ancora Russo.

Joao Havelange fondò così il suo impero. E lo governò per i due decenni seguenti. Un sistema di potere basato sulle complicità, sui patti scellerati e soprattutto sulla corruzione. “Joseph Blatter è stato il più grande allievo di Joao Havelange”, racconta ancora il sociologo. “Lui si circondava di questi personaggi. Come Ricardo Teixeira, il presidente della federazione brasiliana, uno dei più corrotti”.

Quel sistema è sopravvissuto alla presidenza di Joao Havelange. Come sappiamo dalla recente storia, gli scandali sulla corruzione nel calcio hanno affossato il suo successore, Joseph Blatter. E fu proprio uno scandalo a togliere ad Havelange il titolo di presidente onorario della Fifa. Venne fuori un’inchiesta per una maxi tangente di 100 milioni di dollari. Fu coinvolto nell’inchiesta che nel 1994 puntò i riflettori verso il boss Castor de Andrade.

E, in fondo è proprio questa l’eredità che Joao Havelange lascia al mondo del calcio. Un sistema che deve essere completamente risanato. “E’ un’eredità molto pesante e molto negativa”, chiosa Pippo Russo. “Havelange è stato il grande feudatario del pallone mondiale”.

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