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Che cosa è successo oggi? – Giovedì 8 ottobre 2020

tamponi covid

Il racconto della giornata di giovedì 8 ottobre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia diffusi oggi al parere degli esperti sanitari sulla preparazione dell’Italia ad una possibile seconda ondata e i dubbi sui test rapidi che si potranno fare anche dai medici di famiglia, mentre in provincia di Latina scatta il primo mini lockdown dal giugno scorso. Negli Stati Uniti il Presidente USA Donald Trump si scaglia contro Kamala Harris all’indomani del dibattito televisivo tra i vice. Assegnato il premio Nobel per la Letteratura 2020.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

L’ultimo bollettino sul coronavirus segna un nuovo deciso aumento dei contagi in Italia. Sono 4.458 quelli accertati oggi, circa 800 in più di ieri, emersi da 128mila tamponi. Un nuovo record di test per il nostro Paese. La Campania si conferma la regione con più nuovi positivi, oggi 757, seguita dalla Lombardia, 683. 22 le morti comunicate nelle ultime 24 ore. I pazienti ricoverati con sintomi sono circa 3.900, di cui 358 in terapia intensiva, in aumento rispetto a ieri.
Come nel resto d’Europa, anche nel nostro Paese si sta dunque assistendo a una decisa ripresa della pandemia. Oggi è stato rotto quello che gli esperti definiscono l’argine del 3%, cioè il rapporto tra casi positivi e tamponi fatti. Si guarda con timore in particolare alle regioni del Sud.

In Europa diversi Paesi hanno numeri molto più alti di quelli italiani. Francia e Gran Bretagna viaggiano sui 17mila contagi quotidiani. Il governo di Londra starebbe pensando di superare i lockdown locali e chiudere pub, ristoranti e alberghi in tutte le zone rosse. In Germania si contano solo 4mila casi al giorno, ma il Ministro della Salute ha espresso oggi “forte preoccupazione”. In Spagna, invece, è stata presa oggi una decisione radicale: la Corte Superiore di giustizia di Madrid ha bocciato le misure di contenimento decise dal governo per la Capitale.

Mini lockdown a Latina

(di Anna Bredice)

A poche ore dalla nuova stretta sulle regole anti-COVID, è arrivato il primo mini lockdown. Si potrebbe definire così ciò che da mezzanotte scatterà nella provincia di Latina, dove in soli tre giorni i casi di contagio sono aumentati del 155%, provocando molti focolai, tra cui quello di Terracina causato in parte dalla cena elettorale a cui aveva partecipato Salvini. Ma a parte la campagna elettorale, da settimane c’era una certa preoccupazione della Regione Lazio verso questa provincia, che confina con la Campania, che ora ha il numero più alto di contagi in Italia. Da mezzanotte potranno svolgersi feste e cerimonie con sole 20 persone al massimo, bar e ristoranti devono chiudere a mezzanotte, vietato, oppure regolamentato in maniera severa l’accesso agli ospedali, nei quali sono stati riaperti e ampliati i settori COVID, infine il divieto di assembramenti davanti alle scuole e altri luoghi. Un mini lockdown quindi, il primo in Italia da giugno, da quando si era concluso quello totale. Il presidente della regione Zingaretti ha firmato l’ordinanza, che come prevede il decreto, è più restrittiva delle norme nazionali, questa è l’unica possibilità data ai presidenti di regione. Si vedrà se ci saranno decisioni simili in altri contesti con contagi alti. Nel Lazio sono aumentati i drive-in per i tamponi, viste le code molto lunghe in quelli esistenti, non ci sono situazioni critiche nelle terapie intensive, il sistema per ora complessivamente regge, anche per la scelta di di dimettere le persone clinicamente guarite e trasferirle in strutture alberghiere assistite, in modo da liberare i posti in ospedale.

COVID-19, siamo preparati per affrontare la seconda ondata?

Il governo ha deciso le nuove norme sulle mascherine, da portare all’aperto e al chiuso, per tentare di frenare l’aumento dei contagi. La preoccupazione è quella di arrivare ai livelli di Francia, Gran Bretagna e Germania e aprire la strada alla seconda ondata.
Ma siamo preparati ad affrontarla? Nello scorso mese di agosto, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità avevano stilato un piano per l’autunno. Il documento prevedeva quattro scenari e gli strumenti necessari per fronteggiare un possibile aumento di casi attraverso una riorganizzazione delle strutture sanitarie, dei posti letto e degli accessi in ospedale.
I requisiti richiesti riguardavano tutti gli aspetti dell’assistenza sanitaria, dalla rete ospedaliera, che ad esempio dovrebbe avere percorsi dedicati nei Pronto Soccorso per i casi sospetti, alla medicina territoriale, alla strutture nelle RSA.
Ma quanto è stato realizzato di questo piano? Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza, in una intervista televisiva ha dichiarato che: “Molte regioni si sono addormentate e si è fatto poco o nulla. Ora con i ricoveri per influenza negli ospedali si rischia il caos” .
Il virologo Andrea Crisanti in un’altra intervista è andato oltre. Il bersaglio non erano più le regioni, ma il governo, con il mancato piano nazionale di controllo dell’epidemia attraverso tamponi a tappeto. Insomma, che si guardi a Roma o che si guardi alle regioni è abbastanza evidente che molti degli interventi che avrebbero dovuti essere fatti non sono stati realizzati. Così nelle prossime settimane c’è il rischio che l’ondata di nuovi contagi non sia adeguatamente fronteggiata e metta sotto stress le nostre strutture sanitarie.
Per quanto riguarda i posti di terapia intensiva, secondo il sindacato degli anestesisti, le situazioni più preoccupanti si registrano nelle regioni del Centro-Sud non colpite dalla prima ondata. Marco Vergallo, presidente nazionale Arooi Emac: “In Lazio e in Campania non siamo ancora in affanno, ma lo saremo se non ci saranno repentini interventi“.

 

COVID-19, a che punto siamo coi test rapidi?

Il Governo cerca di correre ai ripari per quanto riguarda la capacità di tracciare l’epidemia dopo l’aumento dei contagi e l’impennata di richieste di tamponi ha portato a lunghe code d’attesa per poterli fare.
Una soluzione sono i tamponi rapidi per il coronavirus che si potranno fare direttamente dal proprio medico di famiglia. Il risultato si saprà in meno di un’ora. L’annuncio è stata dato dal ministro Speranza e poi confermato dal premier Conte.
Il problema è che questo intervento è solo parziale perché nel 50% delle province i medici di base non possono prescrivere il tampone visto che possono farlo solo le aziende sanitarie.
Pier Luigi Bartoletti, vice presidente della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), ha ufficializzato la disponibilità dei medici di famiglia a eseguire i tamponi rapidi.
Sentiamolo ai nostri microfoni.

 

Salvini Zelig adesso fa il liberale. Ecco perché

(di Luigi Ambrosio)

Salvini adesso cita Piero Gobetti. “Vogliamo fare la rivoluzione liberale” ha detto Salvini riprendendo il titolo dell’opera più famosa dell’intellettuale che fu ammazzato a bastonate dai fascisti. Un bel salto per uno che coi fascisti ha flirtrato per anni.
Ma adesso il vento sta cambiando. Il sovranismo è in difficoltà. E Salvini cerca il modo di ricollocarsi. Ha perfino assunto Marcello Pera come consulente. L’obiettivo è poco ideologico e molto prosaico. [CONTINUA A LEGGERE]

Assegnato il premio Nobel per la Letteratura 2020

La sua voce ha reso universale l’esistenza individuale. Con questa motivazione l’accademia svedese ha assegnato alla poetessa statunitense Louise Gluck il premio Nobel per la Letteratura. 77 anni, saggista e docente all’università di Yale, ha cantato la solitudine, i rapporti familiari e il divorzio. Massimo Bacigalupo, saggista, critico, è il traduttore ufficiale di Gluck in Italia:

 

Donald Trump si scaglia contro Kamala Harris

(di Roberto Festa)

Terribile, antipatica, un mostro, una comunista. Così, in una telefonata con Fox News, Donald Trump ha reagito al dibattito tra i vice e bollato Kamala Harris. Nelle ultime ore il presidente appare sempre più fuori controllo. Provato dalla malattia, chiuso alla Casa Bianca, senza la possibilità di far campagna elettorale, Trump si sfoga con decine di tweet e con uscite pubbliche che assomigliano sempre più a un rantolo rabbioso. Categorico è stato il suo rifiuto di rendere virtuale, causa coronavirus, il secondo dibattito presidenziale, che doveva tenersi il prossimo 15 ottobre a Miami. “Non mi metto a discutere davanti a un computer, non ho tempo da perdere”, ha detto Trump, che ora accusa la Commissione che organizza i dibattiti di voler proteggere, e favorire, il suo rivale Joe Biden. Proprio la campagna di Biden nelle ultime ore ha lanciato una controproposta. Rimandare di una settimana il confronto del 15. I repubblicani sembrano d’accordo, ma si apre ora un nuovo problema. Che ne sarà del terzo dibattito, che doveva essere l’ultimo? Si farà oppure no? Come si vede, poco è certo in tempi di coronavirus. Come previsto, la campagna elettorale ne è stata completamente stravolta. In molti Stati si è cominciato già a votare, ma a Washington si procede verso il giorno ufficiale del voto, il 3 novembre, tra continui scontri, ribaltamenti, colpi di scena. E molto poco che abbia a che fare con politica e programmi.

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    Redazione
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