Approfondimenti

La terza stagione di Westworld su Sky Atlantic

Westworld

Dopo quasi due anni d’attesa, Westworld è tornata: si tratta di una delle serie più prestigiose della già prestigiosa HBO, prodotta da J.J. Abrams, creata da Jonathan Nolan (il fratello del regista Christopher, e autore di molte sceneggiature dei suoi film, tra cui Memento, The Prestige e Interstellar) e da Lisa Joy.

Il titolo corrisponde a quello del parco giochi in cui erano ambientate le prime due stagioni: un luna park per ricchissimi adulti, che pagando un lauto ingresso potevano fingere per giorni di trovarsi nel vecchio West, vivere avventure selvagge, partecipare a pericolose missioni e anche sfogare i propri peggiori istinti sugli host, cioè androidi pressoché indistinguibili dagli esseri umani.

La serie, quasi unanimemente apprezzata dalla critica, ha diviso via via sempre più il pubblico: fitta di intriganti misteri, organizzata – come praticamente sempre nei film dei fratelli Nolan – su diverse linee temporali incrociate, ha conquistato una parte molto attiva di spettatori, impegnati a decifrarne collettivamente gli enigmi un po’ com’era successo in passato con Lost, mentre ha finito per allontanare chi preferiva una visione meno interattiva e meno cerebrale.

La terza annata, comunque molto attesa, in Italia disponibile in contemporanea con gli Usa su Sky Atlantic, esce definitivamente dal parco: alcuni androidi, in particolare la protagonista Dolores interpretata da una bravissima Evan Rachel Wood, sono riusciti a fuggire da Westworld dopo una sanguinosa rivolta, e ora si aggirano nella “realtà vera”, alcuni di loro intenzionati a distruggere il mondo degli uomini loro creatori, vendicandosi delle sopraffazioni subite per decenni.

Non è difficile vedere in Westworld molte metafore, più o meno consapevoli: c’è stata a lungo quella meta-televisiva, perché alcuni dei protagonisti della serie erano gli “sceneggiatori” del gioco dentro Westworld, rispecchiando così il processo di creazione di una serie tv; ora è più scoperta l’allegoria di classe, sottolineata anche dall’ingresso di un nuovo personaggio interpretato dall’Aaron Paul di Breaking Bad, con gli androidi impegnati a guidare una rivoluzione contro quel ricchissimo 1% del mondo che li tratta letteralmente come oggetti da sfruttare, spremere, sacrificare.

A giudicare dalle prime nuove puntate, poi, questa terza stagione sembra configurarsi come più lineare, più ricca d’azione, meno labirintica, dispiegata su una sola linea temporale, e anche un filo meno filosofica delle precedenti: quasi che, uscita dal parco, anche la narrazione si sia fatta più tangibile, più pragmatica, più realistica. Sì, realistica: non è un aggettivo a caso per questa serie di fantascienza, perché Westworld parla anche e soprattutto del nostro rapporto con la tecnologia, e la tecnologia rappresentata nella serie per molti versi è l’evoluzione fantascientifica di molte cose che nel nostro mondo ci sono già.

Non a caso la maggioranza delle location di questa nuova stagione non sono ricostruite o animate in green screen: appartengono alle skyline di Los Angeles e soprattutto dell’iper moderna Singapore, con le architetture minimali e spericolate, create dalle archistar. Come a dirci che il futuro è già arrivato.

Foto dalla pagina Facebook di HBO

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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