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La mia vita sotto lo Stato Islamico

“Per quale motivo ho sempre il sorriso sulle labbra anche se sono scappato dall’Isis? Perché noi siriani ne abbiamo viste troppe, non ci spaventa più nulla”. Hussein, 26 anni, lavora in un’officina meccanica di Gaziantep, nel sud della Turchia, vicino al confine siriano. Quattro mesi fa ha lasciato la cittadina di Al-Bab, a nord-est di Aleppo, ed è scappato qua con la famiglia, una moglie e tre bambini piccoli.

Al-Bab è il principale centro controllato dallo Stato Islamico nella regione di Aleppo.

In questi anni la città è stata sotto il controllo dei principali protagonisti della guerra siriana: il regime, l’Esercito Libero Siriano, gli islamisti di Al-Nusra e infine l’ISIS.

“Siamo scappati quattro mesi fa – ci racconta Hussein. Per la mancanza di soldi, per i continui bombardamenti e per le restrizioni imposte dallo Stato Islamico. Ormai era impossibile continuare a vivere lì. Lo Stato Islamico controlla tutto il territorio in maniera meticolosa. In condizioni normali non saremmo potuti partire. Ma abbiamo approfittato di un grosso bombardamento russo. Per 24 ore c’è stato il caos generale, che ci ha permesso di metterci in cammino verso il confine. Allora i miei figli avevano un mese, un anno e tre anni”.

Per assurdo senza quel bombardamento per partire Hussein e la sua famiglia avrebbero dovuto corrompere i miliziani dello Stato Islamico. L’assenza di soldi e lo sfruttamento di questa situazione da parte dell’Isis è un elemento centrale del sistema economico nelle zone controllate da Daesh.

“Si ripete sempre la stessa cosa – ci spiega Hussein mentre beve un tè con i suoi nuovi compagni di lavoro – in ogni contesto. Anche per lavorare e guadagnare qualcosa bisogna schierarsi con loro, con l’Isis, solo loro possono darti uno stipendio. E alla fine molta gente li sostiene solamente per questo, per i soldi. Circa 100 dollari al mese. Altrimenti nulla. Impossibile lavorare e impossibile guadagnare”.

Quando scoppiò la rivoluzione, nel marzo del 2011, Hussein stava facendo il servizio militare con l’esercito siriano ed era di stanza vicino a Daraa, nel sud della Siria, proprio dove ci furono le prime proteste di piazza contro Assad. “Fu il mio ultimo mese di servizio militare, mi sembra passato un secolo”.

Oggi quella di Aleppo è la regione strategicamente più importante per l’esito della guerra siriana. In quella zona sono presenti tutti i principali gruppi armati che combattono in Siria, compreso lo Stato Islamico. “La loro strategia, anche nella nostra zona – ci dice Hussein – è quella di avanzare, combattere, e poi ritirarsi. Al-Bab è la loro base, i loro attacchi partono da lì”.

Prima di riprendere a lavorare Hussein ci conferma le tante restrizioni imposte alla popolazione civile dai miliziani di Daesh.Niente fumo, donne sempre coperte, niente internet, a parte un paio di locali in tutta la città strettamente sotto controllo, il divieto assoluto di mettere in discussione il loro potere. Le voci contrarie spariscono nel giro di poche ore”.

E poi la stretta sull’educazione, forse la più importante in prospettiva futura. “Ad Al-Bab ci sono nuove scuole, create con l’obiettivo d’indottrinare i bambini, mentre nelle scuole pubbliche sono stati cambiati tutti i libri di testo. La maggior parte delle famiglie preferisce tenere i figli a casa”. I bambini e i ragazzi siriani sono stati giustamente definiti “una generazione persa”. Tra quelli rimasti in Siria e quelli scappati all’estero sono pochissimi quelli che riescono ad andare a scuola. E le politiche dell’Isis peggiorano ulteriormente questa situazione. Hussein, però, non perdere il suo sorriso. Ci saluta e torna a lavorare.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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