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Cosa ha detto Zuckerberg al Congresso USA

Mark Zuckerberg ha ammesso le proprie responsabilità davanti al Congresso degli Stati Uniti d’America, riconoscendo come Facebook non sia stato in grado di agire in modo tempestivo nel caso di Cambridge Analytica e promettendo maggiore attenzione e cura per il futuro.

Abbiamo chiesto a Carola Frediani, giornalista dell’AGI ed esperta di nuove tecnologie, autrice di “Guerre di rete” edito da Laterza, di raccontarci cosa è successo ieri davanti al Congresso e quali potranno essere le conseguenze di quanto affermato da Zuckerberg nel futuro di Facebook e in tutto il settore tecnologico degli Stati Uniti.

È stata una grande rappresentazione in cui non è emerso nulla di nuovo se non una serie di rassicurazioni o di misure che Facebook ha già preso o annunciato nei giorni scorsi per contenere lo scandalo di Cambridge Analytica, ma la cosa più interessante emersa da questa audizione è il livello di ignoranza tecnologico medio dei senatori americani, che emergeva nettamente da molte delle domande che erano davvero al livello del parente anziano che ti chiede come accedere a Facebook o cose di questo tipo.
In realtà a volte Zuckerberg è apparso sicuramente teso, sicuramente aveva una sua scaletta di punti a cui cercava di rimanere attaccato, ma allo stesso tempo a volte era in difficoltà per le domande che erano senza capo né coda. Forse più in difficoltà è rimasto quando gli sono state fatte delle domande sulla sua posizione di monopolio di Facebook che è abbastanza un dato di fatto, e lui ha un po’ svicolato, e anche sulla questione dei dati, finiti poi a Cambridge Analytica attraverso questo ricercatore, e sul perchè Facebook non ha agito in modo più netto. Questi sono stati i punti in cui lui non è riuscito a dare delle risposte, continuava a dire “vi farò sapere, il mio team e la mia squadra vi faranno sapere”

Come quando agli esami all’università di fanno una domanda che non sai e tu parli brillantemente di altro cercando di confondere le idee e poi ti riportano al punto e balbetti. Al di là della performance di Zuckerberg, quando dice che è colpa sua e che da oggi in poi le cose cambieranno, siamo in un campo di benevola buona intenzione perchè poi nella sostanza non c’è materia ancora rispetto a un cambiamento di paradigma sulle regole sulla costruzione della rete e delle relazioni social

Ci sono stati annunci di questo tipo, di cambi netti e strutturati, e credo che l’obiettivo di Zuckerberg e di Facebook fosse quello di arginare il più possibile il rischio di regolamentazione o legislazioni sgradite o che in qualche modo loro non riescono a controllare. Diciamo che anche alle domande dei senatori sulla necessità di regole o di nuovi leggi, Zuckerberg ha risposto con una certa apertura, ma sempre specificando che poi bisognerà vedere nel dettaglio se queste regole sono sensate e corrette. Secondo me in questo momento la sua preoccupazione è questa, limitare quel tipo di rischio.

Cubeyou è stata sospesa il giorno prima di questa audizione, è un’altra società che esattamente come Cambridge Analytica raccoglie dati e fa profilazione utenti. Cos’è questo un modo per prendere tempo e dimostrare che Facebook ha cambiato atteggiamento?

Ecco, una delle cose che ha detto anche ieri è che loro faranno delle verifiche su migliaia di app per cercare di capire se ci sono stati altri casi. Effettivamente il dubbio che tutti hanno è che, al di là di Cambridge Analytica, chissà quante altre hanno fatto la stessa cosa e non lo sappiamo? Loro hanno detto che faranno queste verifiche e daranno una sorta di premio a chi segnalerà abusi da parte delle applicazioni. Loro stanno senza dubbio cercando di fare delle cose per mettere dei paletti e arginare il fenomeno, sono consapevoli di dover agire e una delle cose che ha detto più spesso è che hanno capito di dover essere più proattivi, che non staranno fermi.
L’altra questione che gli è stata rimproverata è il ritardo nell’azione rispetto a quanto era accaduto, quindi anche su questo stanno cercando di far capire che si stanno muovendo in questo senso.

Al di là dell’ignoranza media dei senatori che ci hai descritto, qual è il rischio vero che corre Facebook, se ne corre uno, in questo momento da un punto di vista politico?

Io dubito che si rischi di arrivare a un livello politico, però è vero che c’è un clima diverso, anche come regolamentazione, tanto è vero che la neutralità della rete non è più difesa oggi negli Stati Uniti a livello federale come lo era nell’Era Obama. Se pensiamo che è appena passata una legge che per contrastare la prostituzione online e altri traffici di questo tipo va a dare più responsabilità alle piattaforme online andando così a modificare una delle salvaguardie su cui è prosperata la rete americana a partire dagli anni ’90, se vediamo questo quadro può essere visto come il rischio di un clima in cui ci siano delle leggi che possano limitare alcune libertà. Non so se ci sarà qualcosa che andrà a ledere direttamente Facebook, ma questo potrebbe essere l’inizio di una serie di cambiamenti che invece riguardano tutta l’industria tecnologica americana.

Mark Zuckerberg

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    Redazione
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    Pubblica - 03-12-2025

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    A come Asia di mercoledì 03/12/2025

    A cura di Diana Santini

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 03-12-2025

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