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Piovono Rane

L’ipocrisia della solidarietà a parole

C’è un vecchio ma sempre diffuso modo di fare i progressisti: dire in pubblico delle cose belle, solidali e giuste, poi prendere di fatto decisioni contrarie, ispirate a egoismo e ingiustizia.

Insomma progressisti solo a parole, parole a sinistra ma decisioni bene imbullonate a destra.

Tutti o quasi i capi dell’Occidente – perfino l’americano Biden, e compreso il nostro ministro speranza – hanno detto di voler assicurare i vaccini a tutti i paesi del mondo, anche a quelli poveri che non si possono permettere di versare miliardi di dollari alle multinazionali del farmaco.

Ma questo è quello che dicono, appunto.

Quando poi si tratta di prendere delle decisioni la musica cambia: e da quello che è emerso ieri a Roma, al G20 dei ministri della salute, non è alle viste nessuna sospensione provvisoria dei brevetti, ma solo decisioni che operativamente cambiano pochissimo, come l’abbattimento delle barriere doganali e le licenze volontarie da parte d Big Pharma.

Quindi terza dose nei paesi più ricchi del pianeta, mentre nei paesi poveri il 99 per cento delle persone non ha mai visto nemmeno una fiala.

Con buona pace degli scienziati che avvertono: è una cretinata, se lasciate circolare il virus nei paesi poveri è facile che si sviluppi una variante meno sensibile ai vaccini, che poi arriverebbe anche qui.

I ministri della salute del G20 oggi, a Roma, hanno ancora un po’ di ore per smentire questo mix di egoismo e stupidità. Ma solo con l’ottimismo della volontà si può pensare che avvenga.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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L'Ambrosiano

Il grattacielo e i falò: per grazia ricevuta ripensiamo il costruire la città

É andata bene col grattacielo in falò; 4 anni fa a Londra l’incendio della Green Tower procurò 72 morti. Le indagini chiariranno, la giustizia deciderà. Tra Comune e solidarietà verranno trovate soluzioni per le persone sul piano pratico (importante) e psicologico, di pari rilievo. Non sarà facile uscire dal trauma di vedere casa, risparmi, oggetti personali in fumo. Già il risvolto psicologico dovrebbe allertare la coscienza collettiva sulle fragilità d’una città narcisa che si bea della skyline verticale e ha bisogno d’una tragedia sfiorata per cogliere che abitare è il contrario dell’individualismo e del farsi i fatti propri. Architetti e ingegneri hanno cominciato a dir la loro su materiali, leggi edilizie, sistemi di sicurezza con toni un po’ imbarazzati.

Milano ha la fortuna di avere il Politecnico, ma nell’esercizio pratico ciascuno per sé e il dio profitto per tutti. Per ora ha taciuto la politica: nazionale, che tutti i giorni trasuda autocompiacimento per “bonus facciate” e 110 per cento; regionale, che in tema di territorio ha fatto battaglie, ma nell’urbanistica ha un debole per la deregulation; comunale: qui si edifica ma meno si trovan le ragioni dello stare insieme. Se senti in privato costruttori artefici del boom edilizio che ha contribuito a balzo del Pil certificato dall’Inps e disoccupazione sotto doppia cifra dicon cose che Associazioni di categoria omettono; la politica tace (ignoranza? convenienze?); i sindacati alle prese con la sopravvivenza faticano a seguire.

In sostanza s’è innescata una corsa sfrenata ai cantieri con: costi di materiali anche raddoppiati; operai che non si fa in tempo a formare; impossibilità di garantire tempi di consegna. Contingenze che unite a fattori endemici strutturali stan creando le condizioni per una “bolla”. Questa, quanto più è frutto di insipienze e interessi tanto più dà dolori se scoppia. Come grazia ricevuta per non aver avuto vittime (umanamente inaccettabile di suo, neanche immaginabile sotto elezioni!) oltre a un cero alla Madonnina avviamo una campagna di presa di coscienza collettiva d’essere una civitas, abitabile con un “costruire a Milano” in sicurezza, bellezza, servizi, equità, socialità, giustizia. La “politica della casa”: questa è sì l’urgenza che brucia!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

Aborto: le donne di San Marino non sono sole

La notizia probabilmente l’avete già letta: il prossimo 26 settembre la piccola repubblica di San Marino andrà a votare  in un referendum popolare per rendere legale l’interruzione di gravidanza. Ora è punita, sia per le donne che per il medico, fino a sei anni di reclusione. San Marino ha appena celebrato con il dovuto orgoglio la fondazione della repubblica datata 1291 e viene allora spontaneo chiedersi com’è possibile che qui, nel cuore della Romagna, abbia resistito finora un pezzo di Medioevo. Come altro si potrebbe definire una disposizione del genere che, in realtà, risale a 150 anni fa, ma che, va detto, è stata reiterata pari pari a metà degli anni ’70? La piccola repubblica aveva allora messo mano alla riforma del suo codice penale e, evidentemente immune al vento di rinnovamento che avrebbe portato in Italia all’approvazione della legge 194, si era limitata a ricopiare la norma ottocentesca che non prevede nessuna eccezione, neanche nei casi più dolorosi di una gravidanza che fa seguito ad uno stupro o di una grave malattia della donna o del feto.

E allora? Hanno taciuto  in questi anni le donne di San Marino, hanno giudicato poco importante e comunque risolvibile in altra maniera, vista la contiguità con l’Italia, la questione? Assolutamente no. Ai microfoni di Radio Popolare, sui giornali che se ne sono occupati si è sentita e letta un’altra storia: di  tanti tentativi negli ultimi 20 anni – Istanze d’Arengo si chiamano e sono uno strumento di democrazia diretta – finiti in niente, bocciati, oppure lasciati a prendere polvere nei cassetti.  Fino a che, e passata pure la fase peggiore della pandemia, le donne di San Marino hanno deciso che era ora di dire basta e  di raccogliere le firme, più di tremila e sono tante visto che a San Marino vivono 33mila persone, per ottenere un referendum che finalmente depenalizzi l’interruzione di gravidanza.

La verità è che sbagliamo noi.  Anzi lo sappiamo benissimo, solo che facciamo fatica a farci i conti ogni volta: non solo quel Medioevo è vicinissimo – San Marino appunto – ma puntualmente qui e lì si risveglia – vedi il Texas di questi giorni, la Polonia di qualche mese fa e l’elenco, come si dice, è in costante aggiornamento. La crociata contro la libertà femminile, sul corpo delle donne e sulla loro autodeterminazione, talvolta in battaglia aperta, talaltra come a San Marino opponendo un muro di gomma, non finisce mai e tocca stare costantemente all’erta. Forti delle tante firme raccolte, vinceranno stavolta la  battaglia le libere donne di San Marino. Titolò così, ‘Le libere donne di Milano’, il settimanale Diario, all’indomani di una grande manifestazione che ci portò in piazza in 150 mila nel 2006, ancora una volta mobilitate in difesa della legge sull’interruzione di gravidanza,  quella volta minacciata da un governo di centrodestra. La manifestazione che ricacciò indietro quel tentativo oscurantista fu promossa da tante donne unite nell’esperienza di Usciamo dal silenzio, per chi scrive la più ricca esperienza di femminismo della propria vita. Uds l’abbreviazione, la stessa dell’Unione donne sanmarinesi che oggi promuove il referendum di San Marino. Solo una piccola, curiosa coincidenza, ma vale a dire che in questa battaglia restiamo in campo e che le donne di San Marino di certo non sono sole.

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Bad Input

Come si fa la lotta alle fake news?

Una delle tante news in un aggregatore. Il titolo, riportato su Liberoquotidiano.it, non lascia adito a dubbi: “Joe Biden dorme in mondovisione mentre il premier israeliano gli parla: il video che imbarazza il mondo”. L’articolo è corredato da una foto di Joe Biden con gli occhi chiusi e il capo reclinato.

Lo sconosciuto autore del pezzo (su Libero la firma è un optional) spara a zero sul presidente USA accusandolo di essersi addormentato durante un colloquio con il premier israeliano Naftali Bennet.

Il pezzo è ripreso da un articolo di Franco Bechis su “Il Tempo”, il quale ha però la furbizia di non citare direttamente la fonte. La notizia, in entrambi i casi, è pura spazzatura. Ma nel caso di Libero, la fake news ha del surreale.

Perché accorgersi che il video in questione sia un falso non è troppo difficile, nemmeno per i lettori di Libero. Lo stesso tweet che il prode giornalista (?) ha inserito nel suo articolo (?) riporta in calce la scritta “Contenuto multimediale manipolato”, l’avviso che Twitter inserisce quando sul social network viene condiviso un contenuto alterato.

Il filmato in questione, in pratica, è stato tagliato ad arte per dare l’impressione che Biden stesse dormendo. Nella versione originale è piuttosto evidente come non sia affatto così.

Domanda: prima di lanciarsi nell’elaborazione di leggi per bloccare i deep fake e la disinformazione su Internet, aprendo al rischio di una censura indiscriminata, non sarebbe più pratico che l’Ordine dei Giornalisti cacciasse a calci i direttori che diffondono fake sulle pagine dei loro siti?

  • Marco Schiaffino

    Dopo una (breve) esperienza come avvocato, nel lontano 2000 mi sono trovato quasi per caso a scrivere di Internet e nuove tecnologie, quando il Web e il digitale erano una specie di hobby per smanettoni e appassionati di fantascienza. Mentre continuavo a scrivere per la mia banda di nerd, mi dannavo per trovare il modo di passare a quello che pensavo fosse un giornalismo “più serio”. Qualche volta ce l’ho anche fatta. Poi è successa una cosa strana: quello di cui mi occupavo da anni, ha cominciato a interessare tutti. Ho smesso di dannarmi.

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L'Ambrosiano

La democrazia è un’anatra zoppa. Evviva la democrazia!

Il pacco è tornato da Kabul: la democrazia inviata non corrispondeva ai requisiti.
L’Occidente sta provvedendo in tutta fretta al costoso risarcimento che non rimedierà alle perdite, sancirà delusioni, sconterà lo sbrego d’immagine. L’irreparabile però è scongiurato: anatre zoppe sì, ma i Paesi della coalizione s’affannano nel far uscire dall’Afghanistan il maggior numero di persone che han lavorato per loro e han creduto nel cambiamento. Ci sono rischi. Primo: limitarsi alla denuncia di 20 anni d’errori (cinico accanimento su Biden, scordando che l’accordo per l’evacuazione è di Trump) senza strategie per approcci e obiettivi. Secondo: lasciar prevalere l’humus depressivo che dà fiato al ritornello qualunquista secondo cui Kabul confermerebbe che la democrazia è inadeguata, ingiusta e tende a soprafare.

Si colgono sintomi pericolosi d’un clima antidemocratico nella scomposta campagna di frange no vax che equipara l’obbligo di green pass a un attacco alla libertà e nel rischio d’una saldatura tra magma delle proteste anti vaccino e caccia agli sbagli afgani. Emotività (le immagini dello scalo di Kabul e ascoltare “i talebani cercano le donne casa per casa”), sbandamenti politico-etici (attacchi a Lamorgese per alzare il prezzo su Durigon/Mussolini); la scienza sempre più accreditata (ma popolata di troppi narcisi); povertà antiche fatte esplodere dal Covid (politica timida nel governare le ingiustizie e faccia truce di Bonomi) fan dire che occorre resistere, con coraggio urlare: W la democrazia! Non è atto di fede (anch’essa ci vuole); non nostalgia (mai scordare: senza Liberazione non saremmo qui); né convenienza (anzi, chi rispetta le regole è becco e bastonato: condono docet): è realismo un alto e forte “W la democrazia!”. Grazie ad essa possiamo criticare Orban (è contro libertà di stampa), Lucashencko (oppositori in carcere), Polonia (Shoah negata), Egitto (Patrick Zaki ancora detenuto), Turchia (scambio: euro e profughi), Austria e Grecia (sogni di muri) e gioire perché Ikram Naxih in Marocco è fuori di prigione (v’era finita per una vignetta). Zoppa l’anatra si può curare (cosa spettiamo?); il dittatore manda chi s’oppone in casa di cura.

  • Marco Garzonio

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    Voci tra i banchi di scuola. A cura di Lara Pipitone, Chiara Pappalardo e Sara Mignolli

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

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    Esteri di martedì 11/11/2025

    1) A Gaza gli attacchi continuano e gli ingressi umanitari restano pochi. Nella striscia, però, si prova a pensare al futuro. (Giulio Cocchini - Cesvi) 2)Baghdad tra Washington e Teheran. Gli Iracheni votano per le elezioni parlamentari che decideranno che direzione prenderà il paese. (Laura Silvia Battaglia) 3) Stati Uniti, il senato approva il provvedimento per mettere fine allo shutdown. Lo stallo economico sembra vicino alla fine, ma il voto ha spaccato i democratici. (Roberto Festa) 4) Il costo climatico dell’intelligenza artificiale. Per la prima volta alla Cop30 di Belem si discuterà dell’impatto ambientale delle tecnologie digitali. (Alice Franchi) 5) Spagna, la pubblicazione delle memorie dell’ex re Juan Carlos riaprono il dibattito sul ruolo della monarchia. (Giulio Maria Piantedosi) 6) Rubrica sportiva. La squadra femminile di calcio under 17 della corea del nord si riconferma campione del mondo. Non una sorpresa, ma una strategia pianificata. (Luca Parena)

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    L'Orizzonte di martedì 11/11 18:36

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    Poveri ma belli di martedì 11/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    La leggenda del soul Mavis Staples raccontata dal suo produttore Brad Cook

    È uscito “Sad and Beautiful World”, nuovo disco della leggendaria Mavis Staples. Giunta all’età di 86 anni e con oltre settant’anni di carriera alle spalle, l’artista di Chicago dimostra di avere ancora tanto da condividere con il mondo. Da Leonard Cohen a Frank Ocean, da Kevin Morby a Tom Waits, muovendosi tra generi e decenni diversi, Mavis Staples fa quello che sa fare meglio: reinterpretare brani noti al grande pubblico facendoli suoi in un modo unico e inconfondibile. “Le canzoni di Mavis parlano di amore ed empatia” - spiega il produttore dell’album Brad Cook ai microfoni di Radio Popolare - “e nei tempi che viviamo non potremmo averne più bisogno”. L’intervista di Claudio Agostoni.

    Clip - 11-11-2025

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    Vieni con me di martedì 11/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Volume di martedì 11/11/2025

    La nuova e inattesa collaborazione tra Charlie Xcx e John Cale nel brano "House" e l'intervista di Claudio Agostoni a Brad Cook, che racconta il nuovo album prodotto per la leggenda del soul Mavis Staples. A seguire un piccolo omaggio a Giulia Cecchettin, il quiz della settimana dedicato al film "Gli Intoccabili" di Brian De Palma, e la notizia dei Chemical Brothers ai Magazzini Generali di Milano il 22 novembre.

    Volume - 11-11-2025

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