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L'Ambrosiano

Dio perdona; il Covid no; il SSN? «Richiami, il dottore è fuori stanza»

Ho un medico in malattia da quasi 2 anni, 5 i sostituti, attesa anche di 15 giorni per la prescrizione mail d’esami di routine; per fortuna ho un Cassa professionale e posso far fronte: la salute prima di tutto.
È l’esempio d’uno dei tanti anziani risparmiati dal Covid; ma il Servizio Sanitario fa molto per non aiutare una generazione fragile, icona d’una situazione generale grave. Grazie a Figliuolo e Draghi per
la campagna anti virus, ma Generale e scienza non hanno il vaccino che immunizzi da pericolose varianti: politica imprevidente, miope, che ama clientele più che consensi; corporativismo di gruppi medici; narcisismi regionali; interessi privati; zampini di industria farmaceutiche.

Gioiamo di: Pil a più 6; nuovi occupati; fatturato industriale a più 20; riapertura di scuole, teatri e cinema quasi al completo. Ma se PNRR e immunità di gregge (reale? efficace?) non danno una frustata alla riforma del Servizio Sanitario ogni sforzo di ripresa è vano; con costi umani e sociali, oltreché economici crescenti. I cardini su cui lavorare sono noti: assistenza primaria (medici di base, presenza
sul territorio, specialistica ambulatoriale); prevenzione e attività di consultorio; medicina del lavoro; strutture private con funzioni integrative non sostitutive delle pubbliche; incentivazione della ricerca; presidi di riabilitazione.

Lo sa chi governa a Roma e nelle Regioni, operatori pubblici e privati, i media (si legga il Corriere della Sera di lunedì 21: “La lobby che governa i medici di famiglia” di Gabanelli, Gerevini, Ravizza). Difficile capire perché tutto stagna. La Lombardia fa da vertice d’una frustrazione collettiva, che incattivisce cittadini e operatori. Dopo gli inizi fallimentari il Pirellone s’è ripreso nei vaccini (con Poste e Figliuolo), ma per diventare primo della classe come la Moratti voleva accreditarsi occorreva una legge che annullasse le riforme Formigoni (1997) e Maroni (2015) e rispettasse le disposizioni nazionali. Non c’è riuscita: Lega e Forza Italia fratelli-coltelli e l’opposizione del Pd delude. Milano? Non pervenuto. Non a causa del voto del 3. Al Sindaco devon spiegare ancora che è «autorità sanitaria locale». Può far molto, cambiar le cose, batter la Moratti. Se vuole.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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L'Ambrosiano

Comune svuotato, «la democrazia non abita più qui»

Nessun partito lo prevede, ma perché la democrazia non sia guscio vuoto è urgente cambiare la scriteriata legge Bassanini. Come rimedio alla delegittimazione dei partiti seguita a Tangentopoli si credé che l’elezione diretta del Sindaco riavvicinasse i cittadini alla politica. Invece, dopo quasi 30 anni, «la politica non abita più qui».

Il Comune somiglia sempre più alla sede d’un’azienda a partecipazione pubblica (nel senso dei fondi) e la Giunta ad un Consiglio d’Amministrazione. Il Sindaco, come Ceo (chief executive officer) d’un’impresa privata, attribuisce e ritira deleghe agli assessori, fissa indirizzi e assume provvedimenti come rispondesse ad azionisti. Questi sono partiti e gruppi d’interesse che han costituito “liste per Tal dei Tali Sindaco”, non i cittadini. Al popolo, cui «appartiene la sovranità» (Costituzione), son riservate iniziative promozionali di raccolta di pareri (i cassetti degli uffici ne hanno fame) e di conferma del consenso. Ai rappresentanti del popolo, cui spetterebbe la funzione di controllo, è riservato un ruolo quasi decorativo.

La forma è salva, ma la scatola, il Consiglio Comunale, vuota. Lì giungono lontani e ininfluenti gli echi di ciò che accade fuori: grandi eventi la cui gestione pratica in realtà ricade sui Comuni (gli immigrati), alle questioni urbanistiche (a Milano: scali ferroviari, sanità sul territorio e prevenzione, edilizia pubblica, trasporti, impianti sportivi); come nei quartieri vivono giovani, anziani, disoccupati, profughi, donne acrobate tra casa ufficio figli. A realtà sociali fragili già fan fronte Caritas, Pane Quotidiano parrocchie, San Vincenzo, Cardinal Ferrari, Opera S. Francesco, volontari: energie vive per fortuna non comprese nella riforma Bassanini!

Chi volesse conferma dell’affresco appena abbozzato, consideri la campagna elettorale sin qui condotta e l’emblematica chicca più recente: la polemica tra Bernardo e Sala sui tabelloni elettorali, insufficienti per il centro destra, che investe la Magistratura (Tribunale dice preoccupazioni ma sposta il focus dai problemi) per “lesa democrazia”; tutto in regola, replica il Sindaco, che governa. Intanto non un manifesto è affisso ai tabelloni. Manco loro sembrano crederci.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

Aborto: il papa, la trappola della sofferenza e noi

Il papa fa il papa. Cos’altro vi aspettate se non che affermi che l’aborto è un omicidio, che il matrimonio eterosessuale è un sacramento e via dicendo? Sintetizzo in due righe un’obiezione, non del tutto insensata, che si è ascoltata le mille volte – l’ultima l’altro ieri, per bocca di Francesco – che un pontefice ha lanciato il suo anatema in materia di interruzione di gravidanza.
D’accordo il papa fa il suo mestiere, i cattolici difendono con intransigenza quella che ritengono vita sin dal concepimento: peraltro Francesco non è certo nuovo a questi  toni durissimi e misogini in materia di aborto e lo diciamo per chi se n’è meravigliato – Michela Marzano sulla Stampa per esempio – avendo l’immagine di un papa assai vicino, e lo è, alla sofferenza umana. Ma noi, noi dove stiamo?

Ecco un primo punto. La sofferenza. Ogniqualvolta l’autodeterminazione delle donne in materia di procreazione viene attaccata, molte reazioni, quasi sempre femminili anche perché il tema resta anche mediaticamente affidato a loro, si appellano alla sofferenza, al dramma che ognuna vivrebbe nel fare questa scelta. Un modo per dire al mondo: non siamo sicarie – questo l’allucinante paragone usato da Bergoglio – ma creature sofferenti che vivono con dolore questa scelta e, per questo, devono essere comprese e perdonate. Non mi ha mai convinto questa narrazione dell’interruzione di gravidanza che pone evidentemente una grande domanda a chi la decide – anzi pone ad ognuna una propria, personalissima domanda – ma non necessariamente comporta un dramma. Ci vedo invece un’enorme trappola concettuale nella quale le donne, certo non tutte, spesso cadono: dovremmo rivendicare soggettività e responsabilità, quella che usiamo per mettere o non mettere al mondo,  dovremmo chiedere ancora e ancora, visto che è tutt’altro che garantito, il diritto di interrompere la gravidanza in maniera sicura e attenta alla nostra salute e non incatenarci alla retorica della sofferenza, in nome della quale venire assolte. È una grande ‘cortesia’ che facciamo a tanti, mica solo al papa o ai cattolici: a ben pensarci questa narrazione ribadisce anche che l’aborto è esclusiva cosa di donne – il loro corpo, il loro dramma, il loro dolore – da cui gli uomini possono stare tranquillamente alla larga, come se – ce lo ricorda sempre Lea Melandri opportunamente legando femminicidio e aborto  – non fosse anche questa una vicenda specchio del rapporto tra i sessi per come, storicamente e culturalmente, si è declinato.

E allora il papa che fa il papa: la chiesa cattolica è, come sappiamo, attraversata da domande nuove e venti di cambiamento che diventano spesso bufere di reazioni eguali e contrarie. Di questo cambiamento molti ritengono che Bergoglio sia l’alfiere coraggioso: temiamo che le cose siano più complicate di così e di certo la riaffermazione di una misoginia così violenta non va in questa direzione e dà invece fiato a quanti, dentro e fuori, vivono l’autodeterminazione delle donne come una minaccia ad un ordine patriarcale da difendere ad ogni costo. Di questo Bergoglio, come  quelli che lo hanno preceduto, porta responsabilità e non è poca cosa per chi, come lui, vede e denuncia la diseguaglianza e la violenza nel mondo. Proprio qualche giorno fa è cominciato a Roma, assente il Comune,  il processo per il cosiddetto ‘cimitero dei feti’, le croci con il nome delle donne che hanno abortito apparse a loro insaputa al cimitero Flaminio. Se si vuole vedere in una sola immagine la colpevolizzazione, la mancanza di privacy, la violenza censoria, l’assenza di laicità che fanno da corollario all’interruzione di gravidanza nel nostro paese basta guardare una di quelle croci. A questo punto siamo ancora; e direi che se di sofferenza vogliamo parlare è di questa sofferenza che ne abbiamo abbastanza.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Breaking Dad

“Papà, ma tu dov’eri?”

“Noi eravamo nati?”

“Se sono passati 20 anni, secondo te eravamo nati? C’ho vent’anni io?”

Francesco mette il fratello davanti all’evidenza: non erano nati. Però lo sanno – più o meno – cosa successe quel giorno. Hanno visto i video, le foto, le prime pagine dei giornali del mondo sul numero speciale di Internazionale, appena ritirato nella cassetta della posta. Due grattacieli, due aerei, il fuoco, il fumo, le facce stravolte, le divise dei pompieri ricoperte di polvere.

Francesco – che si prepara al debutto alle Scuole Superiori – va sullo specifico. “Senti – mi chiede – ma Bin Laden era il capo dell’Isis, giusto?”

“No, Franci, era il capo di Al Qaeda. L’Isis non c’era ancora”.

“Ah ok. E che differenza c’è tra le due? E Al Qaeda che fine ha fatto?”

Ehm…

Fabrizio – che ha appena finito i compiti delle vacanze e lunedì comincerà la quinta Elementare – vuole approfondire. “Quanti morti ci sono stati?”. “Tanti, Fabri: circa tremila”. “Come hanno fatto a dirottare gli aerei?”.

Una domanda dopo l’altra, provo a raccontare, a spiegare. Guardiamo dei video su YouTube. Cerchiamo il titolo dei film su quel giorno.

Poi, viene fuori quella più naturale: ma tu, papà, dov’eri, cosa stavi facendo?

E pazienza se è banale, se è diventato un format  – “tu-dove-eri-quel-giorno” – , se messo sui giornali suona un po’ come un giochino. Tutto vero. Ma quando un bambino resta tanto colpito da un fatto, che nella sua testa è quasi come una favola antica, eppure è vero, non c’è dubbio, ha visto le foto… bè lo vuole sapere dov’era il papà.

E così il papà tira fuori metaforicamente la pipa, le luci si attenuano come per magia, il tono della voce si abbassa. Insomma, mi tocca il ruolo del vecchio che racconta una storia della gioventù. Un po’ come quando mia nonna mi raccontava delle sirene che lanciavano l’allarme per i bombardamenti sulla città.

Cari bambini, dovete sapere che tanto, tanto tempo fa…

Il racconto diverte i ragazzi: in effetti, il singolare episodio del furto dell’auto subìto proprio quel mattino, ha un ché di fatale e grottesco. E le pratiche dell’assicurazione fatte in redazione – anche se ci hai appena messo piede, stai facendo il tuo primo stage –  perché lì c’è la stampante. E mentre si prende un caffè alle macchinette, in tv compare un grattacielo col fuoco sopra. E’ New York, sì, sì. E non si capisce. E poi si capisce. E poi in diretta lo vediamo tutti il secondo aereo che si schianta. E le urla del Direttore Piero: “In onda, in onda, subito, subito!!!”.

E insomma, la storia piace ai ragazzi. In qualche momento mi viene la pelle d’oca, mi interrompo per bere un bicchiere di acqua.

“Era Trump il capo degli Stati Uniti?”

“No, si chiamava Bush”

“Era vecchio?”

“No, no, era piuttosto giovane. Era il figlio, lui…”

“Ma quanti ce n’erano di Bush, scusa?”

“Eh, un po’ troppi”

E poi Francesco fa: “Ma pensa, sono passati vent’anni e adesso in Afghanistan ci sono un’altra volta i Talebani. Non è che la guerra è servita a tanto, vero?”.

“Papi, chi sono i Talebani? Ah, sì sono quelli che non vogliono che ascolti la musica, tipo la trap, e se sei una donna devi stare in casa, giusto?”

“Sì, Fabri, sono loro”.

Insomma, è l’11 settembre 2021, sono passati vent’anni. E’ sabato e tra due giorni cominciano la Quinta Elementare e la Prima Superiore. Passaggi importanti. Francesco è molto emozionato e lo sono anch’io. Ha comperato lo zaino, abbiamo fatto la tessera dei mezzi, che è un po’ come una patente che sei diventato grande. Ha già studiato il percorso da casa al Liceo. Fabrizio, invece, ha un po’ di paura perché sarà l’ultimo anno da bimbo, con la sua maestra e i suoi amici. Ma c’è tempo.

Cominciano la scuola, il calcio, la chitarra, forse pure la batteria – con relative chat dei genitori (!) – comincia “me lo vai a prendere tu per favore?” e “fanno merenda da me”; “hai studiato?” e “stasera pizza!”. E’ l’11 settembre ed è l’ultimo weekend dell’anno. Altro che il primo gennaio: il nuovo anno inizia qui.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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L'Ambrosiano

Trombettieri, giornata del silenzio: il re è nudo

Bisognerà decidersi a indire la “giornata nazionale del silenzio”. Per una volta non saranno Autorità, imprenditori, poteri occulti a mettere il bavaglio ai giornalisti; questi non daranno microfono e taccuini a esponenti politici e rappresentanti di categorie. Ricordare che occorre pensare oltreché parlare è igiene mentale, responsabilità civile, formazione delle generazioni.

Lo spunto viene dalle ultime ore. Giorgia Meloni definisce “metadone di Stato” il reddito di cittadinanza e poi, per fugare dubbi che fosse la battuta infelice nel clima retrò d’una domenica a Cernobbio (Studio Ambrosetti), insiste: equipara povertà e tossicodipendenza. Salvini da governista dice una cosa sull’obbligo vaccinale, da capo ne fa votare un’altra, da piacione social ne ammicca una terza. Il Pd con Orlando non replica a Meloni, perché non merita risposta chi non sa cos’è la povertà (il Pd che conosce i poveri cos’ha fatto per difendere il reddito d’inclusione? E le promesse su ius soli e ius culturae nuove povertà dei giovani?); con Letta chiede che Salvini dichiari da che parte sta, ma non trae conseguenze dal fatto che la Lega sta dove vuole perché il caos è utile a tanti. Bonomi accusa il Governo di discriminare se pensa leggi anti delocalizzazioni (SuperMario sfideràmultinazionali e fondi?), intanto gode d’un esecutivo che aiuta le industrie verso il nuovo boom.

La “giornata nazionale del silenzio” avrebbe valore simbolico: far sorgere domande, mostrare che il re è nudo. Devono crederci per primi loro, stampa e media. I giornalisti son vittime della bulimia dichiarativa prima del pubblico. È questione di etica professionale e dignità umana opporsi, è
rispetto a colleghe e colleghi (Afghanistan, Bielorussia, Turchia, Messico) che pagano prezzi impensabili, di onestà verso le nuove generazioni. Un giovane che da grande vuol fare il giornalista deve sapere se in futuro è lui che raccoglie notizie, vaglia le fonti, decide con la sua coscienza e l’editore se e come riferirle, in base alla vecchia regola “i fatti separati dalle opinioni” (dire chiaro: questi sono gli uni come li ho verificati, queste le altre, questo il contraddittorio). O se il domani dell’informazione sarà dei “trombettieri”.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

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    1) A Gaza gli attacchi continuano e gli ingressi umanitari restano pochi. Nella striscia, però, si prova a pensare al futuro. (Giulio Cocchini - Cesvi) 2)Baghdad tra Washington e Teheran. Gli Iracheni votano per le elezioni parlamentari che decideranno che direzione prenderà il paese. (Laura Silvia Battaglia) 3) Stati Uniti, il senato approva il provvedimento per mettere fine allo shutdown. Lo stallo economico sembra vicino alla fine, ma il voto ha spaccato i democratici. (Roberto Festa) 4) Il costo climatico dell’intelligenza artificiale. Per la prima volta alla Cop30 di Belem si discuterà dell’impatto ambientale delle tecnologie digitali. (Alice Franchi) 5) Spagna, la pubblicazione delle memorie dell’ex re Juan Carlos riaprono il dibattito sul ruolo della monarchia. (Giulio Maria Piantedosi) 6) Rubrica sportiva. La squadra femminile di calcio under 17 della corea del nord si riconferma campione del mondo. Non una sorpresa, ma una strategia pianificata. (Luca Parena)

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    L'Orizzonte di martedì 11/11 18:36

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    Poveri ma belli di martedì 11/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 11-11-2025

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    La leggenda del soul Mavis Staples raccontata dal suo produttore Brad Cook

    È uscito “Sad and Beautiful World”, nuovo disco della leggendaria Mavis Staples. Giunta all’età di 86 anni e con oltre settant’anni di carriera alle spalle, l’artista di Chicago dimostra di avere ancora tanto da condividere con il mondo. Da Leonard Cohen a Frank Ocean, da Kevin Morby a Tom Waits, muovendosi tra generi e decenni diversi, Mavis Staples fa quello che sa fare meglio: reinterpretare brani noti al grande pubblico facendoli suoi in un modo unico e inconfondibile. “Le canzoni di Mavis parlano di amore ed empatia” - spiega il produttore dell’album Brad Cook ai microfoni di Radio Popolare - “e nei tempi che viviamo non potremmo averne più bisogno”. L’intervista di Claudio Agostoni.

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    Vieni con me di martedì 11/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Volume di martedì 11/11/2025

    La nuova e inattesa collaborazione tra Charlie Xcx e John Cale nel brano "House" e l'intervista di Claudio Agostoni a Brad Cook, che racconta il nuovo album prodotto per la leggenda del soul Mavis Staples. A seguire un piccolo omaggio a Giulia Cecchettin, il quiz della settimana dedicato al film "Gli Intoccabili" di Brian De Palma, e la notizia dei Chemical Brothers ai Magazzini Generali di Milano il 22 novembre.

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    Emma Dante con “L’angelo del focolare” al Piccolo Teatro: “Quante volte muore una donna?”

    L’attesissimo nuovo lavoro di Emma Dante, “L’angelo del focolare”, debutta in prima nazionale al Piccolo Teatro Grassi. Quante volte muore una donna che subisce da sempre la violenza del marito? Nessuno le ha creduto da viva e nessuno le crede neppure da morta. Così, anche dopo essere stata uccisa, ogni mattina si alza e ripete i gesti di tutti i giorni, svolge le faccende domestiche, subisce violenza e infine muore di nuovo, in un infernale circolo vizioso. Un opera potentissima, struggente, imperdibile. Emma Dante l’ha raccontata alla stampa.

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