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RSA Virgilio Ferrari, la testimonianza: “Lì è successo un disastro”

RSA

Le stragi nelle residenze per anziani in Lombardia sono ancora oggetto di indagini da parte della magistratura, a cominciare dal ben noto Pio Albergo Trivulzio, dove decine di anziani sono deceduti per COVID-19 nelle ultime settimane. Oggi a Prisma abbiamo raccolto la testimonianza di un’ascoltatrice, la signora Luciana, sulla RSA Virgilio Ferrari di via dei Panigarola a Milano, in zona Corvetto.

La mamma di Luciana è una delle ospiti della struttura attrezzata con 220 posti letto. Se in questi ultimi giorni la situazione sembra sotto controllo, gli ultimi due mesi sono stati un vero incubo. L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni.

Qual è la situazione nella RSA Virgilio Ferrari?

Lì è successo un disastro. Già la situazione gestionale prima dell’emergenza, vista da semplice parente, era un disastro. Figuriamoci cosa può essere successo durante l’emergenza coronavirus. Questa è una RSA comunale gestita da tre anni da una società tramite appalto.
All’inizio sono arrivati dei comunicati da parte della direzione dai quali sembrava che andasse quasi tutto bene. Noi eravamo abbastanza tranquilli, ma poi abbiamo sentito delle interviste del personale disperato in cui si diceva che l’organico era più che dimezzato – e già prima non era sufficiente – e non si sapeva come curare le persone. Non c’erano mascherine o altre protezioni, niente di niente. Il direttore sanitario era sparito in un momento così importante, anche se viste le sue capacità non so quanto sarebbe stato utile. La RSA è stata per un mese senza direttore sanitario. Dopo un mese hanno assunto un nuovo direttore sanitario e finalmente la direzione ci ha inviato qualche comunicazione. La RSA è composta da due strutture gemelle affiancate e gestite dalla stessa direzione, una con 220 posti e una con 150 posti. Sono due strutture enormi, con un via vai continuo tra personale, visitatori e anche semplice gente del quartiere che andava lì a giocare a carte.
Ci hanno fatto entrare il 5 marzo, poi hanno chiuso tutto anche se il bar interno continuava a funzionare, almeno fino all’11 marzo, per i degenti e per il personale. Anche solo quello secondo me era pericolosissimo. Nel frattempo il personale si è ammalato o comunque si è messo in malattia per paura. Erano rimasti 3 medici per 220 ospiti. So che i medici erano disperati. Sono uscite interviste e filmati in cui si vedevano situazioni davvero allucinanti.

Adesso cosa sta succedendo?

Grazie a voi giornalisti che avete sollevato il polverone e alla magistratura che ha avviato le indagini – molti noi parenti siamo stati chiamati a testimoniare – attualmente dicono che la situazione alla RSA Virgilio Ferrari è migliorata. Parte del personale è tornato in servizio, i morti questo mese sono diminuiti, anche se continuano. Nella RSA gemella, quella in via dei Cinquecento, i morti sono ancora molto numerosi. Lì la situazione non è affatto sotto controllo.

Quanto spesso riuscite a sentire i medici e le persone che hanno in cura i vostri familiari?

Ad un certo punto hanno permesso delle videochiamate settimanali. O almeno io ogni settimana posso sentire mia mamma. Altre persone dicono che riescono a farlo meno spesso, ma diciamo che in genere una volta a settimana permettono una videochiamata via Whatsapp. Le comunicazioni ufficiali da parte della direzione all’inizio erano ogni 3-4 giorni, poi ogni settimana. L’ultima volta erano passati ben 12 giorni. Anche io ho mandato una mail alla direzione e per conoscenza al sindaco, all’assessore e al commissario che segue le indagini, dicendo che erano 12 giorni che non avevamo comunicazioni da parte della direzione. Magicamente poi sono arrivate.

Tu hai già dei contatti con altri parenti di ospiti della RSA Virgilio Ferrari?

Sì, con altri parenti sì, ma non di altre strutture. In effetti in queste RSA comunali dovrebbe esserci un comitato dei parenti, perchè il Comune di Milano finge di essere buono e bravo e indice i comitati parenti con elezioni etc., ma alla fine questo comitato può fare ben poco. Vai lì, parli con un funzionario una o due volte al mese, fai le tue lamentele e non succede assolutamente nulla.
L’unica volta in cui ho ottenuto qualcosa è stata quando ho minacciato di far intervenire i Nas. Allora magicamente hanno aggiustato gli ascensori che erano rotti da mesi. Una RSA di 220 persone e sette piani con quattro ascensori rotti per mesi a turno. Anche io sono rimasta bloccata una volta. E lì non ci ho visto più. Il Comune e la RSA si palleggiavano la responsabilità della riparazione e alla fine i nostri poveri parenti rimanevano lì bloccati. Dicevano addirittura che il pezzo di ricambio dovesse arrivare dalla Cina. Quando gli ho detto che avrei chiamato i NAS, l’ascensore è stato aggiustato subito e non si è più rotto. Non frega nulla a nessuno, vogliono solo guadagnare. All’improvviso sono entrati tutti nel business delle case di riposo: cooperative che gestivano due piccole case di riposo all’improvviso si sono ritrovate a gestire strutture con più di 350 persone con un unico direttore sanitario. Chi controlla come lavorano?

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    Alzheimer: la retta delle Rsa non deve essere pagata dai familiari. La sentenza della Corte d’Appello di Milano

    La retta della Rsa per le persone affette da Alzheimer deve essere a carico dell’Azienda Sanitaria: lo ha deciso la Corte d’Appello di Milano che ha ribaltato la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano. Sentenza che obbligava un cittadino lombardo a pagare il ricovero in una struttura sociosanitaria per la madre malata di demenza senile. Si tratta di rette insostenibili: secondo i sindacati, nonostante la Lombardia impegni 200 milioni di euro in più all’anno rispetto a quattro anni fa proprio per le RSA, queste alzano le rette e le famiglie continuano a pagare prezzi spropositati. Abbiamo sentito prima Laura Valsecchi di Medicina Democratica e successivamente Federica Trapletti, segretaria SPI CGIL che sta seguendo la vicenda.

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