Approfondimenti

Il terzo giorno di offensiva russa, le manifestazioni per la pace e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di sabato 26 febbraio 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La Russia ha ordinato al suo esercito di allargare l’offensiva in Ucraina “da tutte le direzioni”. La Nato sta puntando sul fattore tempo per indebolire militarmente la Russia. Questa notte sia l’ambasciatore cinese all’Onu che il suo ministro degli esteri hanno espresso il disagio della Cina. Pur capendo le ragioni di Putin, i due diplomatici hanno detto che rispetto e salvaguardia di sovranità e integrità territoriale valgono anche per l’Ucraina. Il numero delle persone in fuga dalla guerra e che hanno già lasciato l’ucraina è salito a 150.000. Oggi le strade di Milano, come quelle di molte altre città, si sono riempite dei colori della pace. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere la fine della guerra in Ucraina. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Il terzo giorno dell’offensiva russa

Nel pomeriggio il portavoce del ministero della Difesa di Mosca ha detto che la Russia ha ordinato al suo esercito di allargare l’offensiva in Ucraina “da tutte le direzioni”. Il portavoce del Cremlino ha detto che la decisione è stata presa dopo che l’Ucraina ha rifiutato di partecipare al processo negoziale. Rifiuto che, però, Zelensky ha smentito. E poco fa la CNN ha riportato di un lunga colonna di blindati di Mosca che si sta dirigendo verso il territorio ucraino e la città di Kharkiv, nell’est del Paese vicino al confine russo. Secondo l’inviato sul posto questi movimenti si susseguono “da tutta la giornata”, insieme a un aumento dei lanci di razzi rispetto ai giorni scorsi.
Secondo il Pentagono, nelle ultime 24 ore la Russia avrebbe inviato decine di migliaia di truppe in Ucraina e Vladimir Putin avrebbe anche chiamato anche i riservisti per l’invasione.
Anche il leader della Cecenia ha detto di aver schierato i propri combattenti a fianco delle truppe russe.
Il campo principale della battaglia è ora la capitale Kiev, che è accerchiata. Alle 5 di oggi è scattato un coprifuoco che durerà fino a lunedì, dalle 5 del pomeriggio fino alle 8 del mattino.

I tentativi della comunità internazionale per contenere il conflitto

(di Chawki Senouci)

“Nella situazione attuale non ci sono tante alternative,
o la guerra totale o i negoziati, quindi l’unica via possibile è la diplomazia, perché nessuno popolo al mondo desidera una guerra totale”
E’ quello che ha detto ieri l’ex presidente francese, Sarkozy a Macron che ha chiesto consiglio ai suoi predecessori. Ma Macron alla fine ha ignorato questa lezione di pragmatismo e ha deciso, come quasi tutti i paesi della Nato, di inviare soldi e armi all’ucraina. A che cosa puntano quindi i paesi membri della nato?
La risposta l’ha data lo stesso Macron questa mattinata “Questa guerra durerà a lungo”. La Nato starebbe puntando sul fattore tempo per indebolire militarmente la Russia. Secondo il New York Times, Joe Biden avrebbe tirato fuori dal cassetto la vecchia dottrina del contenimento, la strategia politica usata dagli Stati Uniti durante la guerra fredda per lottare contro l’espansione del comunismo. I tempi però sono cambiati, ora l’ovest dovrà fare i conti con diversi ostacoli legati a un mondo ben più interconnesso. Dovrà fare i conti anche con la realtà. Come abbiamo raccontato poco fa, la Russia ha annunciato un’offensiva a tutto campo. Come sempre a pagare il prezzo più alto sarà la popolazione ucraina. Un negoziato, che ci sarà prima o poi, ma che che nessuno vuole adesso, eviterebbe una tragedia umanitaria maggiore.

I primi segnali di disagio della Cina

Oggi in Ucraina stanno parlando soltanto le armi. Tutto tace sul fronte diplomatico. Nessuno segnale di apertura da Mosca e dalle cancellerie occidentali. Nessuno leader, nemmeno l’Onu, si è offerto per una mediazione per almeno una tregua umanitaria.
Da una parte piovono bombe e missili su Kiev e sulle altre città ucraine dall’altra le promesse di piegare la Russia con le sanzioni. Ed è in questa dinamica che il ruolo della Cina potrebbe essere decisivo.
Dal punto di vista Finanziario e commerciale la Cina diventerà sempre di più vitale per l’economia russa. Ma Pechino non vuole vedere destabilizzate le sue relazioni con L’Unione Europea. E allora quello che sembrava l’alleato di ferro di Mosca ha cominciato a mandare dei segnali che dovrebbero essere presi in considerazioni dal Cremlino. L’altro ieri al consiglio di sicurezza Pechino si era astenuta, cioè non ha posto il veto contro una risoluzione di condanna della Russia. Questa notte sia l’ambasciatore cinese all’Onu che il suo ministro degli esteri hanno espresso il disagio della Cina. Pur capendo le ragioni di Putin, i due diplomatici hanno detto che rispetto e salvaguardia di sovranità e integrità territoriale valgono anche per l’Ucraina. Nella visione cinese “l’Ucraina dovrebbe essere un ponte tra Est e Ovest, non una frontiera di grandi scontri di potere”.

Il grande esodo dei profughi ucraini

La stazione centrale di Kiev è presa d’assalto da tutte le persone che hanno deciso di lasciare la capitale, così come tutte le altre stazioni ucraine. Secondo l’alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi, il numero delle persone in fuga dalla guerra e che hanno già lasciato l’ucraina è salito a 150.000. Metà di loro sono andati in Polonia e molti altri in Ungheria, Moldova, Romania e altri paesi.”
Alle frontiere dei paesi confinanti con l’ucraina le code di macchine che cercano di scappare dalla guerra sono lunghe diversi chilometri, anche la Slovacchia ha dichiarato di essere in una situazione straordinaria per il grande afflusso di profughi, secondo il ministero dell’interno slovacco, nelle ultime 24 ore sono arrivate oltre 10mila persone dall’ucraina e ci sono dalle 8 alle 10 di coda ai valichi di frontiera.

Milano dice no alla guerra

(di Alessandro Braga)
Sarà stato il messaggio, chiaro e diretto: Milano dice No alla guerra.
Sarà stata l’emotività crescente dovuta all’escalation della cronaca degli ultimi giorni. Come che sia, oggi in piazza a Milano c’era un mucchio di gente. Ben oltre le aspettative degli organizzatori, ben oltre quello che ci si poteva immaginare, per numero e per qualità della partecipazione. Tanti ragazze e ragazzi così giovani negli ultimi anni si sono visti scendere in piazza solo nei venerdì dei Fridays for future, o per rivendicare i diritti civili, siano il Ddl Zana o il pride. L’aspetto generazionale è quello che colpisce di più. Ragazzi poco più che ventenni, o anche meno, mischiati a chi ha ritirato fuori le bandiere della pace, impolverate da tempo in qualche cassetto. Una marea eterogenea, che non si chiedeva più di tanto la ragione del perché esserci, se non per il fatto di esserci, perché era giusto esserci. Per dire, chiaramente, No alla guerra, senza se e senza ma. Se oggi, da Milano, da sempre laboratorio politico e socviale, sia nato qualcosa di più profondo e duraturo, è presto per dirlo. Di sicuro, da Milano, oggi è arrivata una risposta a chi sbeffeggia chi scende in piazza con gessetti e candele per dire No alla guerra. Perché saranno solo gessetti, candele e bandiere arcobaleno, ma intanto ci sono. E sono tante.

Le voci dalla manifestazione di Milano


In piazza per la pace

L’Italia si mobilita contro l’aggressione militare della Russia in Ucraina con manifestazioni in tutti i capoluoghi.

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    Trent'anni dopo gli accordi di Dayton, che posero fine al massacro della guerra nella ex Jugoslavia, in Italia si è tornato a ricordare il più drammatico emblema di quella guerra, l'assedio di Sarajevo. È stata un'inchiesta della Procura di Milano a riaprire una finestra sull'orrore. I magistrati indagano su un gruppo di cittadini italiani che, insieme a cittadini svizzeri e probabilmente anche di altre nazionalità che avrebbero passato dei fine settimana a Sarajevo, nelle postazioni serbo-bosniache, per divertirsi a fare i cecchini, dietro il pagamento di ingenti cifre. Un safari umano che aggiunge crudeltà alla crudeltà. Luigi Ambrosio ha intervistato Mario Boccia, fotografo e reporter, che negli anni della guerra era a Sarajevo a documentare l'assedio e che oggi ha prodotto una mostra fotografica che farà il giro dei balcani, iniziando da Belgrado, per poi andare a Zagabria e a Sarajevo. Foto di Mario Boccia

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