Approfondimenti

L’attacco israeliano a un centro di distribuzione aiuti a Rafah, la continua strage nelle carceri italiane e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di mercoledì 13 marzo 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’esercito israeliano ha bombardato oggi un centro di distribuzione di aiuti alimentari a Rafah. Almeno un membro dello staff dell’Unrwa, l’agenzia delle nazioni unite per i rifugiati palestinesi, è stato ucciso. Nonostante gli annunci e gli slogan, di storico nella riforma fiscale che il governo sta approvando pezzo a pezzo, per ora non c’è niente. La fine della fragile intesa dei leader del campo largo. Tre suicidi in sole 24 ore avvenuti nelle carceri italiane coinvolgono tre detenuti giovanissimi. L’europarlamento ha approvato la prima normativa al mondo sull’intelligenza artificiale.

Il raid israeliano su un centro di distribuzioni di aiuti a Rafah

L’esercito israeliano ha bombardato oggi un centro di distribuzione di aiuti alimentari a Rafah. Almeno un membro dello staff dell’Unrwa, l’agenzia delle nazioni unite per i rifugiati palestinesi, è stato ucciso. Ci sarebbero poi almeno 22 feriti. Le immagini girate da un giornalista palestinese sul posto e verificate da Al Jazeera, mostrano i locali del centro di distribuzione con gli scatoloni di aiuti alimentari distrutti, il contenuto sparso sul pavimento macchiato di sangue.
Secondo l’agenzia, quello colpito oggi era uno degli ultimi centri di distribuzione aiuti ancora funzionante nell’area. Il segretario generale per gli affari umanitari delle nazioni unite Martin Griffith ha definito devastante l’episodio e sui social ha chiesto: Come possiamo continuare a lavorare se i nostri operatori e i nostri depositi sono costantemente sotto attacco?
Gli aiuti, intanto, entrano col contagocce. Per aggirare questa strozzatura, gruppi della società civile e vari paesi occidentali, stanno iniziando a mandare navi cariche di aiuti a Gaza: la prima attraccherà domani mattina. Ma agenzie internazionali e associazioni umanitarie considerano questa decisione complicata dal punto di vista logistico e debole da quello politico. Tommaso della Longa, portavoce della croce rossa internazionale.


Con gli aiuti nella Striscia entrano, o dovrebbero entrare, anche medicine e attrezzature sanitarie. Ma ci sono regole stringenti sugli articoli che possono e non possono entrare: oggi per esempio un intero tir di aiuti è stato rimandato in Egitto perché conteneva delle forbici chirurgiche. Lavorare negli ospedali è dunque sempre più difficile: una situazione medievale, la definisce ancora Tommaso della Longa.

La riforma del fisco non alleggerisce la pressione e strizza l’occhio a chi non paga

(di Alessandro Principe)
Nonostante gli annunci e gli slogan, di storico nella riforma fiscale che il governo sta approvando pezzo a pezzo, per ora non c’è niente. Finora sono stati approvati 10 decreti attuativi. Nove di questi non riguardano la riduzione della pressione fiscale, né la riforma strutturale dell’imposizione fiscale ma il procedimento fiscale. Provvedimenti che mirano ad alleggerire il lavoro dell’Agenzia delle entrate, a rendere le procedure più snelle, sempre che ci si riesca. Ma la pressione fiscale al momento non viene toccata. Tranne che in un caso: uno dei decreti abbassa dal 27 al 25% l’Irpef sulla porzione di reddito compresa tra i 15mila e i 28mila euro annui. Il beneficio medio è di 14,5 euro al mese. Inoltre l’intervento non è strutturale ma finanziato solo sul 2024.
Nulla c’è sul grande problema del fisco italiano, da sempre: quello dell’evasione. Meloni rivendica incassi record nel 2023: ma è un trucco. Si tratta dell’effetto della rottamazione delle cartelle che consente a chi non ha pagato le tasse di mettersi in regola senza sanzioni né interessi. Una lotta all’evasione che in realtà è una sorta di condono. Con effetti una sola volta. E il messaggio è comunque che se non paghi poi in qualche modo si aggiusta. Quanto alla cancellazione delle cartelle non riscosse dopo 5 anni, sarà pure un modo per sgravare il lavoro dell’Erario. Ma è anche un messaggio opposto a quello della lotta all’evasione. Invece di dare più risorse, più mezzi, più personale alla riscossione, si alzano le mani di fronte all’incapacità di esigere il dovuto.

Il campo largo devastato

(di Luigi Ambrosio)
È stato un bel duello, tra Toninelli e Calenda, oggi. Hanno fatto a gara a chi ha detto piu forte “no” a qualsiasi alleanza per le elezioni politiche.
Toninelli l’ha buttata sui sentimenti, anzi sulle emozioni. La politica si fa con le emozioni, ha detto l’ex ministro del ponte per mangiare, vivere, giocare, spiegando che i professori e gli intellettuali non gli piacciono, che col terzo polo si perde e che con Renzi non prenderebbe nemmeno un caffè. Perché suscita emozioni negative. Se questa è la linea del Movimento 5 Stelle, il centrosinistra è già zoppo. Gli ha risposto a distanza Calenda: una cosa sono le alleanze per le elezioni locali, un’altra cosa le politiche. No quindi in direzione opposta nei confronti dei 5 Stelle. Calenda è irremovibile, e rimane irremovibile anche al dialogo con Renzi. Veti incrociati carpiati.
In mezzo il Pd. La segretaria Schlein oggi ha detto che il Pd sta lavorando alle alleanze e su quello insiste a cominciare dalla Basilicata. Dove però i risultati non si vedono.
“Lavoriamo sui progetti ha detto Schlein”. Progetti che tengano insieme visioni così diverse dall’economia alla politica estera, in questo momento, non se ne riescono a immaginare. Per non dire delle toninelliane “emozioni”

Tre suicidi nelle carceri italiane in un solo giorno

Tre suicidi in sole 24 ore. Sono avvenuti nelle carceri italiane. Tre detenuti giovanissimi. Il primo è quello del trapper Jordan Jeffrey Baby che si è impiccato a Pavia. Il secondo quello di un ragazzo di venti anni che si è tolto la vita nel giorno del suo compleanno nel carcere di Teramo. L’ultimo è di un uomo di 33 anni a Secondigliano.
Nel solo 2024, secondo la Fondazione Antigone, nei penitenziari italiani ci sono stati 23 suicidi.

(di Mattia Guastafierro)
Ogni suicidio fa sempre storia sé, ma come ricorda la Fondazione Antigone quando sono così tanti – uno ogni tre giorni solo quest’anno – alla base insiste un problema di sistema. Uno tra questi, forse il principale, è il sovraffollamento. Nel carcere di Pavia, a fine febbraio, era del 126%, a Secondigliano del 127%, a Teramo del 147%. Solo per citare gli ultimi tre suicidi.
Ogni mese nelle carceri italiane, già piene zeppe, entrano 400 detenuti in più. In totale oggi la popolazione detenuta è pari a 60mila persone, di cui 43mila detenuti comuni. Uomini e donne con povertà economica, culturale, educativa. Giovani e meno giovani che vivono situazioni di marginalità. Per molti di loro non esiste alternativa alle celle delle nostre prigioni.
Ma il sovraffollamento non è un evento naturale, è il frutto di scelte e politiche. Come quelle del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che, a febbraio in una audizione in Parlamento, come unico rimedio ha parlato di ampliare il numero della camere detentive. Entro il 2025, ha spiegato il capo del Dap, ci saranno 4mila posti in più, anche grazie ai fondi del Pnrr, in barba a tutti gli studi statistici che indicano nella reclusione la causa di una maggiore recidiva. Nessun accenno a misure alternative, depenalizzazioni, progetti di reinserimento, soluzioni sociali. La storia però insegna: ogni volta che si aumentano i posti, li si riempie con più facilità. Nel 2013, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò l’Italia con una sentenza epocale, il tasso di sovraffollamento era del 151%. Non molto lontano dai numeri attuali.

Il Parlamento europeo ha approvato la prima normativa al mondo sull’Intelligenza Artificiale

Oggi l’europarlamento ha approvato la prima normativa al mondo sull’intelligenza artificiale. Il regolamento – che dovrà essere recepito in tutti gli stati – fissa regole e limiti all’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale, dagli obblighi di trasparenza alle limitazioni in settori sensibili come i diritti fondamentali, la salute, la sicurezza.

Una delle questioni più delicate riguarda il riconoscimento biometrico: in linea di principio sono vietati. Ma ogni paese potrà approvare delle norme che la consentano alle forze di polizia in determinate situazioni. E questo potrebbe essere un punto debole del regolamento.

Il commento di Marco Schiaffino, conduttore di Doppio Click:

 

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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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