Approfondimenti

Il piano di ripresa presentato da Draghi, la riapertura dell’Italia con le vaccinazioni a rilento e le altre notizie della giornata

Mario Draghi Camera ANSA

Il racconto della giornata di lunedì 26 aprile 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’Italia riapre, ma le vaccinazioni vanno a rilento e la copertura è ancora molto bassa nelle categorie a rischio, mentre il certificato verde che permette lo spostamento tra le Regioni c’è già, ma non è sempre così facile da ottenere per chi non ha fatto il vaccino. Il premier Draghi ha presentato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla Camera. La Scala riapre al pubblico l’11 maggio e guarda al futuro con la posa della prima pietra del nuovo edificio progettato da Mario Botta nel lato della Scala su via Verdi. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

L’italia riapre con una copertura molto bassa nelle fasce a rischio

L’Italia riapre, ma le vaccinazioni vanno a rilento. La copertura è ancora molto bassa nelle categorie a rischio: intorno al 25% sopra i 60 anni, poco oltre la metà per i 70enni, all’85% sopra gli 80. Le regioni lamentano la scarsità di dosie. Il commissario Figluolo è convinto di raggiungere le 500mila dosi al giorno promesse entro il 29 aprile, ma per ora il traguardo è lontano.

(di Massimo Alberti)

La principale critica alla fretta di riaprire, arrivata da molti virologi, è legata all’andamento della campagna vaccinale, ancora molto indietro soprattutto per le fasce più a rischio. Ferma all’85% la copertura degli ultra 80enni, ha di poco superato la metà quella dei 70enni, ancora al 25% per gli over 60. Sono i numeri che avevano portato gli studiosi dei modelli matematici, come Giovanni Sebastiani del CNR, a stimare in 1000 il numero di vite che si sarebbero salvate posticipando di un mese le riaperture. Non c’è dubbio che la campagna abbia accelerato, ma L’obbiettivo delle 500mila dosi al giorno annunciato da draghi per metà aprile, poi posticipato al 29, è ancora lontano, la media dell’ultima settimana è stata intorno alle 350mila. Il commissario Figliuolo giura che stavolta la soglia sarà raggiunta, Alle difficoltà del personale medico, ancora travolto dai numeri dei contagi, si somma l’arrivo a rilento delle dosi e le limitazioni dovute ai problemi con gli effetti collaterali. L’Italia ha somministrato il 90% delle dosi a sua disposizione, dal Ministero della Salute fanno sapere che entro maggio è previsto l’arrivo di 15milioni di dosi, ma il problema è ora: per Pfizer al 25 aprile erano disponibili 1.350.000 dosi a fronte di 3.400.000 di persone che aspettano la seconda dose. Per Astrazeneca erano disponibili circa 670.000 dosi, fatto che ha portato a scegliere di dare priorità ai richiami. Nell’Italia a macchia di leopardoRegioni come Puglia, Lazio, Piemonte, dicono di essere agli sgoccioli.

Il Recovery di Draghi in Parlamento tra pochi applausi e tante aspettative

(di Anna Bredice)

Cita De Gasperi e parla di “gusto del futuro”. Mario Draghi presenta il Recovery plan ad un Parlamento che accoglie con un po’ di malumore un piano presentato solo quattro giorni prima di essere mandato a Bruxelles.
E lo fa sfiorando più volte da un lato la retorica, “ho fiducia mio popolo”, dice, e dall’altro con la concretezza dei numeri dei vari obiettivi o missioni.
È come se per miracolo i 248 miliardi che Draghi promette oggi dovessero sciogliere in pochi mesi nodi e ostacoli che non si sono mai risolti in decenni, come ad esempio la riforma fiscale, quella della giustizia e della pubblica amministrazione.
Sono le tre riforme che Draghi ha elencato oggi in Parlamento e che devono essere approvate come legge delega entro l’anno. Il Presidente del Consiglio si candida a portare a termine queste riforme e se solo per essere Mario Draghi era già un ottimo candidato al Quirinale, con tre riforme così importanti realizzate lo sarebbe automaticamente.
Ma la politica forse è più complessa della BCE e per ora il Parlamento accoglie con pochi applausi e molte aspettative il Recovery plan.
Draghi ha ringraziato il precedente governo, ringrazia le regioni, i ministeri, sul ruolo del Parlamento però non si sofferma molto, e lo fa con accenni anche un po’ polemici, quando chiede di “evitare miopi visioni di parte” oppure quando spera che “corruzione e stupidità” non ne ostacolino il cammino.
Spera in sostanza che il Parlamento non gli metta troppo il bastone tra le ruote con ritardi e difficoltà, anche perché il governo del piano, come chiama la Governance del Recovery plan, sarà ben installata nei ministeri economici, che sono quasi tutti tecnici e a Palazzo Chigi.
Del piano elenca le sei missioni: la transizione digitale ed ecologica sono le due più importanti e finanziate con più soldi, 120 miliardi complessivamente, vengono poi i trasporti, le politiche per il lavoro, la famiglia, la parità di genere, l’istruzione e la sanità pubblica.
Un piano da 248 miliardi complessivamente, soldi che arriveranno progressivamente, ma che per essere finanziati devono convincere da subito l’Unione europea, che vuole sapere se l’Italia di Draghi è affidabile oppure no.

Il piano nazionale di ripresa e resilienza sarà più di semplici buoni propositi?

(di Luigi Ambrosio)

L’orizzonte di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il 2027, ad ascoltare le parole del presidente del Consiglio alla Camera dei Deputati. L’orizzonte del suo governo è il 2022. Sarà quindi sarà una maggioranza diversa a gestire il piano e i suoi 248 miliardi di Euro. A meno di immaginare che anche il prossimo Parlamento si incarti come questo e un Draghi o chi per lui rimanga a Palazzo Chigi. Ma sarebbe una tragedia, il definitivo fallimento della classe politica.
I capitoli che Draghi ha illustrato rischiano di essere poco più che buoni propositi, e la sola garanzia contro futuri stravolgimenti non sta a Roma ma sta a Bruxelles. Il cardine sono e rimarranno le linee guida continentali, la visione dell’Unione Europea.
Questa coalizione anomala, innaturale, larga come non si era mai visto, è tale anche perché tutti volevano essere della partita dei soldi europei. Oggi si sta giocando il primo tempo. Il secondo tempo arriverà dopo le elezioni politiche. Draghi evocato il destino dell’Italia e la sua credibilità e reputazione, ha citato De Gasperi e gli anni della ricostruzione dopo la guerra. Retorica che dovrà poi diventare realtà. Ad assumersene il compito saranno altri giocatori, con altre maglie e probabilmente altri propositi. Giocatori che si porteranno dietro vecchi conflitti, vecchi personalismi, vecchi limiti che hanno già dato prova di sé.

Il certificato verde c’è, ma non si vede

(di Massimo Alberti)

Non si pass. Per adesso il certificato verde, o green pass, c’è ma non si vede.
Tutto ok per i pochi fortunati che sono vaccinati, a loro la certificazione viene rilasciata in automatico. Ma, appunto, qui il problema è a monte: avere il vaccino. Il tampone 48 ore prima non serve a nulla da un punto di vista sanitario, bisogna pagarlo perché, se non è necessario, col servizio sanitario non si può fare, ma anche qui almeno carta canta.
I problemi aumentano per chi, come il sottoscritto, dal COVID è guarito. Dopo 40 giorni di quarantena mi merito ben una vacanza. E voglio proprio andare in Puglia, che è arancione. Ma come posso fare? Chiamo colui che me lo dovrebbe rilasciare, il medico di base. Che mi risponde che per ora il certificato non c’è, e quindi basta esibire l’ultimo tampone che certifica la negativizzazione. Che bello, tutto così facile. Ma sono un cittadino scrupoloso, e per sicurezza chiamo l’ATS Lombardia. [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

La Scala riapre al pubblico e guarda al futuro

(di Ira Rubini)

La Scala riapre al pubblico l’11 maggio con il concerto dei Wiener Philharmoniker diretto da Riccardo Muti. La data non è casuale: proprio l’11 maggio 1946 Arturo Toscanini diresse l’orchestra in una memorabile serata che avrebbe contribuito a dare il via alla simbolica rinascita di Milano e dell’Italia, dopo l’orrore della guerra. Stavolta la Scala non esce dai bombardamenti, ma da una fantascientifica pandemia che l’ha privata del pubblico per più di un anno. Ma anche quella della Scala, come per molti altri teatri che si leccano le ferite dovute a misure che li hanno a lungo dimenticati, liquidandoli come futile tempo, non sarà una vera riapertura. Ottemperando alle misure di contenimento della pandemia, la capienza sarà limitata, pur se accresciuta. Gli spettatori potranno accedere solo ai palchi e nemmeno a tutti , dato che la pedana dell’orchestra occupa lo spazio della platea e ostruisce la vista dal primo ordine. In totale potranno esserci non più di 500 spettatori. Economicamente, un mezzo bagno di sangue.
La conferma del concerto è giunta in occasione della posa della prima pietra del nuovo edificio progettato da Mario Botta nel lato della Scala su via Verdi: la nuova torre costituirà un ingente potenziamento dei servizi e delle attrezzature sceniche, per migliorare le prove. Sei piani sotterranei e undici sopra terra. Nei sotterranei, un unico spazio con la sala prove dell’orchestra, mentre il palcoscenico sarà più profondo, fino a 70 metri. Insomma, anche se timidamente, alla Scala si progetta il futuro. Per l‘opera ci sarà ancora da attendere, anche per tutelare i cantanti, ma intanto è bello riprendersi un po‘ di meraviglia.

Agli Oscar trionfa Nomadland

(di Barbara Sorrentini)

A “Nomadland” gli Oscar più importanti: miglior film, miglior regia alla regista cinese Chloé Zhao e quello per la miglior attrice a Frances Mc Dormand, che vince anche il terzo Oscar della sua carriera e invita tutti a vedere il film sullo schermo più grande possibile. [CONTINUA A LEGGERE]

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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