Approfondimenti

L’imminente invasione di terra della striscia di Gaza, l’allarme terrorismo di Matteo Salvini e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di giovedì 19 ottobre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’ipotesi dell’invasione di terra della striscia di Gaza è stata sul tavolo fin dall’inizio della guerra il 7 ottobre, ma da un primo momento in cui sembrava imminente. Salvini continua a tenere alto l’allarme terrorismo. La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il trattamento dei migranti. E’ stata riaperta la procedura di licenziamento per i lavoratori ex GKN. A Roma due persone sono state uccise mentre attraversavano la strada sulle strisce pedonali. “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, il Film d’apertura alla Festa del Cinema di Roma.

Gaza al collasso

“Ora vedete Gaza da lontano, presto la vedrete dall’interno”. Con queste parole il ministro della difesa israeliano Gallant ha annunciato ai soldati di stanza nel sud del paese che presto verrà dato l’ordine di ingresso nella striscia. Anche il comandante dell’esercito al sud ha detto che “La battaglia si sta spostando sul territorio di Hamas”.
L’ipotesi dell’invasione di terra della striscia di Gaza è stata sul tavolo fin dall’inizio della guerra il 7 ottobre, ma da un primo momento in cui sembrava imminente, negli ultimi giorni non era più stata citata, e l’esercito israeliano aveva continuano – e continuano tuttora – a bombardare la striscia in modo massicci, colpendo da nord a sud.
Sulla possibilità di un’invasione di terra, l’opinione pubblica israeliana non è compatta. Soprattutto le famiglie delle persone prese ostaggio da Hamas che temono per le sorti dei loro cari. Nei giorni scorsi ci sono state diverse manifestazioni organizzate dalle famiglie delle vittime contro il governo Netanyahu, soprattutto per la gestione della crisi. Qualcuno pensa che l’invasione avrà come unica conseguenza la morte di altre persone innocenti, mentre altri credono che il governo debba fare tutto quello che serve per portare a casa gli ostaggi vivi.
La situazione dentro la striscia di Gaza intanto è sempre più drammatica. . I morti dal 7 ottobre sarebbero più di 3700, e 12500 i feriti. Il sistema sanitario è al collasso. Manca il personale, i farmaci e le forniture mediche e i medici rimasti non riescono a far fronte al grande afflusso di feriti che ogni giorno arrivano nelle strutture sanitarie. Oggi l’Egitto ha annunciato che domani verrà aperto il valico di Rafah per portare aiuti umanitari dentro la striscia, ma non sono stati forniti ulteriori dettagli.
Secondo le informazioni circolate oggi, domani dovrebbero entrare circa 20 camion di aiuti. Un numero troppo piccolo per far fronte agli enormi bisogni della popolazione. Anche l’Oms ha detto che gli aiuti dovrebbero entrare tutti i giorni.

La campagna d’odio di Matteo Salvini

(di Anna Bredice)
Collegare i sondaggi alle stragi in Medio Oriente appare una mostruosità, eppure la macchina comunicativa di Matteo Salvini forse in questo modo ragiona, visto che da alcune settimane i sondaggi lo danno in ascesa, da quando lo staff aggressivo creato da Morisi è tornato a pieno regime. Ogni giorno ci sono decine di messaggi, tweet, video, tutti “contro” qualcosa, cercando di farsi spazio a danno degli alleati. E anche il Medio Oriente è finito in questa macchina. Salvini continua a tenere alto l’allarme terrorismo, quando gli altri, a cominciare da Meloni e Piantedosi cercano di essere più prudenti e mostrano grandi perplessità se non preoccupazioni verso l’iniziativa decisa da Salvini. Si tratta di una manifestazione il 4 novembre a Milano, non “per” qualcosa, la pace in Israele e in Palestina, ma “contro” il terrorismo islamico. E in questa campagna d’odio di Salvini ci fa le spese anche Patrick Zaki, le sue dichiarazioni di critica nei confronti del governo Netanyahu sono valse un’interrogazione parlamentare per chiedere, si legge, quali iniziative il governo vuole adottare per contrastare il rischio dell’attivazione di cellule terroristiche. Invece di abbassare la tensione, Salvini cerca in tutti i modi di incendiare il clima, lanciando anche il sospetto che i migranti liberati dai Cpr grazie alle ordinanze dei giudici possano diventare nel futuro terroristi. Fare consenso, raccogliere voti, già a partire da domenica in Trentino Alto Adige, dove la Lega è tallonata da Fratelli d’Italia, un partito che non ha mai condiviso le spinte autonomiste della regione eppure ora è dato in vantaggio. Ma l’obiettivo di Salvini sono le europee, non soccombere a Giorgia Meloni, ora che la manovra economica che porterà al voto non contiene nulla che sia utile per fare campagna elettorale, e allora c’è sempre il solito tema a cui aggrapparsi, l’allarme migranti e l’allarme terrorismo.

La CEDU condanna l’Italia sui migranti

La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il trattamento dei migranti. In particolare, si tratta di tre migranti tunisini nell’hotspot di Lampedusa tra il 2017 e il 2019. In tre sentenze distinte la Corte afferma che i migranti sono stati sottoposti a “un trattamento disumano e degradante” a causa delle condizioni di vita nell’hotspot. Nella sentenza i giudici di Strasburgo evidenziano che i tre migranti sono stati tenuti nell’hotspot per periodi che vanno dai 17 giorni a oltre 2 mesi, anche se il posto era sovraffollato, le condizioni igieniche erano carenti, e mancavano i letti. La Corte ha stabilito anche che l’Italia dovrà versare a ciascun migrante, 5mila euro di risarcimento e altri 4mila per le spese legali.

Riaperta la procedura di licenziamento per i lavoratori ex GKN

E’ stata riaperta la procedura di licenziamento per i lavoratori ex GKN. La nuova proprietà getta così la maschera: un’operazione immobiliare sullo scheletro dello stabilimento, sotto gli occhi del governo che da marzo non convoca il tavolo di crisi
Era nell’aria da giorni, ed i lavoratori ex gkn erano preparati. Ora è ufficiale: i 172 dipendenti rimasti saranno definitivamente licenziati dal 1° gennaio. Del resto, dalle carte svelate nei giorni scorsi dai lavoratori era chiaro l’obbiettivo della nuova proprietà, una sicietà di scatole cinesi che ha come ragione sociale l’immobiliare. Ciò che fa gola, insomma, sono i muri, l’ennesimo scheletro vuoto in un paese che ha smesso di fare industria. LA QF di Francesco Borgomeo nella lettera si aggrappa all’inagibilità dello stabilimento, che però non è mai stato occupato ma i lavoratori sono in assemblea permanente da 2 anni, proprio per impedire che vengano portati via i macchinari. L’unica soluzione sul tavolo, al momento, è il progetto di reindustrializzazione elaborato dal collettivo di fabbrica e la costituzione della cooperativa di lavoratori. Ma ciò che rende ancora più assurda la vicenda è la complcità politica: il governo da marzo non convoca il tavolo di Crisi, ignorando il piano di reindustrializzazione più volte presentato in regione dai lavoratori. Ancora oggi, il ministro Urso, parla di un piano industriale che non sarebbe mai stato presentato. Ma in questi mesi, a non presentarsi ai tavoli, era QF che nel frattempo aveva smesso di pagare gli stipendi ai lavoratori. Il collettivo di fabbrica terrà domani una conferenza stampa. Una nuova manifestazione era già prevista il 5 novembre.

Ancora morti sulla strada a Roma

A Roma due persone sono state uccise mentre attraversavano la strada sulle strisce pedonali. Il primo incidente è avvenuto ieri sera in centro città: una coppia di turisti è stata travolta da un suv. La donna, 58 anni, era insieme al marito: è morta oggi in ospedale. Il secondo incidente è stato questa mattina sulla via Flaminia. Un ragazzo di 21 anni è stato investito da due auto, tra cui un taxi, mentre attraversava sulle strisce per andare a prendere il treno alla stazione Labaro.
Sono stati 23 i pedoni morti nella prima quindicina di ottobre sulle strade italiane, 341 dall’inizio dell’anno: i dati sono dl’’associazione Asaps, che si occupa di sicurezza stradale. Molte delle vittime sono state investite sulle strisce pedonali o addirittura sul marciapiede.

“C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, il Film d’apertura alla Festa del Cinema di Roma

(di Barbara Sorrentini)
La diciottesima edizione del Festival del Cinema di Roma si è aperta con un film necessario. Paola Cortellesi dedica il suo film  “C’è ancora domani” alle donne, soprattutto a quelle che hanno lottato per l’emancipazione femminile e non sono state ringraziate abbastanza. È per questo che il suo primo lungometraggio è ambientato nella Roma degli anni ‘40, con un bianco e nero che dichiaratamente ricorda il neorealismo e si mette al fianco di Delia (la stessa Cortellesi), moglie di Ivano un uomo violento e prepotente, interpretato da Velario Mastandrea. Una storia sui diritti delle donne e sull’atavica e duratura cultura patriarcale, non ancora sconfitta. La violenza che subisce quotidianamente la protagonista è diventata normalità, giustificata e subita in silenzio. “C’è ancora domani”, ha dichiarato Paola Cortellesi, è rivolto anche alla nuove generazioni che non sanno da dove veniamo e con quante battaglie si è raggiunto un diritto irrinunciabile come quello del voto alle donne.

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    È morta Patrizia Arnaboldi. Aveva 78 anni. Storica militante comunista, protagonista del femminismo a Milano e del movimento studentesco, negli anni Ottanta è stata deputata per Democrazia Proletaria. Legata a Rifondazione Comunista, negli ultimi anni ha partecipato a molte battaglie a difesa della città. Una delle ultime, quella legata agli alberi di piazzale Baiamonti. Patrizia Arnaboldi, 50 anni fa, è stata anche una delle firmatarie, davanti al notaio, dell’atto di nascita di Radio Popolare. Ecco il ricordo di Matteo Prencipe, segretario lombardo di Rifondazione Comunista, e di Basilio Rizzo, storico consigliere comunale milanese.

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    Fa troppo caldo: scioperano i lavoratori della Emmegi, che costruisce condizionatori a Cassano d’Adda

    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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