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L’ambiguità di Giorgia Meloni dopo le violenze a Roma, la Marcia per la pace Perugia-Assisi e le altre notizie della giornata

assalto CGIL Roma ANSA

Il racconto della giornata di domenica 10 ottobre 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Dopo gli scontri di ieri a Roma, e la solidarietà alla Cgil e ai sindacati arrivata da tutto l’arco costituzionale, Giorgia Meloni non ce la fa ancora ad affiancare fascismo a reato, nonostante la Costituzione. Beppe Sala ha presentato la nuova giunta: che cosa ci possiamo aspettare? Oggi la 60esima edizione della Marcia per la pace Perugia-Assisi è stata dedicata alla cura e al prendersi cura. Dopo le dimissioni di Sebastian Kurz, domani Alexander Schallenberg giurerà come nuovo cancelliere federale dell’Austria. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Giorgia Meloni e quella difficoltà ad affiancare fascismo a reato

Solidarietà alla Cgil e ai sindacati da tutto l’arco costituzionale, dopo l’attacco di ieri a Roma. Ma il distinguo tra i politici arriva dalla destra: per Giorgia Meloni si può parlare di squadrismo, ma non è chiara la matrice ideologica di chi ha agito. Nonostante tra i 12 arrestati ci siano i due leader di Forza Nuova, un ex fondatore dei Nar.

(di Claudio Jampaglia)

Squadristi sì, ma la matrice per Giorgia Meloni non è chiara, perché forse non ce la fa ancora ad affiancare fascismo a reato, nonostante la Costituzione. Non ci riesce l’attacco alla Cgil come non c’era riuscita l’inchiesta di Fanpage sul barone e le lavanderie nere che hanno coinvolto il suo fedelissimo capogruppo in Europa, Carlo Fidanza e altri esponenti di Fratelli d’Italia, a farle dire, non vi vogliamo tra di noi. Sarà che si vota tra una settimana e proprio a Roma serve tutto per far vincere il suo candidato, Enrico Michetti, accusato niente meno di antisemitismo dopo che il manifesto ieri ha tirato fuori gli articoli in cui sosteneva che l’Olocausto godesse più attenzione rispetto ad altre tragedie della storia perché gli ebrei “sono una lobby capace di decidere i destini del pianeta”. Oggi si è scusato, invitato a farlo proprio da Giorgia Meloni, ma questo è il livello medio della classe dirigente di destra. Il cui ricambio sembra essersi congelato con la fine della stagione di Gianfranco Fini, perché non c’è settimana senza che qualche consigliere comunale o esponente locale faccia parlare di sé per intemperanze di stampo fascista nelle istituzioni, nelle piazze, sui social. Senza che nessun provvedimento venga mai preso. Non paga mai nessuno. Il pendolo della storia europea si è spostato negli ultimi anni verso populismi e fortezze. La crisi verticale della democrazia rappresentativa è evidente in ogni elezione. Gli elementi per approfittarne furbescamente ci sono tutti, purtroppo. Sarebbe il caso di chiederne conto a Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni in tempo, con fermezza.

Smuraglia: “La storia non si ripete, ma è meglio coglierne i sintomi”

Il tema fascismo è purtroppo tornato alla ribalta delle cronache. Dalle inchieste di Fanpage all’assalto alla sede nazionale della Cgil. Abbiamo chiesto a Carlo Smuraglia, presidente emerito dell’Anpi, se si aspettava questa deriva e se c’è qualche somiglianza con il ventennio:


 

Che cosa ci si può aspettare dalla nuova giunta Sala?

(di Alessandro Braga)

Cinque anni fa, un minuto dopo l’elezione di Sala, qualcuno disse “è la giunta che conta”. Cinque anni dopo, e cinque giorni dopo la larghissima riconferma del sindaco, il tema resta. Primo punto: sarà in grado l’organo collegiale di controbilanciare lo strapotere di un primo cittadino legittimato in qualche modo dal voto popolare ad assumere un atteggiamento monocratico, quasi monarchico, nella gestione del potere? Un compito che dovrebbe spettare in primis al partito democratico, forte di un 33% alle urne, e che è riuscito a piazzare sei suoi esponenti, su dodici totali, nell’esecutivo, anche con deleghe importanti. Vedremo cosa farà. [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

La Marcia per la pace Perugia-Assisi

(di Simonetta Poltronieri)

Tanta musica a segnare i 24 chilometri della Marcia per la pace Perugia-Assisi, arrivata alla sua sessantesima edizione. Quest’anno la manifestazione ideata da Aldo Capitini era dedicata alla cura e al prendersi cura. Enti locali, associazioni e tante realtà attive nel volontariato. Ognuno con la propria bandiera, ognuno a testimoniare le tante forme di cura. In cammino per la pace, l’uguaglianza e i diritti umani.
Poi famiglie, gruppi di amici che si sono ritrovati a Perugia, studenti partiti con le classi. Ognuno ha manifestato per la pace in modo diverso. Chi indossando la bandiera della pace, chi suonando tamburi o chitarre, chi cantando – e così si aggiungevano gli altri in coro. E poi i cartelloni. Queste alcune delle frasi: “Insieme resistiamo, da soli cadiamo”, “Difendiamo i diritti non i confini”, “giù le armi”.
Sono stati circa trenta mila i partecipanti da tutta Italia. In marcia anche Padre Alex Zanotelli e Mimmo Lucano, che hanno chiuso con Cecilia Strada e Zakia Seddiki la manifestazione. Presenti anche alcuni rappresentanti della Cgil, abbracciati dalla tanta solidarietà espressa dopo le violenze di ieri. Esempi, testimonianze e storie tutte incentrate sulle tante forme del prendersi cura. Come ci ha detto il coordinatore della marcia Flavio Lotti, “è stata una marcia calata nella realtà”.

Alexander Schallenberg è il nuovo cancelliere austriaco

Il ministro degli Esteri austriaco uscente, Alexander Schallenberg, giurerà domani alle 13 come nuovo cancelliere federale. Schallenberg era stato indicato come suo successore da Sebastian Kurz dopo le dimissioni di ieri, rassegnate a seguito dello scandalo di corruzione che lo ha travolto. “Questa crisi di governo è finita”, ha detto il presidente austriaco Alexander van der Bellen, annunciando stasera in un discorso alla nazione la nomina come nuovo cancelliere del ministro degli Esteri uscente.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Il grande flop delle case della salute. Solo il 5% è pienamente funzionante. La denuncia del Pd lombardo

    Dovevano essere i presidi con cui ricostruire la sanità sul territorio in Lombardia, ma finora le case di comunità sono state un flop. 216 sono quelle previste entro la scadenza dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che arriverà a giugno 2026. Al momento 140 hanno aperto, ma solo otto in tutta la regione (sei in provincia di Bergamo e due nel varesotto) hanno tutti i requisiti obbligatori previsti dalla legge. In totale sono meno del 6 percento. La denuncia è del gruppo consiliare del Partito democratico lombardo che ha fatto un accesso agli atti alla direzione generale Welfare per ognuna delle case di comunità attive in Lombardia. L’assessorato ha replicato che i numeri diffusi “sono usati in modo difforme dalla realtà. Le rilevazioni mostrano percentuali elevate di attuazione per la maggior parte dei servizi obbligatori”. Per il capogruppo del Pd al Pirellone, Pierfrancesco Majorino, “Regione Lombardia è in colpevole ritardo”.

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