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“Mateen è stato due volte in Arabia Saudita”

Chi era Omar Mateen

Secondo la stampa americana, che cita fonti investigative, l’attentatore di orlando sarebbe stato due volte in Arabia Saudita. Lo affermano la Cnn e la Nbc, la quale ha avuto conferma da un portavoce del Ministero dell’Interno di Riad. Chiari solo i motivi del primo viaggio: il ragazzo si sarebbe recato alla Mecca per partecipare ad un pellegrinaggio.

Mateen lavorava dal 2007 come guardia giurata per la compagnia internazionale G4S. I primi a denunciare il ragazzo sono stati alcuni colleghi. A seguito delle loro dichiarazioni, Mateen è stato indagato dall’Fbi, che però non ha raccolto materiale sufficiente sul suo conto. I colleghi ricordano quanto violentemente si scagliasse contro gay, donne e afroamericani. I superiori però non hanno mai preso provvedimenti. Per due volte la G4S ha sottoposto Mateen a controlli, entrambe le volte superati dal dipendente. Nel 2013 l’Fbi ha investigato su di lui dopo che Mateen ha dichiarato di conoscere i fratelli Tsamaev, gli autori della strage di Boston nel 2013 (tre i morti). Il Guardian rivela che poi l’Fbi dimostrò che questo legame era stato inventato da Mateen.

Il secondo interrogatorio dell’Fbi è avvenuto dopo che Mateen ha cominciato a frequentare la stessa moschea di Moner Mohammad Abusalha, kamikaze 22enne americano che in Siria ha commesso un attentato suicida per conto delle milizie di Al Qaeda. Secondo i federali i due si sarebbero conosciuti di vista, ma non avevano un vero legame. Secondo quanbto ha detto il presidente Barack Obama durante una conferenza stampa, Omar Mateen si sarebbe “radicalizzato da solo”.

La grafica del New York Times con le ultime stragi commesse negli Stati Uniti

Il procuratore di Orlando: “Altri sotto inchiesta”

A. Lee Bentley III, incaricato dell’inchiesta, ha detto che “è stata aperta un’indagine anche su altre persone” anche se al momento gli investigatori “non hanno motivo di credere che ci sia qualcuno connesso con questo crimine che sta mettendo in pericolo imminente la popolazione”. Bentley ha detto di aver già seguito oltre 100 piste possibili.

La decisione di sparare nel locale

Il capo della polizia di Orlando John Mina questa mattina è tornato sulla “difficile decisione” di fare irruzione nel locale e cominciare a sparare, dopo aver abbattuto un muro per entrare nel locale. La decisione è stata presa dopo tre ore di trattative, consapevoli del rischio che ci fossero ancora ostaggi. L’inchiesta dovrebbe fare luce anche sulle possibili responsabilità della polizia nell’uccisione di alcune persone dentro il locale.

La discussione sulle armi

Mentre a Orlando è in corso una veglia funebre per piangere le 49 vittime di Omar Mateen (lui è la cinquantesima ), la strage del Pulse riapre il dibattito sulla facilità di reperire armi negli Stati Uniti. In particolare, il segretario di Stato Hillary Clinton considera l’idea di mettere al bando la vendita di “armi d’assalto”. Il fucile e la pistola con i quali che Mateen ha aperto il fuoco al Pulse Nightclub rientrerebbero in questo gruppo, visto che si tratta di vere e proprie armi da guerra. “Non possiamo – ha detto Clinton – cadere nella trappola preparata dalle lobby delle armi che sostengono che se non si possono fermare tutte le sparatorie, allora non si può fermarne nessuna”.

Il candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump, risponde così in tv: “Prima di tutto ci sono già in giro milioni di armi così. Non vanno vietati perché le persone si devono proteggere. I ‘cattivi’ hanno già le armi da assalto, gli altri non possono rispondere con delle pistole da bambini”. In merito a Hillary Clinton aggiunge: “È la persona sbagliata nel momento sbagliato. Non ha capito di che cosa stiamo parlando, non è efficace, non ha capito la vicenda. È decisamente la persona sbagliata”.

I  nomi delle vittime (48 su 49 sono state identificate)

La reazione di Obama: “Il nostro cuore rivolto alle famiglie di chi è stato ucciso”.

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    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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