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L’Europa faccia come Biden, i vaccini siano di interesse nazionale

vaccini covid

La disparità nella distribuzione globale dei vaccini è devastante, e l’Europa ha le mani legate con le aziende private mentre il mondo, da Cuba all’India, si sta organizzando –  forse meglio – con una produzione statale. Stamattina a Prisma abbiamo intervistato Nicoletta Dentico, responsabile Salute globale per la Ong “Society for International Development”, per cui sta seguendo il Consiglio esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in corso in questi giorni, dopo il ritorno degli Usa nell’organizzazione.

“I programmi vaccinali in tutto il mondo sono cominciati quarantacinque giorni fa negli Stati Uniti e ventisei giorni fa in Europa, quindi stiamo parlando di un processo davvero appena iniziato. Dentro l’Oms esistono due preoccupazioni. La prima è che non si applichi su scala globale il principio della Moratti “che arrivano prima quelli che hanno il Pil più alto”. Perché è di fatto quello che sta succedendo oggi nel mondo. Il 95% dei vaccini in circolazione oggi vanno a dieci Paesi soltanto. Il direttore generale dell’Oms ha citato il fatto che in un solo paese povero africano si stanno facendo programmi di vaccinazione, e lunedì scorso si erano fatti 25 vaccini. Lui diceva non 25 milioni o 25mila, 25 persone vaccinate. C’è una disparità globale che toglie il respiro. Non si punta su Pfizer, perché come ha detto il responsabile del programma Covid dell’Oms, è troppo complesso ed è troppo caro. Ed è un vaccino elitario, che può essere usato solo in paesi ricchi, che hanno delle strutture sanitarie affidabili e in paesi che, tra virgolette, se lo possono permettere”.

Sappiamo che c’è il vaccino di Moderna, già autorizzato in Europa. Astrazeneca, altra casa farmaceutica privata, che il 29 sembra avrà il giudizio all’Ema. I tedeschi hanno chiesto di valutare lo Sputnik 5, russo, poi il New York Times ci dice che Cuba ha una enorme capacità di produzione. L’India ne ha uno che regala ai Paesi vicini con quella che viene chiamata diplomazia del vaccino. Ci fai un quadro?

“In questa pluralità di produzioni vaccinali c’è un elemento positivo, perché è evidente che il mondo non si può affidare solo a quelli che vengono dall’Occidente. Stiamo operando su una scala così straordinariamente levata, cioè avere due miliardi di dosi entro l’anno, che non si è mai fatta prima. In poche settimane, si deve fare quel che tradizionalemte le aziende farmaceutiche potevano pianificare in anni. E’ opportuno avere più vaccini, La sorpresa interessante è Cuba, che si calcola abbia l’8 per cento di tutti i vaccini che potrebbe mettere in campo su scala globale. L’Europa sta guardando con interesse al vaccino russo e cinese, che probabilmente avranno un ruolo crescente. Russia, Cina e India si stanno attrezzando per stare sul mercato. Tutte le autorizzazioni sono ancora di emergenza, date in via eccezionale, non siamo nella fase di mercato standard. Questi Paesi stanno giocando sulla diplomazia sanitaria”.

Non converrebbe all’Unione europea aprirla questa diplomazia dei vaccini?

“Ci arriveremo. I vaccini non occidentali avranno dei prezzi inferiori, Ci saranno sorprese nel rapporto tra i governi europei e le aziende private a cui hanno totalmente affidato le sorti delle vaccinazioni della nostra parte del mondo. Un po’ di nodi ora vengono al pettine, ed è patetico sentire Arcuri che pensa di fare un’azione legale. Prima di tutto perché il gioco con Pfizer e Astrazeneca si fa a livello europeo. E poi perché gli accordi, peraltro segretari, prima di essere portati da un legale, forse devono anche essere rimessi in discussione. Le condizioni poste fino a oggi, pur di avere un vaccino, sono poche. Penso sarà una forte lezioni per i governi europei. E si può iniziare a pensare che affidarsi totalmente al privato per produrre beni essenziali, non è la scelta industriale più strategica e lungimirante. E’ il momento di pensare all’industria farmaceutica come quella militare, che più o meno è pubblica. L’Europa potrebbe fare per esempio quel che ha già deciso Biden: il governo americano si prende il diritto di imporre produzione e derogare ai brevetti, così da garantire che 100 milioni di persone siano vaccinate nei prossimi 100 giorni, come ha detto Biden”.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    Per i lavoratori dei musei civici di Milano prima vittoria: 300 euro in più al mese e maggiori tutele

    I lavoratori e le lavoratrici dei musei civici milanesi hanno vinto la loro battaglia: ora saranno assunti con il contratto nazionale Federculture e non più quello Multiservizi. Significa, ad esempio, 300 euro al mese in più in busta paga e migliori tutele. I primi a beneficiare del cambio di contratto, dopo scioperi e proteste, saranno i lavoratori e le lavoratrici delle biglietterie. “Dopo due anni di lotta serrata all’interno dei Musei Civici di Milano arrivano le certezze sull’applicazione del CCNL Federculture nel primo appalto che va in scadenza, ovvero le biglietterie” spiega il sindacato USB Lavoro Privato che ha seguito la vertenza. “Dopo l’uscita del bando non solo con l’indicazione del Federculture, ma con anche tutte le altre garanzie fondamentali che abbiamo rivendicato con scioperi e in tutti gli incontri avuti con i consiglieri e con gli Assessori alla Cultura e al Bilancio, è stata data comunicazione ai lavoratori che quanto scritto nel bando troverà corrispondenza nel cambio appalto di settembre”. L’obbiettivo di sindacato e lavoratori è ora quello di cambiare il contratto in tutti gli altri bandi in scadenza, a partire da quello degli operatori di sala che scadrà a maggio 2026. Roberto Maggioni ha intervistato Elena Lott di USB Lavoro Privato.

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