“Un governo piu’ stabile. Uno stato più forte”. Lo slogan che invita a votare SI campeggia accanto al volto di un Erdogan onnipresente in forma di gigantografia in ogni punto della città vetrina di Istanbul, a indicare quanto questo referendum rappresenti un progetto tutto suo.
Del resto tale riforma in chiave presidenziale non potrebbe essere disegnata più a sua misura, consentendogli di guidare sostanzialmente incontrastato il paese per altri 15 anni e consegnandolo alla storia. Con estrema disinvoltura l’attuale presidente sostiene di incarnare il futuro migliore per il paese e chiunque non ne sia convinto è equiparato a un traditore, un golpista, un terrorista. La campagna per il SI è stata caratterizzata da questa retorica aggressiva che ha spopolato nei media main stream con percentuali bulgare ed è entrata nelle case con opuscoli ed omaggi consegnati porta a porta.
Chi ha portato avanti le ragioni del NO, invece, ha fatto i conti con aggressioni fisiche e verbali, il rischio di essere arrestati, una ridottissima visibilità sui media e la persecuzione degli esponenti politici di riferimento. Ma ciononostante il risultato di domenica 16 aprile non è affatto scontato. Fra le persone circolano molti dubbi, in pochi azzardano un pronostico e se lo fanno è frutto delle proprie attitudini o aspettative. Una incertezza confermata da sondaggi e inchieste che di volta in volta cambiano i pronostici e comunque mostrano come fra le due opzioni esistano pochissimi punti percentuali di scarto.
Un’incognita dovuta anche al fatto che forse davvero questa volta Erdogan ha fatto il passo più lungo della gamba: al punto che il partito alleato nella promozione della riforma, l’ultra nazionalista MHP, è spaccato e una parte sta facendo esplicitamente campagna per il NO, mentre parte dell’elettorato del suo partito, l’AKP, in potrebbe voltargli le spalle. Non è da escludere che, per quanto non detto, le paure dei sostenitori del NO siano anche le loro. Metà del paese, forse di più, non è favorevole a una sterzata cosi decisa verso il comando di un uomo solo, che per altro stanno gia sperimentando da 9 mesi con lo stato di emergenza.‘
“In genere gli appuntamenti elettorali non mi appassionano, ma questa volta non ci dormo la notte”, mi dice un ragazzo per strada. Ma c’è anche chi ritiene che – quale che sia il risultato – la situazione non cambierà, continueranno repressione e conflitti. Si tratta in ogni caso di un momento storico, che invade le prime pagine di ogni giornale e spunta in ogni discussione: dai cittadini turchi trapelano agitazione ed emozione, mentre aumenta il numero di agenti di sicurezza nei luoghi sensibili e si intensificano gli arresti: all’ incognita del risultato si aggiunge quella di possibili attentati di matrice terroristica nei seggi.